Telecom Italia la scorsa settimana ha brillato in Borsa, proseguendo nel trend ascendente che ha portato il titolo a un incremento, di circa il 25% rispetto ai minimi dell’inizio di luglio, di gran lunga superiore a quello del listino generale. Gli analisti attribuiscono questo rimbalzo a diverse concause, a partire dalle misure del nuovo management per ridurre i costi e migliorare gli indici di redditività del Gruppo. Accanto alle iniziative del nuovo ad Flavio Cattaneo, viene anche citato quanto riportato dal Financial Times su una prossima regolamentazione più restrittiva da parte dell’Ue degli operatori online come Skype, WhatsApp e Face Time, che favorirebbe gli operatori tradizionali come Telecom.
La minaccia oggettivamente rappresentata da Enel nella banda larga si concretizzerà solo tra un paio d’anni e, come sottolinea per esempio Credit Suisse, sono probabilmente da ridimensionare anche gli effetti negativi della prossima entrata di Iliad. Per il quarto operatore sarà infatti più difficile ripetere sul mercato italiano il successo ottenuto in Francia. La banca svizzera sottolinea tuttavia che Telecom Italia scambia ancora a sconto rispetto alla media del settore e, di conseguenza, le attribuisce un prezzo target di 1 euro, circa un 25% superiore agli attuali valori di Borsa. Un altro elemento positivo è la concreta possibilità che si raggiunga un accordo extragiudiziale con Sky su una revisione contrattuale più favorevole a Telecom prima del giudizio in tribunale previsto per l’inizio di dicembre.
L’impressione è che il fattore principale della rinnovata fiducia nel titolo sia la constatazione che la società sembrerebbe passata dalle congetture ai fatti, con un management che può finalmente contare sulle decisioni di un azionariato di comando stabile, almeno per il momento. La cautela è d’obbligo se si tiene conto della strategia finora seguita dalla Vivendi guidata da Vincent Bolloré, in Francia ma anche in Brasile. Questa strategia tendeva a mantenere quote minoritarie nelle società telefoniche in funzione della attività principale della società, media e contenuti. In quest’ottica era stata data per probabile l’entrata di Vivendi in Mediaset e un ridimensionamento della sua partecipazione in Telecom; si era infatti parlato di una possibile entrata di Orange, l’ex Telecom France, in cui lo Stato francese ha mantenuto una quota importante.
Bolloré sembra invece intenzionato non solo a restare, ma a rilanciare Telecom Italia, come dimostra anche la decisione di non vendere la consociata brasiliana che, anzi, sta rimettendo anch’essa a posto i suoi conti. Come tutta l’economia brasiliana, anche il settore delle telecomunicazioni è decisamente in sofferenza, ma Tim Brasil si trova in condizioni migliori di altri suoi concorrenti, come quella Oi che veniva data per una sua possibile acquirente e che ora è in amministrazione controllata.
L’obiettivo di Bolloré sembra quindi essere, credibilmente, quello di portare a buon punto e al più pesto possibile il risanamento di Telecom Italia, così da poter dar luogo a una delle diverse strategie che si prospetterebbero. Di questa, quella minimale sarebbe rivendere la quota di Vivendi con un buon profitto, riprendendo magari i contatti che gli vengono attribuiti per il passato con Deutsche Telecom e l’americana AT&T, come riportava a marzo il francese Liberation, non andati a buon fine proprio per una questione di prezzo.
Oltralpe si parla ancora di un possibile intervento di Orange e Les Echos cita dichiarazioni del capo di Orange che non esclude uno scambio azionario con Vivendi, in cui includere anche le operazioni italiane, Telecom e Mediaset. Bolloré si è limitato ad accennare agli aspetti senza dubbio positivi di una “alleanza” con Orange. In un’intervista rilasciata allo stesso giornale subito dopo la rottura con Mediaset, Arnaud de Puyfontaine, ad di Vivendi, dopo aver distinto tra i buoni rapporti con i figli di Berlusconi e le “false” dichiarazioni della direzione di Mediaset, ribadisce l’interesse per Mediaset. Aggiunge, tuttavia, che esistono in Italia altri attori con cui portare avanti il progetto di un gruppo mondiale in grado di opporsi agli americani di Netflix. La sensazione è quella di una guerra di comunicati che nasconde trattative a più largo raggio rispetto alla sola Mediaset Premium.
Non a caso una decina di giorni fa, Boursier.com (sito francese di trading) riprendeva un’ipotesi già ventilata su queste pagine: un’alleanza tra Telecom Italia, cioè Vivendi, e Telefonica (in cui i francesi hanno una quota dell’1%). Alla base vi è ancora l’analisi di Natixis, banca d’affari controllata da popolari e casse di risparmio francesi, che pur considerandola un’operazione non a breve termine, ne evidenzia le considerevoli sinergie e potenzialità. Il gruppo che nascerebbe dall’alleanza sarebbe presente in quattro Paesi europei (Francia, Italia, Spagna e Polonia), oltre che in 20 mercati dell’America Latina e 26 dell’Africa.
Bolloré ha quindi di fronte a sé un ampio ventaglio di possibilità, che si aggiunge agli altri tavoli italiani su cui sta giocando, come descritto da Sergio Luciano su queste pagine. Nel suo articolo Luciano osserva, giustamente, che sarebbe ora che il governo battesse qualche colpo; io aggiungo che sarebbe ora che battessero qualche colpo anche gli imprenditori italiani, se ce ne sono ancora.