Tre anni fa, il 7 dicembre 2011, il Sussidiario pubblicava un’intervista a Joachim Starbatty, professore emerito dell’Università di Tubinga, sulla possibilità di sopravvivenza dell’euro, ipotesi che vedeva l’intervistato molto scettico. Per il professore tedesco, dato il modo sbagliato in cui è stato costruito l’euro, la sua cancellazione, per quanto dolorosa, sarebbe stata meno costosa della sua continuazione.
La previsione del professore era che prima o poi i Paesi “virtuosi”, capeggiati dalla Germania (allora era compresa anche la Francia, appartenenza ora discutibile) sarebbero usciti lasciando gli altri al loro destino. Anche allora si parlava di una uscita della Grecia dall’euro, ma anche così non sarebbe cambiato lo scenario: altri Paesi avrebbero seguito l’esempio della Grecia e di fatto l’Eurozona si sarebbe comunque ridotta ai Paesi virtuosi.
Dopo tre anni sembra si sia ancora allo stesso punto, anche se diversi elementi nel panorama sono cambiati. Il perdurare della crisi ha ulteriormente inasprito il conflitto di interessi all’interno dell’Eurozona, dando sempre più voce ai movimenti contrari all’euro o a posizioni euroscettiche, che tendono a mettere in discussione il concetto stesso di Unione Europea. Movimenti che sono sorti perfino in Germania, dove in alcuni ambienti politici ed economici cominciano a essere esternati dubbi sulla avvedutezza della politica di austerità del governo.
Gravi cambiamenti sono avvenuti sulla scena geopolitica, in particolare con lo scontro sempre più pericoloso tra Stati Uniti e Russia, nel quale l’UE rischia di essere il vaso di coccio. Infine, il nuovo governo greco non sembra più disposto a piegarsi supinamente ai diktat di Bruxelles, Berlino e della cosiddetta troika.
Negli scorsi giorni il nuovo premier greco, Alexis Tsipras, prima di recarsi a Bruxelles, ha cercato l’alleanza, o almeno il sostegno esplicito di Renzi e Hollande, che non sono andati però oltre una generica “simpatia”, timorosi delle reazioni soprattutto di Berlino, aspettando di vedere come andrà a finire il braccio di ferro tra Bruxelles e Tsipras. Da parte sua, quest’ultimo alterna bordate e toni più concilianti, mentre al suo ministro delle finanze Varoufakis è stata sbattuta la porta in faccia dal suo omologo tedesco.
Vale la pena citare un passaggio di Varoufakis, che ha ricordato ai tedeschi le umiliazioni subite dalla Germania dopo la Prima Guerra mondiale e la conseguente ascesa del nazismo, rimarcando che il terzo partito greco è il filonazista Alba Dorata. Richiamo, peraltro, che non sembra aver smosso la rigidità tedesca.
In questo complesso gioco delle parti, si inseriscono altri attori, che da una crisi dell’Unione Europea potrebbero trarre vantaggi. Il primo è Putin, che si è subito dichiarato disposto a venire in “soccorso” alla Grecia: Varoufakis ha dichiarato che non ricorrerà all’aiuto finanziario russo, ma in caso di uscita dall’euro la Grecia troverebbe in Mosca un solerte alleato. La Russia ha già investito in Grecia ed è interessata soprattutto al settore energetico attraverso Gazprom, il cui Turkish Stream dovrebbe avere il suo terminal proprio al confine greco – turco.
E’ evidente l’interesse greco nel gasdotto, perché il suo territorio rappresenterebbe un ponte anche verso il resto della penisola balcanica, in cui è forte il disagio per la cancellazione del South Stream, particolarmente in Paesi con legami storici con la Russia come Serbia e Bulgaria. E’ da ricordare anche che la prima visita ufficiale di Tsipras è stata a Cipro, altro Stato messo sotto tutela da Bruxelles a scapito dei depositi russi nelle banche cipriote.
Si può obiettare che la Russia, alle prese con la crisi petrolifera e le sanzioni per la questione ucraina, sembra difficilmente in grado di sostenere finanziariamente altri Stati, ma qui potrebbe intervenire un altro attore: la Cina. Pechino ha minori problemi finanziari di Mosca e ha già investito in Grecia, che ha dichiarato più volte di considerare un trampolino verso l’Europa. Questo esito è reso più credibile dal riavvicinamento tra Cina e Russia in conseguenza delle sanzioni americane e europee verso Mosca.
Comunque, il governo greco sta usando questa carta, come dimostrano le dichiarazioni del ministro degli Esteri contro un aggravamento delle sanzioni alla Russia, cui la Grecia porrebbe il veto. In questo quadro rientra l’appello del presidente ucraino, Poroshenko, al governo greco perché sostenga l’azione europea per fermare l’aggressione russa, chiedendo la solidarietà della Grecia all’Ucraina nella sua lotta in difesa dei valori democratici. Poroshenko cita anche la presenza di una minoranza greca nell’Ucraina orientale, circa 80.000 persone, cui le fonti russe oppongono circa 300.000 russi che vivono in Grecia.
Nella vicenda è intervenuto anche Obama, dichiarando che non si può continuare a “strizzare” Paesi in piena recessione e che occorre attuare, prima o poi, una strategia di crescita che permetta loro di pagare i debiti. Guarda caso, la stessa strategia proposta da Varoufakis con la trasformazione del debito pubblico in titoli legati alla crescita dell’economia greca.
Entrambi i contendenti principali, Tsipras e Merkel, sembrerebbero con le spalle al muro, costretti a una ingloriosa retromarcia o a una definitiva rottura. Il professor Starbatty riteneva improbabile che fosse la Germania a rompere, ma le scommesse sono aperte.