Una serie di notizie hanno negli ultimi giorni attirato nuovamente l’attenzione su Telecom Italia e movimentato il suo titolo in Borsa: la soluzione del problema degli esuberi, la conversione delle azioni di risparmio, l’aumento della partecipazione di Vivendi, il downgrading del Brasile da parte di S&P.

La prima è una buona notizia, perché l’accordo raggiunto presso il ministero dello Sviluppo economico da azienda e sindacati (assente la Cgil) ha consentito di evitare 3000 licenziamenti, attraverso l’adozione di contratti di solidarietà e altri simili istituti. Buona notizia, ma si tratta pur sempre di un deterioramento rispetto alla situazione precedente, tanto più che in passato si era parlato di un numero di esuberi decisamente inferiore.

La conversione in ordinarie delle azioni di risparmio, per il momento accantonata, rimane in agenda e, secondo diversi analisti, potrebbe essere effettuata prima del prossimo stacco dei dividendi. La cancellazione di questa categoria di azioni, già effettuata da diverse società, rende più omogenea la struttura azionaria, aumenta il flottante e porta vantaggi finanziari, sia in occasione della conversione, sia con l’eliminazione dei dividendi privilegiati.

Alla possibile conversione delle risparmio viene collegato il rafforzamento (0,6% in più) della partecipazione di Vivendi, ora al 15,5%, ritenuto da molti un primo passaggio per evitare la diluizione della quota a seguito dell’eventuale conversione delle risparmio. In questo caso, la quota di Vivendi scenderebbe a circa il 10% e, per mantenere l’attuale partecipazione, i francesi dovrebbero arrivare al 20% del capitale societario. Questa mossa viene quindi interpretata come una conferma della intenzione di Vivendi di rimanere socio di riferimento in Telecom.

Come si ricorderà, nella vendita a Telefonica della Gvt, sua filiale brasiliana, Vivendi aveva ottenuto anche l’8,2% delle azioni Telecom, partecipazione poi portata al livello attuale con acquisti di azioni per più di 1,1 miliardi di euro. L’aumento al 20% comporterebbe presumibilmente una cifra di circa 800-900 milioni di euro, non impegnativa per una società ricca di liquidità come Vivendi.

Tra l’altro, alla fine di luglio la società francese ha venduto la sua partecipazione in Telefonica Brasil, esito dell’operazione Gvt, ricevendo in cambio quasi l’1% della capogruppo Telefonica e circa 800 milioni di euro. Una decisione dovuta alle sollecitazioni delle autorità brasiliane, contrarie alla presenza di Vivendi in Telefonica Brasil in concomitanza della sua qualità di socio di riferimento nella controllante della concorrente Tim Brasil.

Questa decisione, che semplifica la situazione in Brasile, conferma la strategia di Vivendi, e del suo azionista di riferimento Vincent Bolloré, di rimanere azionista importante nelle società telefoniche nei Paesi di suo interesse e, pur con meno dell’1%, Vivendi è tra i primi dieci soci della spagnola Telefonica.

Non dovrebbero perciò esservi dubbi sulla permanenza in Telecom e sull’interesse per il mercato italiano di Vivendi, tanto più che Bollorè è socio pesante di Mediobanca, tuttora azionista della società telefonica. Una situazione che si può ritenere positiva per Telecom, finora frenata da un azionista di riferimento, Telco, dominata da un concorrente come Telefonica.

Per il momento l’atteggiamento di Vivendi è cauto, per esempio con la rinuncia a una rappresentanza nella governance del gruppo, lasciando così largo margine all’attuale management. Non è certo però che questa situazione duri a lungo, perché Bolloré è abituato ad avere “in pugno” le sue società, come ha appena dimostrato con le nomine di personaggi di sua fiducia a Canal Plus, portandola così sotto il suo pieno controllo.

Rimangono da affrontare molti problemi, a partire dal futuro di Tim Brasil, e qui si inserisce l’ultima notizia citata all’inizio: il downgrading del Brasile e di tutta la sua economia da parte di S&P, che danneggia diverse società italiane, tra cui Fiat e appunto Telecom. Tim Brasil vale circa il 17% del giro di affari di Telecom e il Brasile è praticamente l’unico Paese importante al di fuori dell’Italia in cui opera Telecom. La crisi brasiliana rende ora ogni decisione più difficile ed è pensabile che sarà comunque condizionata dalla strategia in proposito di Bolloré.

Un altro problema per ora ufficialmente accantonato è la questione dei rapporti con Mediaset, ma anche questo dovrà prima o poi essere affrontato, se non da Telecom con Mediaset nel suo insieme, almeno da Vivendi relativamente a Mediaset Premium, in cui Telefonica è presente con circa l’11%. Telefonica, dopo l’acquisto della quota di Mediaset España in Digital Plus, ha il controllo della maggiore pay-tv spagnola, ma Vivendi, con la sua quota in Telefonica, si ritrova azionista indiretto sia di Digital Plus che di Mediaset Premium.

C’è da aspettarsi che la telenovela Telecom-Mediaset continui. Alle prossime puntate.