Secondo una notizia riportata dal Corriere della Sera, i cinesi avrebbero rotto gli indugi e presentato un’offerta di acquisto per la quota di Finmeccanica in Ansaldo Sts e Ansaldo Breda. La cordata cinese composta da Cnr Corporation e Insigma avrebbe offerto un sostanzioso premio sulle quotazioni di Ansaldo Sts per il 40% detenuto da Finmeccanica, assumendosi l’onere della successiva Opv prevista dalla legge e la disponibilità a mantenere nell’azionariato un socio italiano, la stessa Finmeccanica o la Cassa Depositi e Prestiti, che ha già a che fare con gruppi cinesi.

Inoltre, avrebbe assicurato il mantenimento dell’occupazione in Ansaldo Breda, al 100% Finmeccanica, che a differenza della consorella, leader mondiale nella segnaletica, presenta diversi problemi. 

Fino a qualche tempo fa si era parlato di un interesse anche della francese Thales, già socia di Finmeccanica in Thales Alenia Space e in Telespazio, e della canadese Bombardier, la cui consociata Usa nel 2011 aveva perso a favore degli italiani la gara per la fornitura di treni a Honolulu, ma che collabora con Ansaldo Breda nella realizzazione del nuovo Frecciarossa 1000 intitolato a Pietro Mennea. Invece, entrambe le società paiono aver rinunciato alla competizione, mentre è rimasta in gara la giapponese Hitachi, di cui si aspetta l’offerta formale.

Nonostante alcuni pensassero che il nuovo ad di Finmeccanica, vista la sua provenienza dal settore ferroviario, avrebbe rinunciato alla vendita delle due Ansaldo, Mauro Moretti ha continuato nella strategia dei suoi predecessori, non solo con l’obiettivo di ridurre l’indebitamento, ma anche di concentrare le attività nel core business rappresentato dal settore della difesa.

Critiche sono state fatte, giustamente, alla messa in vendita di Ansaldo Sts, una delle nostre aziende tecnologiche di punta con una fortissima presenza sul mercato internazionale, ma sembrerebbe una mossa obbligata per rendere più facile l’acquisto della meno appetibile Ansaldo Breda. Ancora una volta, evidentemente non si è trovato nessun gruppo italiano disposto a concorrere per l’acquisto. 

Hitachi è ben conosciuto in Italia, ma non come costruttori di treni, e l’acquisto delle due società italiane potrebbe rappresentare un trampolino per entrare non solo in Italia, ma anche in Europa. Di conseguenza all’ovvio interesse per Sts, in questo caso se ne affiancherebbe uno concreto per la Breda, e forse da questo deriva l’offerta dei cinesi di mantenere intatta l’occupazione e gli stabilimenti esistenti. 

Cnr Corporation, controllata dallo Stato, è il secondo produttore della Cina nel settore ferroviario, occupa circa 90mila persone ed esporta in 80 Paesi in tutto il mondo, apparentemente tranne l’Europa. Insigma è un gruppo molto più piccolo, circa 10mila dipendenti, ma altamente tecnologico, che trae la sua origine dall’Università dello Zhejiang ed è attivo nell’informatica, nella protezione ambientale, nell’energia rinnovabile, nelle infrastrutture di trasporto. Tra le sue attività vi è il software outsourcing, anche per molte aziende americane attraverso la consociata statunitense, e la promozione di investimenti esteri in Cina.

Come si vede, sia i giapponesi che i cinesi assemblano competenze e ferroviarie e di tecnologia informatica, ma vi è una differenza importante ed è la presenza di Ansaldo in Cina, dove importanti  accordi sono stati conclusi negli anni recenti da Ansaldo Sts proprio con Insigma e Cnr, cui partecipa anche Ansaldo Breda. 

Si potrebbe pensare, quindi, che il gruppo integrato costituito dalle due aziende Finmeccanica costituisca per entrambi i concorrenti lo strumento strategico per penetrare nel mercato europeo e non solo un’occasione per acquisire elevato know-how tecnologico, da poi riportare nel proprio Paese, e capacità produttiva da ridimensionare quando occorresse o da sostituire con quella nazionale ove risultasse conveniente.

Sono due pericoli reali che tocca al management Finmeccanica e al governo, azionista di controllo, evitare, per non arrecare gravi danni alla struttura industriale italiana solo per ridurre l’indebitamento del Gruppo. 

L’interesse cinese sembra essere sempre più forte nei confronti dell’Italia, che difficilmente può essere considerata alla stregua di un Paese africano da sfruttare senza eccessivi scrupoli, ma il rischio non può essere del tutto escluso, vista anche la debolezza della nostra politica. Per converso, queste partnership potrebbero essere molto utili per rafforzare la nostra presenza globale nel mercato cinese, ma per questo occorre una classe politica e imprenditoriale all’altezza del compito.