Telefonica ha compiuto un’altra mossa sul mercato italiano, non prevista e difficile da decifrare. Ieri si è diffusa la notizia che la società telefonica spagnola ha venduto sul mercato la sua quota nel prestito convertendo sottoscritto lo scorso novembre, che Telecom aveva emesso per un importo globale di 1,3 miliardi di euro, con conversione obbligatoria in azioni nel 2016.

Non vi sono al momento commenti ufficiali della società sull’operazione, che risalirebbe allo scorso 16 giugno e che ha lasciato perplessi molti osservatori, pur davanti a un buon risultato finanziario della vendita, dato che Telefonica ha ricavato 139 milioni di euro contro i 103 versati a suo tempo, con il 35% di guadagno in pochi mesi. L’esposizione debitoria di Telefonica è di tutto rispetto e sta affrontando progetti di espansione che richiedono investimenti notevoli.

Tuttavia, si deve di nuovo riscontrare un cambio netto di strategia, come già per l’interruzione della collaborazione con Mediaset in Digital +: Telefonica aveva sottoscritto il convertendo per evitare una eccessiva diluizione della sua quota in Telecom Italia. C’è chi fa notare, però, che la diluizione non è poi significativa, passando da poco meno del 15% a circa il 14%.

Non vi sarebbero, tutto sommato, cambiamenti significativi e le ragioni dell’operazione sarebbero solo finanziarie. Non cambiano, però, nemmeno i problemi relativi alla presenza di Telefonica in Telecom, anzi diventa sempre più urgente avviarli a soluzione, perché la tattica di immobilizzazione condotta finora da Telefonica comincia a mostrare la corda.

E’, infatti, opinione largamente condivisa che la presenza degli spagnoli in Telco servisse solo a frenare la concorrenza di Telecom in America Latina e in particolare su un mercato importante come il Brasile. Con l’avviato scioglimento di Telco, Telefonica diventa direttamente il maggior socio di Telecom, ma senza averne il controllo, né sembrerebbe intenzionata ad ottenerlo, impegnata su altri fronti ritenuti strategicamente più rilevanti.

Rimane però lo spinoso problema del Brasile, dove CADE, l’antitrust locale, continua a mostrarsi poco disposto ad accettare la posizione dominante di Telefonica, cui ha già comminato una multa di 4,65 milioni di euro (anche la Tim brasiliana è stata multata per 300.000 euro) e persiste nella richiesta che Telefonica rinunci alla maggioranza diretta nella consociata brasiliana Vivo, o a quella indiretta in Tim Brasil. L’ipotesi di una graduale uscita di Telefonica da Telecom resta quindi sul tavolo, ma rappresenterebbe un netto fallimento di tutta l’operazione italiana, con scarsi risvolti positivi sul mercato brasiliano.

Ancora una volta, la storia Telecom si intreccia con quella Mediaset, con l’offerta di Telefonica di acquistare la quota in Digital +, avanzata negli stessi giorni dell’operazione sul convertendo. La risposta di Mediaset doveva essere data entro la mezzanotte di venerdì 20, ma ieri un comunicato congiunto delle tre società alla CNMV, la Consob spagnola, ha spostato al 4 di luglio la data ultima per l’esercizio del diritto di prelazione sul 56% di Digital + detenuto da Prisa, la casa editrice di El Pais. Entro questa data, Telecom dovrà decidere se rilanciare sull’offerta di 750 milioni di euro fatta dagli spagnoli, se mantenere la sua quota del 22%, o di aderire all’offerta spagnola, che a quel punto varrebbe tra i 335 e i 355 milioni di euro.

Ennesimo cambio di rotta di Telefonica, che sembrerebbe ora voler tornare a collaborare con Telecom. Secondo alcuni osservatori, la rottura era avvenuta a seguito dei contatti, ritenuti reali, di Telecom con Al Jazeera e Vivendi per il progetto di pay-tv paneuropea, una possibile coabitazione poco gradita a Telefonica, che l’avrebbe portata a cercare di acquistare il 100% di Digital +.

Questo ha scatenato le reazioni dei concorrenti, in particolare di Orange e Vodafone, e la preparazione di ricorsi sia a Bruxelles che presso l’antitrust spagnolo, dato che Telefonica avrebbe così ottenuto il controllo di più dell’80% del mercato spagnolo della pay-tv. Una situazione parallela a quella del Brasile, dove GVT, consociata brasiliana di Vivendi, si oppone a spada tratta ai piani di Telefonica di smembrare Tim Brasil per uscire dall’attuale pressione dell’antitrust.

Appare quindi logica la riproposizione dell’alleanza Telefonica- Telecom nel progetto di pay-tv, rivedendo le quote azionarie in Digital + in modo da evitare problemi con l’antitrust, questione che potrebbe però ripresentarsi se il progetto andasse avanti con la fusione tra Telecom Premium e Digital +, un esito che appare anch’esso logico.

Rimangono aperte diverse questioni, a partire dagli aspetti finanziari In Spagna e in Italia la pay-tv è meno diffusa che in altri Paesi europei ed è, quindi, più suscettibile di sviluppo, ma richiede anche adeguati investimenti e si trova di fronte a una concorrenza agguerrita, come la Sky di Murdoch con i suoi piani di aggregazioni a colpi di miliardi di euro. Inoltre, sarebbe opportuna l’espansione in altri mercati, quali quello tedesco dove Telefonica si trova ai primi posti dopo l’acquisizione di E-Plus.

Telefonica è molto forte, ma anche piuttosto indebitata e César Alierta si è recentemente impegnato ad apportare una consistente riduzione all’indebitamento in tempi relativamente brevi. Difficile non pensare alla necessità di un altro partner, che abbia risorse finanziarie e che possa aprire altri mercati, e quanto prima ritorneranno le voci su possibili nuovi soci, probabilmente diversi dai francesi e dai qatarioti.

E Telecom Italia? Domanda da “Lascia o raddoppia” Ed è l’alternativa di fronte a Telefonica: o esce da Telecom riconoscendosi sconfitta dal pantano italiano, come detto da qualcuno, o raddoppia per arrivare a una partecipazione attorno al 30% che le consenta una effettiva gestione della società. Da un punto di vista industriale la cosa avrebbe senso, mettendo Telefonica ai primi posti in tre mercati rilevanti, Spagna, Italia e Germania. Uscirebbe così anche dall’impasse brasiliana, perché riuscirebbe ad attuare lo “spezzatino “ di Tim, superando le ostilità di Vivendi, facendovi partecipare la sua GVT.

Rimarrebbero, visto l’indebitamento delle due società, notevoli problemi finanziari, forse insormontabili, ma c’è da chiedersi se questa situazione, al contempo immobile e pasticciata, sia meno costosa e, soprattutto, fino a quando possa durare.