La vicenda di Digital Plus, la pay-tv spagnola partecipata da Mediaset e Telefonica, torna in prima pagina con l’ufficializzazione, da parte di Telefonica, dell’offerta di acquisto della quota di Mediaset España (22%) per 295 milioni di euro, che diventerebbero 355 al verificarsi di una serie di condizioni.

La cifra di base è in linea con i 750 milioni di euro stanziati per il 56% in mano a Prisa, ma è interessante analizzare da cosa dipendono i 60 milioni in più offerti a Mediaset: 30 milioni di euro rappresentano il compenso per la rinuncia, conseguente all’accettazione dell’offerta, ai diritti di prelazione su Digital Plus, mentre altri 10 milioni verrebbero riconosciuti come premio per il raggiungimento del 100% del capitale di Digital Plus, se venisse dato via libera all’acquisto del 56% di Prisa da parte delle autorità antitrust. Inoltre, sono previsti ulteriori 20 milioni di euro dipendenti dall’andamento della società di pay-tv nei prossimi quattro anni.

Telefonica parrebbe aver deciso di estromettere comunque Mediaset da Digital Plus, anche se non raggiungesse il 100% della società, cosa che gli consentirebbe peraltro di sfruttare crediti fiscali per 700/800 milioni di euro, e una società completamente spagnola avrebbe forse migliori probabilità di ottenere luce verde. Gli analisti finanziari spagnoli hanno valutato positivamente l’operazione, che consentirà a Telefonica di rafforzare la sua posizione in un mercato per lei fondamentale, ma problematico, come la Spagna, permettendole di competere con un’offerta integrata di telefonia, tv e contenuti.

Mediaset potrebbe rifiutare l’offerta e rilanciare sulla quota di Prisa, ma, vista la posizione di Telefonica, sarebbe difficile portare a compimento l’iniziale progetto di pay-tv paneuropea, a parte gli aspetti finanziari. Molti commentatori fanno notare che l’uscita da Digital Plus darebbe a Mediaset risorse preziose di fronte ai cospicui investimenti richiesti dalla battaglia sui diritti televisivi per il calcio. Non a caso, Telefonica ha offerto quei 60 milioni di “incentivo” a uscire.

Si attende quindi con molto interesse la decisione di Mediaset, che sembra però costretta a giocare in difesa. Mediaset España, invece, gioca all’attacco sui mondiali di calcio con una forte campagna in supporto alla nazionale spagnola, dalla cui permanenza nel campionato dipende l’audience e, perciò, il ritorno dell’investimento sui diritti televisivi per la Spagna. Lo hashtag della campagna è “ #LarojaSIpuede

Lo sviluppo nella pay-tv e un’offerta di prodotto sempre più integrata rimangono peraltro punti essenziali per una strategia di successo e tornano, quindi, alla ribalta altri possibili partner, come i già più volte citati Al-Jazeera e Vivendi. L’emirato del Qatar, che ha già ha diversi interessi in Italia e a cui appartiene Al-Jazeera, ha già manifestato attenzione al progetto, ma come già scritto, il Qatar sovvenziona diversi movimenti islamici, anche estremisti, che non ne fanno un partner particolarmente apprezzabile in questo momento.

Inoltre, agli inizi di giugno il Sunday Times, proprietario Rupert Murdoch, ha pubblicato due articoli in cui accusava il Qatar di pratiche illecite per ottenere i mondiali del 2022, e a cui la FIFA ha reagito con un certo imbarazzo e avviato una inchiesta, che non ha però tranquillizzato i grandi sponsor, tra cui Sony, Coca Cola e Adidas. Per coinvolgere Al-Jazeera occorrerà almeno aspettare che la questione sia chiarita, nel frattempo i bookmaker inglesi hanno aperto le scommesse su chi ospiterebbe i mondiali se fossero tolti al Qatar.

La mossa di Telefonica, apparentemente non prevista da Mediaset, si inserisce in una articolata strategia internazionale, di cui fa parte la recente acquisizione della tedesca E-Plus dalla olandese KPN per 8,6 miliardi di euro, che la porterà ai primi posti tra gli operatori telefonici integrati in Germania. L’antitrust tedesco ha espresso parere contrario, ma ora si deve pronunciare Bruxelles.

Ogni volta che si parla di Telefonica è inevitabile rievocare l’incompiuta di Telecom Italia, anche perché ritorna in scena la succitata Vivendi. In un panorama internazionale delle telecomunicazioni (in cui il “tele” sta anche per televisione) in continuo movimento, per non dire in subbuglio, l’unica immobile sembra essere proprio Telecom Italia. Non a caso, perché è sempre più chiaro, e credo sia la ragione dell’uscita dei soci finanziari italiani, che l’obiettivo di Telefonica è di tenere ferma Telecom, almeno fino a che non si è risolta l’impasse brasiliana.

Come è ormai noto, César Alierta, numero uno di Telefonica, per evitare le sanzioni dell’antitrust brasiliano, vorrebbe dividere Tim Brasile in tre parti che, secondo quanto riporta Bloomberg, andrebbero alla consociata brasiliana di Telefonica, Vivo, all’operatore locale Oi e a Claro, società di America Movil di Carlos Slim. Questa strategia trova giustamente contrario Marco Patuano, amministratore delegato di Telecom Italia, e, in Brasile, la società telefonica GVT che, sempre secondo Bloomberg , l’ha definita come deleteria per il mercato e per gli utenti brasiliani.

Il fatto interessante è che GVT appartiene a Vivendi, che in Brasile ha tutto l’interesse a contrastare Telefonica e, approfittando degli ostacoli frapposti dall’antitrust, parrebbe interessata a una fusione con Tim Brasile, cosa che sembrerebbe non sgradita a Patuano. E’ sempre più evidente il conflitto di interessi che contrappone, da tempo, Telefonica a Telecom Italia, e che si è recentemente esteso anche a Mediaset.

Sarebbe opportuno che anche il governo faccia sentire la sua voce, per chiarire quali linee di politica industriale il governo ha in questo importante settore e come intende aiutare le nostre aziende a operare in una mercato internazionale sempre più combattivo e combattuto.

Matteo Renzi, che sembra aver abbandonato sul piano politico la quarantena imposta dalla sinistra a Berlusconi, non dovrebbe avere problemi a intervenire nella vicenda, anche se Mediaset è del leader di Forza Italia. Mediobanca sta uscendo da Telecom Italia ma, come già scritto, ha tra i suoi soci Vincent Bolloré, socio eminente di Vivendi, che conosce senza dubbio bene sia il dossier Telecom che quello Mediaset/Telefonica.

Il governo dovrebbe quindi solo fare da catalizzatore e controllore di eventuali operazioni dirette a permettere alle nostre società di operare sul mercato internazionale con qualche probabilità di successo. Altrimenti, come per Alitalia e la stessa Telecom, a forza di affidarci a locali “capitani coraggiosi” e a interessati “soccorritori” esteri, senza alcuna strategia globale, a pagare sarà ancora il solito Pantalone.