Lo scorso venerdì si è tenuta l’assemblea generale di Vivendi, presieduta da Vincent Bolloré, azionista di maggioranza con il 14,5% (all’inizio di marzo aveva solo poco più del 5%). Entrato in Vivendi nel 2012 con la cessione di due canali televisivi di sua proprietà, è diventato presidente del Consiglio di sorveglianza a metà del 2014, attuando con molta decisione la sua strategia di trasformare Vivendi in una società industriale fortemente integrata nel settore dei media e dei contenuti, con l’intenzione di competere con i colossi internazionali del settore. C’è da dire che il valore di mercato di Vivendi è aumentato del 50% da che lui è arrivato, come ha sottolineato in occasione dell’assemblea.
Dopo una serie di dismissioni, in particolare nel settore telefonico, per circa 15 miliardi di euro, il gruppo si è concentrato su due principali settori: la musica, con Universal Music, e la pay-tv, con Canal Plus. Ora Bolloré sta per concludere l’acquisto dell’80% di Dailymotion, concorrente di Youtube, di cui ha già illustrato le sinergie con le altre due società e con il gruppo pubblicitario Havas, in cui ha personalmente una partecipazione del 60%. Per inciso, l’intervento del governo francese ha bloccato le offerte di aziende non europee, tra cui Yahoo.
In base alla cosiddetta “legge Florange”, che prevede il raddoppio dei diritti di voto per le azioni detenute da almeno due anni, Bolloré ha il pieno comando di Vivendi. Il 12 maggio è prevista una riunione del consiglio per discutere l’utilizzo della notevole liquidità della società, stimata in 10 miliardi di euro, e Bolloré ha già detto che nel 2015 altre acquisizioni seguiranno quella di Dailymotion.
Qui entra il gioco l’Italia, perché Vivendi subentrerà in Telecom a Telefonica, come previsto dal contratto di vendita della propria consociata in Brasile, e con l’8,3% dei voti sarà l’azionista di riferimento e l’unico industriale della società telefonica. Bolloré è da tredici anni presente in Mediobanca, secondo azionista con l’8% dopo Unicredit, ed è in buoni rapporti con Berlusconi, come sottolinea Les Echos, soprattutto attraverso il finanziere italo-tunisino Tarak Ben Ammar, membro del Cda di Telecom e ora anche nel Consiglio di sorveglianza di Vivendi.
Una domanda interessante si pone sull’atteggiamento di Bolloré nei confronti di Telecom e, in prospettiva, di Mediaset. Esaminando le strategie finora seguite dal finanziere bretone si può ipotizzare un concreto interesse per entrambe. Vivendi è rimasta azionista di minoranza nelle società telefoniche cedute, in quanto piattaforme per la trasmissione dei suoi contenuti. Dopo la cessione di Gvt in Brasile, è rimasta con una quota nella nuova società risultante dalla fusione con Telefonica e sarebbe quindi coerente la sua permanenza con una quota analoga in Telecom.
Ull’altro versante, è indubbio l’interesse di Bolloré per Mediaset Premium, in cui si ritroverebbe con Telefonica, mentre meno certo è quello per il resto di Mediaset, vista la sua recente dichiarazione di essere interessato ai “media del futuro, non a quelli del passato”, e le tv generaliste sembrerebbero far parte di questi ultimi. Durante l’assemblea, Bolloré ha anche detto che per portare avanti la sua strategia non servono solo i soldi, che ci sono, ma anche tempo, di cui ha invece bisogno.
Il tempo è senza dubbio un fattore importante sullo scenario italiano, sia sul fronte televisivo che su quello telefonico. Sul primo, sia pure in modo ancora confuso, Matteo Renzi sembrerebbe voler affrontare il nodo Rai e mosse sul fronte Fininvest potrebbero portare a un’accelerazione del riassetto di tutto il sistema televisivo italiano, con l’uscita dall’attuale situazione di sostanziale duopolio e un’effettiva liberalizzazione del settore.
La presenza in Telecom di un socio attivo come Vivendi, in sostituzione di uno “frenante” come Telefonica, potrebbe facilitare la chiusura delle varie operazioni in corso per l’ex monopolista. L’accordo di Telefonica con Vivendi ha messo in apparente stallo Telecom in Brasile, in Italia il rilancio sul Metroweb pone problemi anche finanziari e riapre la questione della rete fissa, mentre continua l’assenza da altri mercati in un settore sempre più globalizzato.
All’attuale management va riconosciuta una capacità di iniziativa che, però, si scontra con gli irrisolti problemi di fondo della società. Telecom ha appena concluso un accordo con Sky per la distribuzione dei programmi del gruppo di Murdoch e contatti simili sono stati avviati anche con Mediaset per quanto riguarda Premium. È questa una strategia che dovrebbe trovare molto d’accordo Bolloré e si potrebbe perfino avanzare l’ipotesi di una fusione, o comunque una maggiore integrazione, tra Telecom e Mediaset.
Questa ipotesi è forse molto difficile, ma viene rafforzato lo scenario di una sempre maggiore collaborazione fra le varie imprese nei settori media e telecomunicazioni, come sta avvenendo ovunque. Sembra anche sempre più chiaro che il destino di Mediaset e Telecom sarà di “non morire italiane”, come per molte altre nostre aziende, quelle valide. Le altre, invece, possono morire italiane, tra la colpevole indifferenza delle nostre classi dirigenti, politiche e imprenditoriali.