Credo sia da valutare positivamente la decisione di Federica Mogherini di dedicare a Israele e Palestina la sua prima visita ufficiale come rappresentante della politica estera dell’Ue, nei panni della cosiddetta Lady Pesc. Apprezzabile la sua dichiarazione che l’UE sarà molto più presente in quella area, fondamentale per l’Europa e il riconoscimento che comunque l’ultima parola spetta ai singoli Stati. Apprezzabile, perché è parsa decisa ad esercitare in modo concreto, e non coreografico, la sua funzione, pur conscia dei notevoli limiti intrinseci.
Le sue dichiarazioni durante la visita sono state concrete anche se non nuove, per esempio nella condanna degli insediamenti israeliani al di là dei confini del 1967 o nel riaffermare la politica dei due Stati, sottolineando giustamente che il punto è l’esistenza di uno Stato palestinese, prima ancora del suo riconoscimento.
E’ questo il punto fondamentale: perché uno Stato palestinese non esiste ancora, visto che la sua esistenza fu decretata dall’Assemblea dell’Onu nel 1948, insieme alla creazione dello Stato di Israele? La ragione è ben nota a chiunque abbia un minimo di memoria storica, e cioè il rifiuto di questa decisione da parte degli Stati arabi, con la serie di guerre che ne conseguirono. Se lo Stato di Israele esiste è perché queste guerre le ha vinte, a partire da quella disperata del 1948, il giorno dopo della sua costituzione. Suona un po’ paradossale che Abu Mazen chieda ora alla stessa Onu di affermare il diritto ad esistere di uno Stato palestinese, forse dovrebbe prima chiederne conto agli altri arabi.
La Mogherini ha ragione nell’affermare che la costituzione, finalmente, di uno Stato palestinese è il modo per evitare una intollerabile nuova guerra e nel considerare la politica degli insediamenti dell’attuale governo israeliano un ostacolo fortissimo per i colloqui di pace. Il fatto preoccupante è che la situazione interna in Israele sta involvendo e allontanandosi sempre più dall’ispirazione originale dello Stato, che pur rimane il più democratico, se non l’unico, in quella regione. Ora, la soluzione del conflitto israelo-palestinese trova più ostacoli anche sul fronte israeliano.
Né sembrano attenuarsi quelli sul versante palestinese e proprio durante la visita della Mogherini si sono verificati a Gaza attacchi a esponenti di Fatah attribuiti a Hamas, malgrado l’aprile scorso Hamas si fosse impegnata a collaborare con l’Autorità Palestinese di Cisgiordania, guidata appunto da Fatah. Da qui l’accorato appello della Mogherini in cui dice che l’UE è pronta “ad aiutare l’Autorità nazionale palestinese a tornare a Gaza e poterla governare”.
Non vi è dubbio che l’Europa possa giocare un ruolo importante nell’area, se finalmente coesa e non in ordine sparso, e in modo più consono che non gli Stati Uniti, ma sarà difficile che qualcosa di sostanziale accada senza il riconoscimento esplicito di Israele da parte di Hamas e la firma di un trattato di pace definitivo da parte di tutti gli Stati arabi coinvolti nelle varie guerre con Israele, come già fatto a suo tempo da Egitto e Giordania.
E’ questo l’unico modo perché Israele possa essere convinto della propria sicurezza, come Mogherini ha peraltro affermato, sia pure in termini piuttosto generali.
Dove forse Lady Pesc si è spinta un po’ oltre è nell’affermare Gerusalemme come la capitale dei due Stati, tanto più in questo periodo di forti conflitti nella Città Santa tra palestinesi e ebrei ortodossi. Insieme alla questione del ritorno dei profughi, lo status di Gerusalemme è il punto che rischia di bloccare ogni discussione tra Israele e palestinesi e, comunque, il ritorno alle due Gerusalemme preesistenti alla guerra del 1967 è solo una delle opzioni possibili. In passato si è, infatti, parlato di anche di una internazionalizzazione della Città Santa, dimostrazione a tutto il mondo della possibile coesistenza pacifica tra due popoli e tre religioni, per ognuna dei quali Gerusalemme è città santa.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ribadito ovviamente che Gerusalemme e i suoi dintorni abitati da ebrei sono parte di Israele, come lo sono ormai da cinquant’anni, ma la politica di espansione degli insediamenti trova obiezioni anche in molti ambienti israeliani.
Questa prima missione ufficiale sembra far prevedere uno scarto positivo della Mogherini rispetto a Lady Ashton che la ha preceduta nella funzione, ma il vero suo compito non è, né può essere, quello di ministro degli Esteri dell’UE, né è conveniente sia ridotto a una sorta di commesso viaggiatore di alto bordo. La sua funzione è quella di collaborare con i governi dell’Ue perché sui temi nevralgici possa essere presa una posizione comune.
Nel caso del conflitto palestinese, come per l’Ucraina, altro tema onestamente affrontato dalla Mogherini riconoscendo che errori sono stati commessi, occorre un’azione congiunta dei Paesi europei sulle potenze, globali e locali, che sembrano avere interesse a tener alto il livello dello scontro: Paesi arabi, Turchia e Iran per la Palestina, Stati Uniti e Russia per l’Ucraina.
Auguri, Lady Pesc!