L’evento Majdan è stato molto significativo nel suo riunire spontaneamente e pacificamente un popolo nella sua domanda di libertà e dignità, evento tanto più eccezionale tenendo conto del variegato tessuto dell’Ucraina, per lingue, etnie, religioni.
Dopo un anno, cosa è rimasto del Majdan, i cui ultimi manifestanti sono stati sgomberati con la forza dal nuovo governo succeduto a Yanukovych? L’annessione della Crimea da parte della Russia, la guerra nei territori orientali, con più di 4300 morti e centinaia di migliaia di profughi, una economia in condizioni disastrose. Possiamo aggiungere, la ripresa della Guerra Fredda e minacce di guerra vera e propria, con la continua dislocazione di forze militari sia russe che della Nato ai confini ucraini.
Non vi è dubbio alcuno sulle gravi responsabilità di Putin, ma sarebbe forzare la realtà dei fatti se la colpa di questo drammatico esito venisse addossata solo a Mosca. Bruxelles ha sfruttato il desiderio di Europa degli ucraini promettendo un inesistente Eldorado quale risultato del processo di adesione all’UE, facendo finta di ignorare gli stretti legami economici che legano l’Ucraina alla Russia. Né ha avuto problemi a trattare l’adesione all’UE con Yanukovych, ritenuto evidentemente presidente legittimo, finché costui ha preferito accettare le più sostanziose, almeno sulla carta, promesse di aiuto di Putin.
Né possono essere trascurate le pesanti responsabilità della cinica, e avventata, politica di Obama in questa come in altre aree, e il cui prezzo lo stanno pagando l’Ucraina e altri Paesi europei, oltre che la Russia. Val la pena di citare le recenti dichiarazioni di Robert Fico, primo ministro della Slovacchia, il quale teme la probabile estensione del conflitto armato al di fuori della confinante Ucraina. Fico denuncia il ruolo secondario dell’UE, definendo il futuro dell’Ucraina “una questione geopolitica tra US e Russia.”. Aggiungendo che ogni soluzione, che deve essere assolutamente trovata con l’aiuto di tutti, dovrà lasciare la porta aperta all’adesione dell’Ucraina all’UE, ma che si dovrà escludere l’allargamento della Nato per evitare “inutili provocazioni.” Un realismo che sembra mancare a Bruxelles e a Washington.
In questi giorni il Parlamento ucraino ha approvato il nuovo governo, alla cui guida è stato riconfermato Arseni Iatseniuk, ma con una novità che darà spazio alla propaganda russa. Si tratta della presenza di tre stranieri nella compagine governativa, una cittadina statunitense di origine ucraina, un lituano e un georgiano, cui il presidente Poroshenko ha concesso la cittadinanza ucraina.
Natalia Yaresko è stata nominata ministro delle Finanze e di per sé non dà luogo a particolari critiche, vista la sua origine ucraina e la sua specifica esperienza: laureata ad Harvard, ha lavorato per il Dipartimento di Stato americano, diretto un fondo di investimenti e lavorato a lungo in Ucraina per stimolare investimenti esteri nel Paese. La sua presenza nel governo si ricollega a un piano di inserimento nella pubblica amministrazione di cittadini stranieri di origine ucraina con professionalità difficilmente reperibili in loco.
C’è da chiedersi quanto tutto questo potrà aiutare a ricostituire quell’unità di intenti che era l’anima del Majdan e quanto invece servirà a dividere ancor di più l’Ucraina e ad accelerare il processo di radicalizzazione dei rapporti tra Occidente e Oriente.
Al lituano Aivaras Abromavicius è andato il ministero dell’Economia e al georgiano Aleksandre Kvitashvili quello della Sanità. Anche qui non è in discussione la professionalità, il primo è un banchiere esperto in investimenti che lavora da anni in Europa orientale, il secondo è stato ministro del Lavoro e della Sanità in Georgia dal 2008 al 2010. La sua nomina sembra aver suscitato le critiche dell’attuale governo georgiano, che cerca di stabilire migliori rapporti con la Russia, pur mantenendo il processo in corso di associazione all’UE.
Entrambi provengono, però, da Paesi che presentano frizioni con la Russia e possono essere considerati una sorta di longa manus degli Stati Uniti e del loro apparato finanziario.
La ricerca di professionalità straniere, e c’è chi dice che anche i tre ministri siano stati selezionati in tal modo, è stata condotta da due società americane con filiali a Kiev, ma è stata sponsorizzata, secondo l’ucraino Kyiv Post, dalla International Renaissance Foundation, che avrebbe pagato 82.200 dollari alle due società. La IRF è stata fondata, ed è finanziata, da George Soros, il finanziere che provocò la svalutazione della lira e della sterlina nel 1992, guadagnando cifre valutate in miliardi di dollari.
Soros ha utilizzato la sua fortuna per sostenere diverse cause politiche, negli Usa sostenendo Obama contro Bush, all’estero sostenendo vari movimenti antisovietici e antirussi, non solo per la sua fede democratica, ma memore di essere figlio di un ebreo ungherese costretto a fuggire dall’Ungheria occupata dai sovietici. La sua Renaissance Foundation sostiene da anni diverse Ong in Ucraina con lo scopo di aiutarne lo sviluppo democratico.
Nonostante questa sua ultima veste da filantropo, Soros continua a essere identificato, a ragione, come uno dei maggiori esponenti della alta finanza americana e ciò facilita l’accusa al nuovo governo ucraino di essere etero gestito dagli Usa.