Pur con meno clamore mediatico, per sua fortuna, rispetto ad altre grandi aziende a partecipazione pubblica come Eni o Finmeccanica, anche Enel sta dando luogo a svolte importanti nelle sue strategie e, similmente a quanto accade per Telecom e Mediaset, Spagna e America Latina sono al centro dell’attenzione. Salvo imprevisti dell’ultima ora, attraverso un’offerta pubblica di vendita (Opv), oggi verrà collocato da Enel sulla Borsa spagnola il 15% (aumentabile al 22%) del capitale di Endesa.

Endesa è la più grande azienda elettrica della Spagna, in cui Enel è entrata nel 2007 insieme a una società spagnola, vincendo la concorrenza della tedesca E.On, per poi arrivare nel 2009 al 92% del capitale sociale, mediante l’acquisto della quota del socio spagnolo per 11 miliardi di euro, portando il costo totale dell’acquisizione a circa 38 miliardi di euro.

L’operazione destò allora le critiche di diversi commentatori spagnoli che giudicavano inopportuna la cessione di una grande azienda a una società straniera, per di più partecipata dallo Stato, e particolarmente critico fu il Partito Popolare, allora all’opposizione del governo socialista di Zapatero. Anche a Enel furono mossi appunti, soprattutto per l’aggravamento del già pesante debito, ma la società è riuscita a ridurre l’indebitamento da più di 50 miliardi di allora agli attuali circa 40. Il programma di dismissioni continua tuttora con l’offerta di vendita delle partecipate in Slovacchia e Romania, in vista di una riduzione del debito a circa 37 miliardi.

La vera operazione strutturale di Enel nei confronti di Endesa è in realtà avvenuta lo scorso settembre, quando l’assemblea degli azionisti della società spagnola ha approvato la vendita a Enel Energy Europe (attraverso la quale Enel detiene il 92% del capitale Endesa) del 60,62% di Enersis, la società cilena capofila delle attività in Sud America, per circa 8,3 miliardi di euro. Con questa operazione, Enel gestirà direttamente, e non più attraverso Endesa, le estese attività sudamericane.

Nella stessa assemblea si è deciso di erogare un dividendo straordinario per lo stesso ammontare, che per il 92% va alla stessa Enel. Inoltre, il Cda di Endesa ha deliberato un’ulteriore cedola straordinaria come acconto sugli utili dell’esercizio 2014, che porta il totale dei dividendi distribuiti alla fine di ottobre a più di 14 miliardi di euro, record storico della Borsa spagnola.

Dal punto di vista dell’Enel si tratta di un’apprezzabile operazione di razionalizzazione della struttura con positivi risvolti finanziari, ma che solleva qualche perplessità tra i commentatori spagnoli, che temono una diminuzione del ruolo di Endesa, più o meno ristretta nella penisola iberica. C’è poi chi parla di uno “svuotamento” di fatto della società spagnola e di una possibile ritirata di Enel dalla Spagna, malgrado le assicurazioni su investimenti per 2-3 miliardi nei prossimi anni rilasciate dal management.

Il nuovo ad di Enel, Francesco Starace, ha dichiarato essere la crescita la priorità della società e ha indicato Africa e Medio Oriente come mercati cui prestare molta attenzione, accanto all’America Latina. Più problemi sembrano esserci in Italia, dove 23 siti produttivi sono sotto revisione, come dichiarato da Starace in audizione al Senato, con tre possibili impianti da dismettere perché si trovano dentro agglomerati urbani: Genova, Bari e Livorno. Anche per altri siti si dovranno trovare soluzioni diverse dalla produzione di energia elettrica, mentre altri impianti dovranno essere riconvertiti a tecnologie diverse di produzione.

Emblematico è il caso della centrale di Porto Tolle, sul delta del Po, per la quale Enel aveva presentato un progetto di trasformazione in impianto a carbone, una decina di anni fa. Tra lungaggini burocratiche, proteste ambientaliste, interventi della magistratura, il progetto non è mai stato realizzato e ora la società ha deciso di abbandonarlo, tra gli applausi degli ambientalisti guidati da Greenpeace, mentre il mondo politico locale si è diviso tra chi considera la rinuncia di Enel una vittoria e chi invece una minaccia per l’economia locale.

In passato, Enel era già stata condannata per inquinamento e ciò può giustificare le reazioni, piuttosto generalizzate in Italia, nei confronti del carbone. Peraltro, anche in Paesi in cui la produzione di energia elettrica proviene in gran parte da questo combustibile ci si sta orientando verso una sua riduzione, come nel caso della Germania che prevede anche un progressivo spegnimento delle centrali nucleari e ipotizza più del 40% prodotto da fonti rinnovabili entro il 2025, dall’attuale 25%.

Ecco un altro campo in cui sarebbe il caso che l’Italia avesse una strategia e una politica nazionale, e magari anche nei con fronti dell’Europa.