Si dice che la pubblicità sia l’anima del commercio e che l’anima della pubblicità sia la creatività. È ciò che hanno pensato la Fiat e la sua agenzia pubblicitaria nell’ideare la loro campagna di “parking marketing”, a quanto pare una nuova frontiera della comunicazione. All’uscita dal lavoro, nel parcheggio aziendale, i dipendenti di Mirafiori hanno trovato le loro auto di marca diversa dalla Fiat incellofanate e con la scritta: ”Vederti con un’altra mi ha spezzato il cuore, ma nonostante ciò continuo a pensare a te“. Il riferimento è al 26% di sconto sull’acquisto di un nuovo modello Fiat riservato ai dipendenti.



Se lo scopo della pubblicità è colpire, questa azione sembrerebbe aver raggiunto l’obiettivo, ma rimane da vedere la reazione dei “colpiti”, soprattutto se non sarà stato facile liberare le loro auto dal cellofan. La risposta finale verrà, tuttavia, da quanti di loro decideranno di aderire all’offerta e di cambiare macchina acquistando una Fiat.



Reazioni immediate e molto negative si sono avute dai sindacati, per i quali, secondo quanto riportato dalla stampa, questa azione sarebbe lesiva della libertà di scelta dei dipendenti Fiat. A meno che abbiano prove di pressioni di altro tipo, credo che stiano sovrastimando il potere della pubblicità.

Rimane il fatto che è normale per un’azienda considerare i propri dipendenti il primo obiettivo della propria comunicazione e cercare di trasformarli in fedeli consumatori dei propri prodotti. In effetti, se io dovessi comprare una nuova auto, non sarei molto stimolato dal constatare che i dipendenti stessi del produttore preferiscono altre marche per la propria macchina. Così come non mi ispirerebbe grande fiducia un piatto che lo stesso cuoco si rifiutasse di assaggiare.



Al di là dei problemi di immagine e comunicazione, questa vicenda fa emergere un altro elemento, che mi sarei aspettato fosse la prima preoccupazione dei sindacati: il sostegno alla produzione nazionale. È un aspetto emerso anche in occasione degli ormai famosi 80 euro di Renzi, perché se per ipotesi fossero tutti destinati a prodotti di importazione, il risultato per la nostra economia sarebbe scarso. La Fiat è praticamente l’unico fabbricante di auto in Italia e se perfino i suoi dipendenti, oltre che politici, imprenditori, star e opinion leader vari, non comprano le sue auto, chi ne guadagna sono solo gli altri paesi.

Capisco poco di macchine e non sono, quindi, in grado di esprimermi sulla qualità delle Fiat rispetto a quella delle auto straniere, ma mi sia permesso di dubitare che sia così inferiore. Comunque, di questi tempi il 26% di sconto sull’acquisto di una nuova macchina, sia pure Fiat, mi sembra valere almeno quanto gli euro di Renzi, degno quindi di un analogo battage pubblicitario.

Il rischio per la Fiat è che questa azione pubblicitaria finisca per stimolare anche la creatività degli italiani, portandoli a “impachettare” i membri del clan Agnelli all’uscita dalle loro residenze (quanto meno quelli che ancora vivono in Italia), con uno slogan simile: “Vedere andar via la Fiat dall’Italia, nonostante tutto ciò che abbiamo dato, spezza sì il cuore”.

Questa è la vera posta in gioco, che la Fiat continui a produrre auto in Italia, anzi, secondo le promesse, ancor di più di adesso. Per questo ho lasciato fuori dalla cellofanatura Sergio Marchionne, perché tutto ciò dipende da lui, che ci piaccia o no, e dal successo della sua Fiat-Chrysler. Se fosse stato per la vecchia Fiat, quella degli Agnelli, non ci sarebbe nessun problema di uscita dall‘Italia, perché sarebbe già uscita dal mercato, in toto.