Dopo due anni di trattative, la fusione tra Wind e 3 Italia è giunta a conclusione con l’annuncio della costituzione di un nuovo gruppo in cui le due società di controllo, rispettivamente VimpelCom e CK Hutchison Holdings Limited, avranno il 50% ciascuna. VimpelCom è controllata dal miliardario russo Mikhail Fridman, Hutchison dal miliardario cinese (Honk Kong) Li Ka-shing.
In attesa di esaminare più in profondità sia la fusione che le sue conseguenze sul mercato italiano, soprattutto nel medio-lungo termine, si possono già fare alcune osservazioni di tipo generale. La prima è che così il nostro mercato si allinea a ciò che sta avvenendo anche nel resto d’Europa, cioè un processo di concentrazione che tende a ridurre a tre i fornitori di servizi telefonici integrati.
L’impulso a questo processo è dato, oltre che dalle raggiungibili economie di scala, dalla necessità di correggere la politica aggressiva dei prezzi che contraddistingue il settore. Finalizzata alla conquista e al mantenimento delle quote di mercato, la battaglia sui prezzi ha comportato risvolti negativi sui bilanci, particolarmente rilevanti per società che abbisognano di costanti forti investimenti per fronteggiare la continua evoluzione tipica del settore.
Questa riduzione della concorrenza avrà come effetto un probabile aumento dei costi per gli utenti, che dovrebbe essere tuttavia bilanciato da una migliore qualità dei servizi. Finora le autorità di controllo non si sono opposte a queste fusioni, dato che il concetto di concorrenza non può essere ridotto a un semplice numero, ma deve tenere conto delle caratteristiche dei mercati e delle dimensioni necessarie per permanervi in modo efficiente.
Ciò che le autorità di controllo dovranno fare, e molto attentamente, è evitare che si creino cartelli e assicurare comunque che non si sfruttino posizioni di dominanza. Nella situazione italiana le tre società avranno, peraltro, dimensioni non molto differenti tra loro, ma diversa sarà la forza dei gruppi di controllo.
L’ex leader di mercato, Telecom Italia, passerà secondo per un’incollatura, ma dovrà confrontarsi con due concorrenti più internazionalizzati, a partire da Vodafone, diventata terza sul mercato italiano, ma che è tra i principali gruppi a livello mondiale. VimpelCom, presente in quasi tutti i Paesi dell’ex Unione Sovietica, è più piccola di Telecom e per CK Hutchison la telefonia non è il core business, ma è anch’essa presente in molti paesi dell’Asia e in Europa, dove ha recentemente fatto un notevole passo avanti con l’acquisto da Telefonica dell’inglese O2 per 10 miliardi di sterline.
Telecom Italia rimane invece molto concentrata sul mercato nazionale ed è appesantita da un forte indebitamento. C’è quindi da aspettarsi che l’attenzione degli osservatori sarà concentrata, almeno in Italia, più sul futuro di Telecom Italia che sui risvolti diretti della nascita del nuovo primo operatore italiano.
Sarà interessante ricostruire le ragioni per cui l’italiana Wind si è ritrovata russa e, ora, fusa con i cinesi e sarà anche l’occasione per riesaminare pregi e difetti di quella ventilata ipotesi di collaborazione tra Hutchison e Telecom, anche se ormai si tratta di un caso di studio.