C’era una volta il segreto di Stato, violato poi in nome della libertà di informazione da vari “Leaks”; c’era poi una volta il segreto istruttorio, ma anche qui, in nome della libertà di stampa, intercettazioni e altro cominciarono a fluire sui media, sempre secondo obiettivi specifici da raggiungere. C’era una volta il segreto bancario, in cui eccellevano le banche svizzere, ma in nome della lotta all’evasione i conti correnti stanno diventando sempre più dei libri aperti e sarà interessante vedere quali obiettivi saranno realmente perseguiti. L’unico segreto che sembra essere rimasto è quello dei servizi di intelligence, talmente ben custodito da non poter neppure essere condiviso, sia pure in segreto, con soddisfazione dei terroristi a spasso per l’Europa.



Non altrettanto soddisfatti credo siano gli italiani per la notizia che da oggi tutti i dati relativi ai loro conti correnti bancari e postali, carte di credito, cassette di sicurezza e ogni altro strumento finanziario che li riguarda saranno a disposizione dell’Agenzia dell’Entrate per la meritevole lotta all’evasione. L’aggettivo “meritevole” non è sarcastico, è solo dubbioso. Sono convinto che la stragrande maggioranza degli italiani sia contro l’evasione, almeno contro quella degli altri, e sia in favore di misure per contrastarla, ma è lecito un certo scetticismo. Tutti i nostri numerosi governi hanno continuato a introdurre sempre nuovi e “definitivi” strumenti di lotta all’evasione, ciascuno dei quali ha imposto restrizioni a tutti i cittadini, con esiti tutt’altro che definitivi nella lotta all’evasione. Le misure che entrano in vigore oggi risalgono al decreto (cosiddetto) Salva Italia, varato nel lontano 2011 dal governo di Mario Monti.



In quell’occasione, con dichiarazioni dal linguaggio particolarmente “guerresco”, Monti disse che lo scopo era non solo di combattere, ma di “evitare la possibilità stessa dell’evasione”. Questo obiettivo giustifica quindi misure che possono essere lette come un effettivo controllo totale del cittadino e diventa un utile strumento perfino l’inapplicabile giungla delle leggi fiscali, denunciata prima di andare in pensione da Attilio Befera, già direttore dell’Agenzia delle Entrate. In questo modo, finiranno per pagare più imposte anche i contribuenti onesti, ma ciò sembra non porre alcun problema: “Dio riconoscerà i suoi”, per citare la frase attribuita ad Arnaud Amaury durante la crociata contro gli Albigesi.



Secondo un’analisi della Cgia di Mestre, sono 12 i provvedimenti che dovrebbero stroncare definitivamente l’evasione nel nostro Paese, di cui alcuni già in atto, come gli studi di settore o i blitz per controllare l’emissione degli scontrini, come quello famoso nella notte di San Silvestro del 2011 a Cortina. Altri comunque noti, come il “redditometro”, lo “spesometro”, il 117, numero di “pubblica utilità “ della Guardia di Finanza cui denunciare gli illeciti. A tutto questo si aggiunge la stringente regolamentazione dei mezzi di pagamento, quali i limiti all’uso dei contanti, l’obbligo per imprenditori e lavoratori autonomi di dotarsi di Pos, l’incentivazione della fatturazione elettronica, e il “reverse charge”, per cui in fattura l’Iva viene messa e versata dal cliente.

Alcune di queste misure sono già nella natura delle cose, come la progressiva espansione dei pagamenti e della fatturazione elettronici, altre sono già invece sotto accusa, come gli studi di settore, la cui applicazione automatica senza la capacità di analisi delle situazioni reali porta a spesso a premiare i corrotti a scapito dei corretti. Ciò che tuttavia lascia perplessi è la reale possibilità di gestire questa enorme massa di dati in modo razionale, ma soprattutto equo, e non è rassicurante che il tutto venga affidato a un supercomputer, malgrado il suo nome evocativo: Serpico, ispirato all’omonimo poliziotto italo-americano reso famoso dal film con Al Pacino.

Con l’abolizione del segreto bancario, l’Agenzia entra in possesso di una massa enorme di dati che entrano nel vivo dei comportamenti personali, familiari, sociali, di impresa, anche quando irrilevanti sotto il profilo legale e fiscale. L’Agenzia assicura che questi dati verranno trattati con il massimo della riservatezza, promessa che lascia freddi, visto il costante flusso di notizie da stanze ancor più riservate, come quelle dei nostri tribunali. E Serpico potrà anche essere un buon poliziotto, ma quanto resistente alle attività degli hacker?

Vi sono poi altri punti critici, a partire dall’aggravio di costi per i contribuenti derivanti dalle nuove disposizioni, in termini monetari e di tempo, in uno Stato come il nostro già all’avanguardia nell’addossare i propri costi ai cittadini, a fronte di livelli di prestazione piuttosto bassi. Francamente, l’Agenzia delle Entrate non sembrerebbe un’eccezione sotto questo profilo, perché finora non sembra essere stata più efficiente ed efficace del resto dell’apparato, altrimenti la lotta all’evasione sarebbe molto più avanzata.

Tra l’altro, sarebbe il caso di sapere come il governo ha deciso di risolvere il paradossale caso dei 767 dirigenti dell’Agenzia la cui nomina è stata dichiarata illegittima l’anno scorso dalla Corte Costituzionale, con conseguente possibile impugnabilità degli atti che hanno firmato. La Corte di Cassazione ha posto un primo riparo evitando che migliaia di atti venissero annullati, ma la questione è ancora aperta e rappresenta un ulteriore vulnus nei rapporti tra il cittadino e un fisco sempre più autoritario.

La cosa certa è che da oggi ognuno di noi è meno libero e se per chi evade la vita potrà essere, forse, un po’ più difficile, per chi evasore non è questo è un costo puro e semplice da sostenere nella speranza che un giorno, magari, vi sarà un ritorno in una diminuzione delle imposte. Sempre che nel frattempo lo Stato non abbia aumentato i propri fabbisogni finanziari.