Cambiare tutto per non cambiare niente: è l’immediata reazione di fronte alla decisione del Governo di chiudere Equitalia, o meglio, di cancellare il nome e passare la struttura, armi e bagagli, direttamente all’Agenzia delle Entrate. Questa volta Matteo Renzi non ha parlato di risparmi, come per il referendum costituzionale, ma di qualcosa di più profondo: il cambiamento di un modello “inutilmente polemico nei confronti dei cittadini, vessatorio“. Aggiungendo che il nuovo modello sarà “un meccanismo per cui quando non paghi una tassa ti arriva un sms: se mi scordo“. La battuta può essere divertente, ma la realtà appare un po’ più complicata.
Innanzitutto, Equitalia si occupa solo della riscossione di imposte e tasse, non della loro definizione, e dire che la sua chiusura renderà il fisco “più umano” sembra una provocazione più che una battuta. Se i metodi di Equitalia erano troppo vessatori, potevano intervenire in difesa dei contribuenti i suoi azionisti, vale a dire l’Agenzia delle Entrate (51%) e l’Inps (49%). È logico ritenere che all’Agenzia i metodi di riscossione andassero benissimo, anche perché le permettevano di attribuire ad altri la parte del “cattivo”. Perché dovrebbe cambiarli adesso? Chiunque abbia avuto a che fare con l’Agenzia delle Entrate non ha avuto la sensazione di aver a che fare con degli amiconi. Almeno i comuni cittadini senza particolari protettori.
Si potrebbe peraltro sostenere che, con il conglobamento di Equitalia, si ottenga una maggiore efficienza dell’intera struttura, ma di solito queste operazioni comportano anche, se non soprattutto, tagli di personale, mentre qui si parla del trasferimento di tutti gli 8.000 addetti di Equitalia. I problemi finora sollevati sembrano riguardare solo il loro inquadramento, con riferimento alla differenza contrattuale e alle modalità concorsuali della Pubblica amministrazione. L’Agenzia dovrebbe essere tuttavia adusa a questi problemi, visto che nel marzo dell’anno scorso la Corte Costituzionale aveva dichiarato illegittimi centinaia di suoi dirigenti nominati senza concorso.
È da tener presente che, al contempo, si è deciso di riformare la stessa Agenzia delle Entrate, sulla base di rapporti Ocse e del Fondo monetario internazionale, che indicano l’opportunità di dare maggiore autonomia di gestione all’Agenzia, aumentando il controllo strategico da parte del governo. Logica vorrebbe che il problema Equitalia venisse affrontato all’interno di questa più generale riforma, invece di procedere per colpi di annessione di enti, come già successo per l’Agenzia del Territorio, inglobata nel 2012. Tanto più che Equitalia ha terminato proprio questo luglio un laborioso processo, che ha portato dal 2006, anno della sua costituzione, il numero delle agenzie di riscossione da 40 all’attuale unica Equitalia Servizi di Riscossione. Peraltro con l’esclusione della Sicilia, che continuerà a gestirsi per conto suo.
Equitalia verrà formalmente chiusa al 30 giugno 2017, ma il governo le riserva una sorta di “canto del cigno”, una sanatoria che va sotto il nome, molto renziano, di “rottamazione delle cartelle” e che prevede la possibilità di pagare i debiti fiscali in sospeso con un taglio agli interessi e, anche se non è ancora certo, delle sanzioni. Il debito verrà pagato senza sconti, il che fa dire al governo che non si tratta di un condono, tuttavia il risparmio per i contribuenti sarebbe non irrilevante e, secondo un calcolo fatto da Il Sole 24 Ore, potrebbe aggirarsi attorno al 50%. La sanatoria dovrebbe comprendere un’ampia gamma di imposte e tasse, anche locali, con un’entrata stimata a più di 4 miliardi di euro.
I dubbi però permangono, perché è come se per ovviare alle alte tariffe dei treni si cambiasse divisa ai controllori. Evidentemente ogni semplificazione nelle procedure di riscossione non potrà che essere ben accetta, ma non risolve il grande problema italiano rappresentato dall’elevata pressione fiscale. Così come è elevata l’evasione. Facilitata da un’assurda complessità della normativa fiscale, che pone problemi di comprensione non solo a cittadini e imprese, ma anche agli ormai indispensabili commercialisti e talvolta perfino alla stessa Agenzia delle Entrate. Questa confusione e assoluta mancanza della certezza del diritto non pare attribuibile a Equitalia e richiederebbe ben altri interventi da parte del Governo e del Parlamento.
Un’ultima domanda riguarda il comportamento dell’Agenzia delle Entrate se un contribuente rimarrà insensibile ai suoi ripetuti “sms/se mi scordo”. Lascerà perdere per evitare “inutili polemiche” o passerà la pratica agli ex Equitalia, ora suoi dipendenti? E, in questo caso, coerentemente con la suddetta “rottamazione”, si guarderà bene dal chiedere interessi o applicare sanzioni, chiudendo il tutto con una pacca sulla spalla?
Forse sono affetto da pernicioso scetticismo, ma ho l’impressione che tutta la questione sarà solo l’ennesima conferma per Tomasi di Lampedusa e il suo Gattopardo.