Telefonica ha rotto gli indugi e ha lanciato un’offerta d’acquisto sul 56% detenuto da Prisa nel capitale di Digital Plus. Come descritto in un precedente articolo, un punto centrale nella recente assemblea di Mediaset era stato il progetto, illustrato da Pier Silvio Berlusconi, di concentrare in una newco le attività Mediaset nella pay-tv, cioè Premium e il 22% detenuto nella spagnola Digital Plus. Come si ricorderà, questo progetto di pay-tv europea avrebbe potuto coinvolgere anche la francese Vivendi e Al Jazeera del Qatar, ma l’attenzione si era concentrata su Digital Plus e sulla possibilità che la società spagnola Prisa vendesse, in tutto o in parte, la sua quota di maggioranza.

Telefonica e Mediaset, entrambe al 22%, avevano un diritto di prelazione che non hanno però a suo tempo esercitato. Ora, invece, Telefonica si è mossa con decisione, sembra dopo aver informato Mediaset, offrendo 725 milioni di euro, offerta accettata da Prisa, che si trova alle prese con una serie di problemi finanziari e di azionariato. L’accordo dovrà passare al vaglio delle autorità di controllo, spagnole e comunitarie, e si aspetta la risposta definitiva nel giro di un mese.

Le reazioni sono per il momento positive, sia da parte dei commentatori che degli analisti finanziari, e anche la Borsa sembra aver apprezzato l’operazione, che mostra una certa logica industriale per entrambi i protagonisti. L’integrazione tra telefonia, produzione di contenuti e tv sembra ormai essere una strada obbligatoria e la pay-tv ne è una parte non secondaria. La già citata Vivendi, oltre che nel settore della comunicazione, opera nella telefonia e Vodafone ha recentemente acquistato in Spagna il Grupo Corporativo Ono, che si occupa di telefonia, internet e televisione.

Rimane da vedere come Mediaset reagirà alla nuova situazione, ma il progetto sulle pay-tv dovrebbe poter andare avanti come previsto. In fondo, per Mediaset è meglio avere un socio “pesante” come Telefonica piuttosto che un socio con rilevanti problemi interni come Prisa. Telefonica, dal suo canto, ha comunque bisogno di un partner operativo come Mediaset e, almeno apparentemente, non vi sono ragioni per un cambio.

Uno scenario ancor più interessante si può aprire in Italia. Qui Telefonica si sta avviando a divenire il socio di riferimento di Telecom Italia, con la progressiva uscita dei soci finanziari italiani, e dovrà trovare una soluzione all’attuale situazione di stallo. Anche per la società spagnola la strategia di contenimento del concorrente italiano diverrà sempre più improduttiva, tanto più se il governo italiano dell’iperattivo Renzi si deciderà a delineare un minimo di politica industriale in questo e, speriamo, anche negli altri settori.

Pur con molte difficoltà, politiche, finanziarie, di antitrust e via dicendo, un esito industrialmente coerente potrebbe essere la fusione tra le due società. Questa ipotesi si era brevemente affacciata diversi anni fa, quando i rapporti di forza erano molto più favorevoli per gli italiani, ma è ritornata spesso alla ribalta dopo che gli spagnoli sono entrati in Telecom.

Superati i problemi posti dalla fusione e una volta ristrutturato per eliminare sovrapposizioni e divieti antitrust, come in Brasile, il nuovo conglomerato potrebbe essere molto più competitivo a livello internazionale, di fronte a una concorrenza sempre più agguerrita. Verrebbe così risolto anche il dibattuto punto dell’italianità, tanto più se venisse scorporata la rete fissa, divenuta nel nuovo panorama meno strategica per la società.

Guardando ai recenti eventi spagnoli, si potrebbero ipotizzare sviluppi ancor più interessanti. Già una decina di anni fa vi erano state voci su una possibile fusione tra Telecom e Mediaset, voci smentite dagli interessati e che non hanno avuto alcun corso. Tuttavia, viste le evoluzioni del settore, non sarebbe poi così irrazionale se Telefonica, Telecom e Mediaset collaborassero in modo stretto, attraverso iniziative comuni come quella ipotizzata per la pay-tv. Questo potrebbe condurre anche a qualche forma di integrazione azionaria, se non a una fusione forse troppo problematica.

A mio parere, uno sviluppo di questo tipo, se ben condotto e con uno Stato presente, e non alternativamente assente o invasivo, potrebbe essere molto utile al Paese. E se il prezzo da pagare fosse la permanenza di Marina in azienda e l’abbandono della politica da parte di Silvio, beh!, ce ne faremmo una ragione.