La complicata vicenda Telecom Italia sembrava avviata a una conclusione con lo scontro tra la offerta di Telefonica per la Gvt, società brasiliana della francese Vivendi, e la controfferta della stessa Telecom per la fusione di Gvt con Tim Brasil. Entrambe le offerte tendevano a risolvere i problemi, di mercato e dell’antitrust brasiliano, costituendo due nuove società, una ispano-francese, l’altra franco-italiana, con due transazioni del valore di circa 7 miliardi di euro.

Entrambe le proposte prevedono un cambiamento nell’azionariato di Telecom, sostituendo come primo azionista Telefonica con Vivendi, un socio potenzialmente interessato e disponibile a una collaborazione industriale per lo sviluppo della società. Mentre stiamo scrivendo, mercoledì 27, è in corso una riunione del Cda Telecom Italia per definire i dettagli della proposta a Vivendi, tenendo conto che gli spagnoli stanno studiando come migliorare l’offerta iniziale, soprattutto in termini industriali.

Ieri l’ennesimo colpo di scena, rappresentato da una dichiarazione di interesse per Tim Brasil da parte di Oi, società telefonica brasiliana in procinto di fondersi con Portugal Telecom. Chi ha avuto la pazienza di seguire tutta la vicenda, ricorderà che Oi era una delle società, insieme a Vivo, succursale brasiliana di Telefonica, e Claro, di America Movil del messicano Carlos Slim, che avrebbero dovuto partecipare allo “spezzatino” di Tim Brasil. E ricorderà anche che alla manovra si era opposta proprio Gvt, accanto all’amministratore delegato di Telecom Italia, Marco Patuano.

Per il momento non vi è nessuna offerta concreta sul tavolo, ma l’uscita ha già mosso in Borsa i titoli coinvolti e alzerà probabilmente il livello delle offerte per Gvt. Le prime analisi considerano coerente la proposta sotto il profilo industriale, ma con problemi finanziari per i brasiliani già impegnati nella fusione con Portugal Telecom. Infatti, si è ricominciato a parlare di un possibile nuovo “spezzatino” di Tim, così da distribuire lo sforzo finanziario.

Per converso, la vendita di Tim sarebbe finanziariamente positiva per Telecom, ma significherebbe uscire da un mercato che vale più di un quinto del fatturato. Una soluzione potrebbe essere la vendita di una parte delle azioni, mantenendo così la presenza in Brasile. Per intravvedere i possibili risvolti di questa coabitazione brasiliana sugli assetti di Telecom Italia, val la pena di vedere più da vicino questi nuovi, in realtà già conosciuti, attori del feuilleton Telecom.

Portugal Telecom è sorta dalla privatizzazione dell’azienda statale portoghese e ha come principali azionisti, tutti attorno al 10%, il Banco Espirito Santo, la società di investimenti Rs Holding e la già citata Oi, di cui a sua volta detiene il 12%. Portugal Telecom, oltre che leader in Portogallo, ha una forte presenza in Africa, in particolare nelle ex colonie portoghesi come Angola e Mozambico, e in alcuni Paesi asiatici, come Timor, e la fusione con Oi rafforzerà ulteriormente la sua posizione in Brasile. Per la cronaca, Portugal Telecom era comproprietaria con Telefonica di Vivo, prima di uscirne per entrare in Oi.

Oi ha affidato l’incarico per le operazioni su Tim Brasil alla Btg Pactual, società finanziaria brasiliana soprannominata da alcuni la “Goldman Sachs sudamericana”, già incaricata a suo tempo da Telefonica per lo “spezzatino” Tim. La Btg Pactual, controllata dal brasiliano Andrè Esteves, la cui fortuna personale è valutata intorno ai 3 miliardi di euro, è tutt’altro che sconosciuta in Italia, avendo acquistato nello scorso luglio la Banca della Svizzera Italiana dalle Generali, per 1,2 miliardi di euro. Inoltre, detiene il 2% di Mps, confluito in un patto che vale il 9% del capitale della banca, insieme al 2,5 % della Fondazione Mps e il 4,5% di Fintech Advisory.

Fintech Advisory è una finanziaria con sede a New York, controllata dal miliardario messicano David Martinez, specializzata nella ristrutturazione di debiti sovrani e nota soprattutto per la ristrutturazione del debito argentino. Martinez ha consistenti interessi nel Paese sudamericano e ciò lo porta direttamente nel “gioco dell’oca” di Telecom, che ha firmato lo scorso novembre un contratto con Fintech per la cessione della sua partecipazione di controllo in Telecom Argentina, per 960 milioni di dollari.

La conclusione del contratto è stata rinviata al 1 settembre, ma corrono voci di possibili difficoltà insorte, che potrebbero perfino far saltare l’operazionale, ponendo qualche problema in più per Telecom Italia. Martinez ha qualche difficoltà con l’antitrust argentino e potrebbe essere costretto a cedere almeno in parte le sue quote nel gruppo Clarin. A tal proposito sembrerebbe in trattativa con la spagnola Prisa, la stessa che ha venduto le sue quote in Digital + a Telefonica, che ne ha poi estromesso Mediaset, per poi comprare l’11% di Mediaset Premium.

E pensare che c’è chi dice che l’economia è noiosa!