Un po’ oscurato dai decreti sul Jobs Act (ma un Primo ministro toscano non dovrebbe privilegiare l’italiano, che se non altro sa pronunciare meglio?) è stato presentato alla stampa un disegno di legge in materia di concorrenza. Come ormai abituale, il ddl è stato proclamato da Renzi con enfasi degna della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, enfasi poco condivisa da commentatori e soggetti coinvolti. La solita tecnica di ritocchi fatti passare per decisioni epocali, dando un colpo a destra e uno a sinistra, ha finito per scontentare tutti.

Ancora una volta, manca una visione globale dei problemi che si vogliono affrontare e, perciò, di una chiara e concreta, sia pure articolata, strategia per affrontarli. Un esempio preclaro è dato dagli articoli che riguardano farmacisti e notai, un passaggio dovuto per i nostri governi, passati e senza dubbio anche futuri, visto il calibro delle decisioni renziane.

Il ddl contiene però un provvedimento che potrebbe avere conseguenze molto concrete: l’eliminazione dal 1 gennaio 2018 del regime di maggior tutela per i prezzi dell’energia elettrica e del gas, vale a dire le tariffe fissate dall’Autorità per l’Energia per gli utenti che non siano già passati al libero mercato. La disposizione riguardava, e riguarderà ancora per tre anni, utenze domestiche e piccole imprese.

Questa decisione è stata criticata dalle associazioni di consumatori e ha suscitato qualche perplessità anche nel presidente dell’Autorità per l’Energia, per il quale la complessità e delicatezza di questo passaggio richiederebbe la gestione da parte di un ente competente, non un decreto del ministero dello Sviluppo economico. Anche se viene da parte interessata, l’osservazione non è banale, perché l’articolo 21 del ddl rimanda tutto a un decreto del ministero, citando piuttosto genericamente monitoraggio dei prezzi, garanzia di piena informazione, facilità di mobilità nei contratti e via dicendo. 

È peraltro vero che vi sono tre anni per gestire il passaggio, ma sarebbe stato bene mettere una data precisa per il decreto, tenendo conto che fino a qualche mese fa il governo pareva intenzionato a effettuare il passaggio al libero mercato il 30 giugno 2015 per il gas e il giugno del 2016 per l’elettricità, con scarso senso dei tempi necessari a una simile operazione.

Come detto, le associazioni dei consumatori sono piuttosto critiche sul provvedimento, segnalando come le tariffe del libero mercato siano normalmente più alte di quelle fissate dall’Autorità e che la concentrazione del mercato in offerta mette i fornitori in una posizione di forza contrattuale nei confronti dei consumatori. 

Se prendiamo, ad esempio, il mercato della telefonia, anche qui l’offerta va sempre più concentrandosi in poche imprese e la battaglia tra le società telefoniche non si svolge solo sui prezzi, ma con un’offerta variegata di “pacchetti”, che vanno dalla telefonia fissa a quella mobile, chiamate e messaggi, a internet, a Sky, agli stessi cellulari. Il prezzo è cioè globale per una serie variegata di prodotti e servizi e il passaggio da un fornitore all’altro è abbastanza semplice, a meno che non si debbano installare particolari impianti. Se qualcosa va storto, si rischia solo di rimanere senza telefono per un po’ di tempo.

Diversa la situazione per luce e gas: noi tutti diamo ormai per scontato che girando un interruttore o una manopola abbiamo, senza alcun dubbio, luce e gas e ci troviamo indifesi le poche volte che ciò non succede. Anche perché le conseguenze sono un po’ più pesanti che per il cellulare. Per la maggior parte di noi luce e gas rimangono una risorsa “naturale” e, a onta della liberalizzazione del mercato, ancora in un modo o nell’altro “pubblica”. 

Il problema è abbastanza complesso perché non sia affrontato con la solita faciloneria, “dinamicità” per i suoi sostenitori, di Renzi e viene utile il raffronto appena fatto con la telefonia. Qui le tipologie di offerta a volte sono molto “creative”, ma per elettricità e gas, ormai prodotti di prima necessità, occorrono offerte diversificate ma molto concrete, aderenti alle esigenze reali dei consumatori, senza cedimenti al superfluo, come a volte accade per i cellulari.

Chi gestirà la vicenda da ora al 2018 dovrà lavorare con le società fornitrici per elaborare tipologie di contratto che rispondano a questo obiettivo, così da permettere a ciascun consumatore di capire quali sono le sue concrete esigenze, quale tipo di contratto le rispetta maggiormente e, solo a questo punto, quale società può essere preferibile.

Anche noi consumatori possiamo cominciare a fare la nostra parte, esaminando a fondo le attuali bollette, analizzando il modo in cui usiamo luce e gas ora e come potremmo usarli meglio in futuro, così da arrivare più preparati al futuro libero mercato obbligatorio. Magari aiutati da un ente pubblico di consulenza facilmente accessibile ai cittadini.