Ammetto di avere poca dimestichezza con twitter, ma il “decalogo in tweet” di Renzi mi ha lasciato molto perplesso e spero che le molte ambigue approssimazioni in esso contenute siano chiarite dal prossimo decreto legge. Tra l’altro, nel varare il dl Renzi avrà un’occasione imperdibile per dimostrare un vero e reale cambiamento, redigendo un testo comprensibile anche per il comune cittadino senza commercialista al seguito e, magari, perfino traducibile in inglese, cosicché Frau Merkel potrà leggerlo, e capirlo, direttamente.

La seconda dura prova che dovrà affrontare per sfatare l’attuale immagine di spavaldo “piacione” sarà mantenere la promessa di ridurre lo stipendio anche ai magistrati, nei confronti dei quali ha detto cose pienamente sottoscrivibili. Se riuscirà a farlo, per l’Italia sarà un fatto epocale, non perché risolva i problemi della giustizia, intendiamoci, ma perché sarebbe la prova che fa sul serio. Nel frattempo, potrebbe suggerire anche a deputati e senatori di rivedere i propri emolumenti e subito, senza convocare commissioni come quella defunta presieduta da Giovannini.

Tornando alle ambiguità nel “decalogo”, ve ne sono ancora molte intorno al provvedimento senz’altro più famoso, quello degli 80 euro. Renzi ha ribadito la promessa dei 10 miliardi per 10 milioni di italiani, vale a dire 1000 euro annui. Prima osservazione, la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti conta, credo, su tredici mensilità ed è quindi da stabilire se il bonus riguarda anche la tredicesima, cioè se il bonus annuo è di 960 o di 1040 euro. La differenza totale è di 800 milioni di euro.

Inoltre, si continua a parlare di bonus, cosa ben diversa dalla riduzione strutturale dell’Irpef di cui si è inizialmente parlato. Infatti, per il 2014 rimane una misura una tantum, che si dice diventerà strutturale con l’inserimento nella legge di stabilità del 2015. A quanto pare, anche Renzi ha preso atto che le modifiche alla legislazione fiscale non possono essere fatte via tweet.

Le modalità di applicazione del bonus rimangono ancora in un limbo, non essendo ancora chiaro se la cifra magica di 80 euro è per tutti, è una media o un massimale. Si sa che ci sarà “un piccolo decalage” tra i 24 e i 26 mila euro, ma è da chiarire se i soldi risparmiati su quella fascia verranno ridistribuiti ai redditi inferiori o semplicemente risparmiati. Se si tratta di una cifra media è importante sapere come viene calcolata e l’unica possibilità sembrerebbe una percentuale del reddito attualmente percepito. Ma verrà considerato il netto o il lordo, solo il reddito da lavoro dipendente o anche eventuali altri redditi? Oppure è sbagliato parlare di reddito, perché verrà preso in considerazione solo lo stipendio percepito come dipendente?

Comunque determinata, la percentuale può essere poi applicata con criteri diversi: uguale per tutti, e allora guadagneranno di più gli stipendi maggiori, oppure con una percentuale a decrescere, così da privilegiare i redditi inferiori, come sarebbe con il bonus secco di 80 euro per tutti. Forse, Renzi e Padoan hanno in mente qualche altro meccanismo che rende inutili tutte le mie osservazioni.

In tal caso, sarebbe bene che si sbrigassero a comunicarlo con disposizioni chiare e complete, perché le imprese devono preparare le buste paga e devono sapere con sufficiente anticipo le novità che dovranno apportare ai calcoli normali. Per inciso, il governo si rende conto dell’aggravio di costi amministrativi per i datori di lavoro? Sarebbe bene che almeno si escludesse recisamente l’ipotesi circolata recentemente che siano loro a dover anticipare il bonus di maggio, beffa per tutte le imprese, intollerabile per quelle che hanno crediti verso la PA.

L’ipotesi non è campata in aria, perché Renzi continua a proclamare che le risorse ci sono, ma dovrebbero derivare da una serie di provvedimenti che daranno, ci si augura, il gettito previsto entro la fine dell’anno, difficilmente entro il mese prossimo. Sarebbe bene dicessero dove pensano di prelevare gli 800 milioni necessari per il bonus di maggio.

Un’altra necessaria rassicurazione è che il bonus sia sterilizzato fiscalmente, non rientri cioè nell’imponibile, altrimenti una parte ritornerebbe allo Stato in imposte. Potrebbe sembrare una cosa scontata, ma nelle leggi vale ciò che è scritto, non ciò che si dà per scontato.

Se Renzi leggesse questo articolo, eventualità del tutto improbabile, scuoterebbe il capo: “un modo vecchio di affrontare le cose”. Possibile, ma nel mondo reale due più due continua a fare quattro e non bastano i tweet per cambiare la matematica. Né le condizioni reali del Paese.