Di fronte alla notizia del rifiuto del presidente della Romania di accettare la candidatura a primo ministro di un’economista musulmana ci si potevano aspettare vivaci proteste per una duplice discriminazione: verso la donna e verso la musulmana. Le reazioni sono state invece piuttosto caute, perché la decisione sembra derivare da ragioni prettamente politiche. Dopo un anno di governo tecnico, le recenti elezioni hanno permesso la formazione di un governo di coalizione tra socialdemocratici e liberaldemocratici. La prassi vorrebbe che il leader del partito vincitore delle elezioni, in questo caso il partito socialdemocratico con circa il 45% dei voti, venga designato alla guida del governo. Il presidente della Repubblica, Klaus Iohannis, ha però dichiarato di non poter accettare candidature di condannati e il leader socialista, Liviu Dragnea, è stato condannato a due anni per frode elettorale, anche se per il momento la pena è sospesa.

Si è così arrivati alla candidatura di Sevil Shhaideh, un’economista con limitata esperienza politica, che ha fatto pensare a un governo di fatto di Dragnea sotto la copertura formale della Shhaideh. Vi è poi un’altra ragione che può aver spinto Iohannis a rigettare la candidatura: evitare che le due massime cariche dello Stato fossero attribuite a rappresentanti di due minoranze etnico-religiose, pur presenti nel Paese da secoli. Sevil Shhaideh appartiene a un’esigua minoranza di tatari musulmani emigrati in Romania tre secoli fa, dopo l’invasione russa della Crimea; Klaus Iohannis è luterano e fa parte della minoranza tedesca, più esattamente sassone, della Transilvania, presente nella regione da parecchi secoli. E’ probabile che Iohannis non abbia ritenuto opportuno correre il rischio di pesanti reazioni negative da parte della maggioranza ortodossa.

Altre critiche alla signora Shhaideh sono arrivate per colpa del marito, un siriano che ha ricoperto cariche sotto Bashar Assad, di cui pare essere un fervente sostenitore. Cosa che molti osservatori rumeni non hanno apprezzato e che ha posto qualche dubbio sulla possibilità della signora Shhaideh di presentarsi con la necessaria autorità presso i consessi internazionali.

La Romania è uno degli Stati più poveri dell’Unione Europea e ha bisogno di porre fine alla situazione di instabilità politica degli ultimi anni, con un governo forte guidato da una personalità indiscussa. Come si è visto, non sembra essere questo il caso di Sevil Shhaideh e la Romania rischia una nuova crisi istituzionale. In base alla Costituzione, il presidente della repubblica non può essere costretto ad una nomina che non condivide, ma dopo due tentativi falliti si dovrebbero indire nuove elezioni. Secondo quanto riportato dalla BBC, Liviu Dragnea avrebbe dichiarato di non essere disposto a indicare un altro candidato, come richiesto da Iohannis: se così fosse, la crisi sarebbe inevitabile, con ripercussioni che non si limiterebbero alla sola Romania.

In conclusione, si può pensare che in questo caso l’antifemminismo o l’islamofobia non costituiscano il punto centrale della questione.