Due aumenti di capitale per un totale di 8 miliardi di euro in poco più di un anno non è cosa da poco, eppure è riuscita a una banca in crisi come il Monte dei Paschi di Siena; anzi, l’aumento da 3 miliardi appena chiuso è andato praticamente a ruba. Le condizioni dell’aumento erano senza dubbio convenienti e Mps è decisamente meno costoso rispetto ai concorrenti, ma le componenti negative non sono poche, a partire da quella bomba a orologeria rappresentata dalle operazioni con Nomura e su cui sta indagando la magistratura. A tal proposito, il Codacons ha presentato un ricorso al Tar per l’annullamento dell’aumento di capitale (la richiesta di una sospensione è stata respinta), che probabilmente non verrà accolta, ma che introduce comunque un elemento di incertezza.



I 3 miliardi raccolti con quest’ultimo aumento permettono di completare la restituzione dei cosiddetti Monti-bond e di risanare le perdite, rendendo più solida la posizione patrimoniale della banca, che rimane però appesantita da una massa di 20 miliardi di crediti deteriorati. 

Poco prima dell’avvio dell’aumento, il patto di sindacato tra Fondazione Mps, la messicana Fintech e la brasiliana Btg Pactual, che esprime la metà del Cda di Mps, ha ridotto la propria partecipazione dal 9% al 5,48%, non esattamente un segnale di fiducia nella banca. Tuttavia, i pattisti non hanno rinunciato al diritto di proporre il nominativo per sostituire il presidente Alessandro Profumo, che ha deciso di dimettersi dopo l’aumento di capitale. La nomina dovrà comunque passare per l’assemblea degli azionisti, la cui composizione definitiva sarà nota solo alla fine del mese. 



È opinione comune tra gli osservatori che all’aumento abbiano partecipato in gran numero fondi di investimento e hedge fund, probabilmente soprattutto stranieri, confermando gli aspetti speculativi della vicenda, già presenti nell’altalena delle quotazioni del titolo. La richiesta della Bce di aggregazione, per fusione o vendita a un’altra banca, presumibilmente straniera secondo i commentatori, potrebbe rendere in effetti ben remunerativo l’investimento nell’aumento di capitale. La maggior parte degli osservatori segue una pista francese, anche per la significativa presenza del colosso assicurativo francese Axa nel capitale Mps, con il quale ha dal 2007 una collaborazione definita “partnership strategica”.



Le due banche francesi di cui più si parla sono Bnp Paribas e Crédit Agricole, entrambe già presenti in Italia, la prima avendo acquistato Bnl, la seconda con l’acquisizione di Cariparma e FriulAdria, a seguito dall’uscita dall’azionariato di Banca Intesa in occasione della sua fusione con San Paolo Imi, e successivamente di Carispezia. Per entrambi i gruppi francesi la fusione delle attività italiane con Mps rappresenterebbe un decisivo incremento della loro posizione in Italia, portandoli a ridosso dei due leader, Unicredit e Banca Intesa.

Rimane sul tappeto anche l’ipotesi di una fusione tutta italiana con Ubi Banca, ipotesi che ha trovato una possibile conferma nell’accelerazione che il Cda dell’Ubi ha dato alle procedure per la trasformazione in Spa.

Viene da chiedersi a questo punto quale sia la posizione del governo in proposito, visto che si tratta del destino della terza banca italiana, portata nella situazione in cui si trova da una Fondazione guidata dal partito di maggioranza in Parlamento e nel governo. Molti commentatori vedono proprio nel salvataggio di Mps la principale ragione del blitz condotto da Renzi sulle popolari, ma il governo è stato piuttosto assente nel gioco attorno alla banca, che tanti scossoni ha dato alle sue quotazioni in Borsa.

Se l’opzione preferita fosse quella di una soluzione italiana, sarebbe stato meglio assumere una posizione più chiara prima, tenendo conto che allo stato attuale il 4% del capitale rimane in mano pubblica a fronte del pagamento degli interessi sui Monti-bond. O forse, in occasione della prossima vendita, anche il governo vuol trarre il massimo vantaggio dalla sua partecipazione. 

Non rimane che attendere la fine del mese e vedere se qualche ulteriore indizio arriverà dalla nuova composizione dell’azionariato.