Sembra che ce l’abbia fatta: l’esito favorevole dell’Opas lanciata su Rcs ha consegnato il gruppo editoriale nelle mani della Cairo Communication. Dico sembra, perché se il Tar ha rigettato il ricorso contro il via libera della Consob presentato della cordata guidata da Mediobanca, è tuttora pendente un ricorso presso la magistratura per aggiotaggio. Comunque, Urbano Cairo procede spedito e nel consiglio d’amministrazione tenutosi lo scorso mercoledì ha assunto la carica di presidente e di amministratore delegato, sostituendo rispettivamente Maurizio Costa, già ad di Mondadori, e Laura Cioli (liquidata con 3,7 milioni di euro), entrati in carica solo lo scorso anno. Contemporaneamente si è dimesso anche il consigliere Gerardo Bragiotti, banchiere d’affari che ha lavorato a lungo in Mediobanca. Insomma, la vecchia guardia sostenuta da Mediobanca lascia il campo alla nuova, sponsorizzata dalla Banca Intesa di Giovanni Bazoli, per anni custode del “salotto buono” del capitalismo italiano, almeno di quello definito ” di relazioni ma senza capitali”. 

Se questo esito viene mantenuto, si può considerare una vittoria del mestiere sulla finanza. Infatti, Caio è un editore, la sua Cairo Communication edita una serie di riviste, tra cui quelle prestigiose rilevate dalla Giorgio Mondadori, è proprietaria di una rete televisiva nazionale, La 7, e gestisce anche una concessionaria pubblicitaria. La cordata avversaria, accanto a Mediobanca, comprendeva Andrea Bonomi, investitore finanziario di successo, e un gruppo di imprenditori che di mestiere fanno tutt’altro. 

La battaglia si è combattuta attorno al Corriere della Sera (e alla Gazzetta dello Sport), essendo Rcs Libri passata a Mondadori già nel marzo di quest’anno, e ha portato in luce, oltre allo scontro tra Mediobanca e Banca Intesa, l’abbandono di un altro socio storico di Via Solferino, gli Agnelli. All’inizio dello stesso marzo, Fca annunciava la decisione di fondere Itedi, la società editrice de La Stampa e del Secolo XIX, con il Gruppo Espresso, dando luogo a un conglomerato in grado di controllare il 20% del mercato italiano. Di conseguenza, nello scorso maggio Fca ha distribuito tra i suoi azionisti la quota di maggioranza relativa detenuta da Fiat in Rcs, uscendo così dal Corriere della Sera.

Un soluzione imprevedibile solo un paio di anni fa, quando era in primo piano l’ipotesi di una fusione Corsera-Stampa sotto l’egida degli Agnelli; ora invece, gli Agnelli consegnano Itedi a De Benedetti, che diventa l’azionista di controllo del nuovo gruppo. Questa strategia sembra in linea con quanto chiesto sin dall’inizio da Marchionne, che Fiat si concentrasse sul suo settore tipico, senza spendere soldi ed energie in un settore “altro” come l’editoria. In linea, peraltro, con quello che appare un progressivo distacco degli Agnelli dall’Italia, da cui probabilmente pensano di aver ottenuto tutto quanto potevano, qualcuno potrebbe dire dopo aver spremuto quanto potevano. 

Si deduce anche che “la Famiglia” non abbia più tanta fiducia nel suo Paese natale, come dimostra la decisione di trasferire in Olanda la sede fiscale della sua finanziaria e dell’accomandita di famiglia, nella sostanziale indifferenza del nostro governo. I casi di trasferimento fiscale in Belgio di Gérard Depardieu e di François Pinault, così come le società di comodo dell’altro magnate francese del lusso, Bernard Arnault, avevano suscitato reazioni ben più ampie in Francia.

Ciò che rimane agli atti è che non possiamo più parlare di “Corrierone” e di “salotto buono”: il Corriere della Sera ritorna a essere un prestigioso quotidiano italiano che deve competere in un mercato sempre più aggressivo. Urbano Cairo ha già dimostrato di saper affrontare questo mercato e c’è da augurarsi che riesca a farlo anche in questa occasione. Attualmente sembra essere questo il giudizio di Piazza Affari, che si sta forse facendo strada anche nella cordata che ha perso la gara, almeno a giudicare da una dichiarazione di Alberto Nagel, che ha dichiarato di voler mantenere la quota in Rcs fino al recupero in Borsa del valore di carico. Mediobanca ha le azioni Rcs in carico a 1,2 euro, una quotazione che, malgrado il violento rialzo di venerdì, rimane ancora distante. A meno che conti su un qualche evento straordinario, anche Mediobanca pensa quindi che la nuova gestione possa riportare le quotazioni di Rcs ai livelli di due anni fa. D’altronde, perfino il più deciso contestatore dell’esito dell’Opas, Diego Della Valle, l’imprenditore marchigiano noto per le Tod’s, ha dichiarato di voler mantenere la sua quota del 7,3%. 

Forse si può considerare chiusa, almeno per il momento, questa fase di quella che si presenta come una sorta di “guerra di successione” nel mercato editoriale e media italiano. Con un occhio particolare a un altro scontro già in atto, quello attorno a Mediaset Premium.