L’ampia analisi condotta da Zaccheo su queste pagine pone bene in rilievo come la saga Telecom sia ripartita andando molto più in là delle già complesse vicende del gruppo, disegnando i prodromi di una guerra diretta a coinvolgere l’intero mercato media e telecomunicazioni. L’innesco è rappresentato dal voltafaccia di Vincent Bolloré e della “sua” Vivendi rispetto alla concordata acquisizione di Mediaset Premium, alla quale si vorrebbe sostituire una quota del 20% in Premium e la progressiva acquisizione di un 15% nella capogruppo, in aggiunta al 3,5% proveniente dal precedente contratto. Per di più, le ragioni apportate sono che le perdite di Mediaset Premium sono molto superiori a quelle stimate al momento della stipula dell’accordo. Un vero e proprio siluro che ha suscitato furibonde reazioni da parte dei Berlusconi, che stanno ipotizzando azioni legali e pesanti risarcimenti a carico dei francesi.

Si tratta di una mossa piuttosto strana e che tale è suonata anche nei commenti d’Oltralpe, dato che l’alleanza e, in prospettiva, la fusione con Mediaset è non solo logica dal punto di vista industriale, ma coerente con la strategia finora seguita da Bolloré. Come scrive Zaccheo, Telecom Italia è arrivata a Bollorè come un derivato della sua uscita dalle telecomunicazioni in Brasile e delle sue trattative con Telefonica (che detiene una partecipazione dell’11% in Mediaset Premium). Risulta quindi difficilmente comprensibile la plateale rottura con Mediaset e la decisione di rafforzare la presenza di Telecom sul mercato, cancellando le vendite già delineate delle torri di Inwit e della Tim brasiliana.

Ieri Il Sole 24 Ore ha intervistato Flavio Cattaneo, amministratore delegato di Telecom Italia, o meglio di Tim come si chiama ora (nemesi storica: Tim fu a suo tempo inglobata in Telecom e ora è Telecom “ridotta” ad assumere il nome della conglobata). L’occasione è stata la presentazione dei migliori risultati trimestrali negli ultimi sette anni e il merito è senza dubbio delle ristrutturazioni e della maggiore efficienza ottenute da Cattaneo e di una riacquistata unità nella conduzione del gruppo. Nell’intervista, Cattaneo conferma la ripresa di iniziativa rispetto alla vecchia Telecom, ma non dà molte indicazioni sulle strategie di fondo della nuova Tim, a parte la volontà di essere protagonista nella banda larga.

L’impressione è che sia in atto una guerra di posizione, in cui Tim si sente minacciata da un lato dalla concorrenza diretta delle altre società telefoniche, mentre dall’altro rischia di perdere quella posizione dominante nella rete spesso causa di multe dell’Antitrust. D’ora in poi dovrà fare i conti con un temibile concorrente come Enel, rafforzato dall’acquisizione di Metroweb, la prima con socio di riferimento direttamente lo Stato, la seconda con lo Stato socio di maggioranza, sia pure indirettamente. L’aspetto “governativo” della proposta Enel ha probabilmente dissuaso Fastweb, socio di minoranza in Metroweb, dall’utilizzare il diritto di veto che avrebbe reso impossibile a Enel l’acquisizione. Swisscom ha quindi preferito alleare la sua Fastweb a Tim, rafforzando la sua capacità operativa nella banda larga. Per inciso, è un po’ paradossale che in un Paese in cui è costante la polemica verso il liberismo, si sia riusciti a mettere in concorrenza tra privato e pubblico un’infrastruttura così fondamentale come la banda larga. 

È probabile che Bolloré voglia portare a casa il massimo dei risultati sfruttando la sua attuale posizione di forza, perché, come ancora illustra chiaramente Zaccheo, a Enel servirà del tempo per dispiegare tutta la sua forza in un settore che non è il suo di elezione. Inoltre, Bollorè ha anche altre pedine sul campo, cioè la sua rilevante partecipazione in Mediobanca, con i riflessi sulle operazioni in corso su Mps e i possibili risvolti su Generali. La partita, più che sul mercato, sembra debba giocarsi a livello politico.

Anche nel settore strettamente telefonico la situazione si sta complicando con l’apparizione di un quarto gestore nella telefonia mobile, rendendo così approvabile dall’Ue la fusione tra 3 Italia e Wind. Si tratta della Iliad di Xavier Niel, il quale si è liberato delle opzioni detenute in Tim (che lo avrebbero portato a una quota del 15%) per poter acquistare frequenze e antenne che 3 Italia e Wind devono cedere per rispettare le regole Ue. La partecipazione in Tim era a titolo personale e pare che Niel ci abbia rimesso una cifra non indifferente, ma il quarto gestore sarà la Iliad, di cui Niel ha la maggioranza assoluta, attraverso il suo marchio Free.

Vivendi si dice poco preoccupata da questa nuova entrata, poiché il successo di Free in Francia è dovuto a una politica di prezzi estremamente bassi, ma in Italia c’è già stata la guerra dei prezzi, che sono ora in media più bassi di quelli francesi. Parrebbe quindi difficile per la Free attuare in Italia la stessa politica adottata in Francia, anche tenendo conto delle critiche che la stessa Autorità francese le ha rivolto per la qualità del servizio, più deficitario rispetto alla concorrenza. Non stupiscono perciò le voci su colloqui in corso tra Iliad ed Enel: un’alleanza tra i due sarebbe sotto molti aspetti complementare. Resta da osservare che la partita si chiuderebbe così tra francesi e governo, nella totale assenza di imprenditori italiani.

E Mediaset? Può attendere, come traspare dall’intervista di Cattaneo: in fondo, sono i Berlusconi ad aver bisogno di Bolloré più che viceversa. Come visto, lo scacchiere su cui gioca il finanziere bretone è ampio e non è da escludere che Bolloré guardi con attenzione anche ad altri sommovimenti in corso sul mercato italiano dei media, a partire dalla vicenda Corriere della Sera. Qui un imprenditore italiano, Urbano Cairo, ha lanciato un’Opa di successo, ma sta avendo problemi legali dalla cordata avversaria guidata, guarda caso, da Mediobanca. Come noto, più merce di scambio si ha in mano e migliori sono le possibilità di concludere al meglio la partita.