Non è atroce come i video sugli omicidi, ma il documento in italiano dell’Isis che si trova online è altrettanto preoccupante. Un documento di 64 pagine, in un italiano fluente, che indica un approccio opposto a quello finora seguito, a cominciare dal titolo: Lo Stato Islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare. Scorrendo le sue pagine, ci si rende però conto che si tratta di un’altra arma di comunicazione che corre in parallelo a quella dei video.
Il documento si rivolge chiaramente ai musulmani in Italia, non a quelli che sono già stati coinvolti dalla jihad o comunque simpatizzanti, ma a tutti gli altri, rimasti scettici od ostili, cui chiede di prestare orecchio non solo agli accusatori dello stato islamico, bensì anche all’accusato. L’invito cita un hadith di Maometto, ma è un argomento che chiunque di noi potrebbe accogliere in nome del nostro concetto di giustizia, come l’affermazione che ogni notizia deve essere verificata anche se “giungesse da un Musulmano credibile ed affidabile”, capirai se le notizie arrivano da miscredenti.
In effetti, il documento sembra redatto da qualcuno che conosce bene il nostro mondo e i principi che lo regolano e, pur in un linguaggio tipicamente islamico farcito di citazioni di Maometto, del Corano e utilizzando espressioni in arabo, l’impianto generale del documento è molto “occidentale”.
Per incominciare, forse a conoscenza del detto che una smentita equivale a ridare la notizia, non si risponde alle singole obiezioni, preferendo spiegare il “positivo” dello stato islamico, da cui verranno poi indotte le confutazioni alle critiche. Particolarmente interessanti sono le questioni affrontate nella premessa, di cui la prima è quella dei finanziamenti, che per il documento arrivano solo dalle conquiste di guerra, il cui “diritto” discende direttamente da Maometto, integrate dai “Musulmani benevoli che adempiono all’obbligo del Jihad combattendo con i loro beni”.
Il secondo punto, affermato con forza, è che “ad-Dawla al-Islamiya è effettivamente un vero e proprio stato, che sia islamico oppure no, lo si capirà in seguito ma la cosa certa è che è uno stato a tutti gli effetti”. E’ notevole che l’accento sia posto sull’essere “un vero e proprio stato”, se islamico lo deciderà poi il lettore alla fine della lettura. Per intanto, si elencano le tre organizzazioni media ufficiali dello stato islamico, dedicate principalmente alla videoproduzione, come era da aspettarsi.
Buona parte del documento, come si conviene alla presentazione giornalistica di uno Stato, è costituito da interviste ai responsabili dei vari “ministeri” o enti. Ecco quindi i capitoli relativi all’istruzione, rigorosamente islamica e con la precisazione che la revisione dei testi ha portato all’eliminazione della filosofia e delle scienze politiche, alla polizia annonaria, con la protezione del consumatore e lotta alle frodi, alla polizia di Stato, grazie alla quale si è raggiunta una sicurezza per i cittadini inesistente altrove.
Quindi l’amministrazione della giustizia, cioè l’applicazione della sharia, la organizzazione capillare per la riscossione dell’unica imposta che può essere ammessa in uno stato islamico, la decima prevista dal Corano (zaqat), la produzione e distribuzione di pane, infine la ricostruzione delle infrastrutture.
Importantissime sono le pagine dedicate all’introduzione di una nuova moneta e alle caratteristiche della finanza islamica, perché al di là dei contenuti, il “battere moneta propria” è sempre stata la prerogativa di uno Stato: in fondo, i problemi dell’euro sorgono in buona parte da essere, al contrario, una moneta senza uno Stato.
La nuova moneta in preparazione avrà il vecchio nome di dinar e sarà d’oro puro (4,25 gr), cui verranno affiancate tre monete di argento, i dirham ( da 2 gr a 20 gr), e due monete di rame (fulus). Sulla moneta di maggior valore, 5 dinar, è rappresentata la mappa del mondo, su cui si estenderà l’autorità della Ummah, la comunità islamica, come affermato da Maometto.
Viene poi riportata l’analisi condotta da uno Sheykh che predica in Gran Bretagna, di cui pare abbia conosciuto anche le prigioni, che mette in evidenza, con un certo sarcasmo, come le monete degli altri Paesi siano di carta e senza valore in confronto all’oro di cui sarà fatto il dinar. Non solo, ma la moneta di carta permette allo Stato di stamparne quanta ne vuole, creando così inflazione e impoverendo redditi e patrimoni monetari.
Ovvia la critica che segue al concetto di interesse, che è vietato dall’islam, perché fa sì che i ricchi diventino sempre più ricchi e i poveri più poveri, perché “la ricchezza circola sempre solo tra i livelli più ricchi della società”, affermazione che troverà d’accordo anche molti non musulmani. Conseguente l’attacco alle banche, al servizio di un sistema che esalta la diseguaglianza tra ricchi e poveri. Invece, dice lo sceicco, nell’islam è tutto il contrario.
Moltissime altre osservazioni si possono fare su questo esteso documento, che ha forti connotati di propaganda che ricordano quelli dei nostri regimi dittatoriali, fascismo, nazismo e comunismo. Comunque, il punto centrale del documento mi sembra il tentativo di dimostrare che l’Isis ha creato un vero e proprio Stato, islamico poiché applica in tutti i settori il Corano, i detti di Maometto e la sharia. Uno Stato che, a differenza degli altri anche cosiddetti musulmani, combatte la corruzione, promuove l’uguaglianza tra i cittadini, difende i poveri e, come dice il 5 dinar, conquisterà il mondo, per grazia di Allah.
E degli sgozzamenti e assassini vari? Non se ne parla, ma al paragrafo 10 si afferma che l’Isis ha liberato migliaia di musulmani innocenti e perseguitati, ma quando “lo Stato Islamico cattura i responsabili e applica la Legge di Allah su di loro, escono gli ipocriti ad accusare i Mujahidin di aver ucciso gente innocente”.
Non c’è che dire, costoro hanno imparato molto bene la nostra dialettica e ci combattono sia con questa che con le armi, per di più lasciate dall’Occidente.