Le esportazioni di gas dall’Italia all’Europa dall’inizio del 2022 sono state un multiplo della media degli ultimi vent’anni. La solidarietà energetica europea, che negli ultimi giorni è entrata prepotentemente nel discorso pubblico, per l’Italia significa cedere gas a Germania e Austria. In questi stessi giorni si cominciano a fare i conti di quello che potrebbe comportare uno stop completo dei flussi di gas dalla Russia sia in termini di impatto sulle famiglie che sulle imprese. L’altro ieri si è fatta strada l’ipotesi di mettere in atto risparmi da subito, nella stagione estiva, mentre l’ottica attuale è tutta tesa all’autunno mentre si cerca di passare e far passare un’estate normale.
I “risparmi” potrebbero avere un doppio risvolto sulla qualità della vita dei cittadini che devono stare in casa con il maglione e le calze di lana e sul sistema produttivo. In questo secondo caso si tratta sia del costo dell’elettricità che impatta negativamente sulla competitività, sia sul fermo degli impianti per risparmiare. È una mazzata che avrà impatti occupazionali pesanti. La solidarietà monetaria europea non ha lo stesso impatto politico ed economico. Nell’euro debole si sono trovati bene anche i tedeschi, lo spread è ancora vivo e vegeto e dal punto di vista politico la liquidità facile non ha avuto particolari conseguenze.
Oggi la solidarietà europea tocca la carne viva della società e dell’economia. Possiamo chiederci se sia meglio avere il debito su Pil al 150% ma avere gas abbondante e, magari economico, o avere il debito su Pil al 75% e non avere il gas e magari chiudere le imprese. La situazione è ovviamente più complicata di così, ma il senso rimane. Stati con valute in caduta libera da molti trimestri sopravvivono grazie alla loro sicurezza energetica, mentre ci sono Stati con valute fortissime che andrebbero in crisi se dovessero mancare gas e elettricità; piuttosto che grano o fertilizzanti.
Dal punto di vista dell’Italia si tratta di chiedere ai propri cittadini di patire un po’ di freddo che non avrebbero dovuto patire e subire un po’ di disoccupazione che non avrebbero dovuto subire per aiutare chi è messo peggio come la Germania. L’Italia può contare su quello che rimane di quella che era una politica lungimirante con i Paesi del Mediterraneo. La Germania molto meno. C’è una questione di quanto far pesare questa solidarietà all’interno dell’Europa senza svendere gli interessi nazionali. La solidarietà finanziaria e fiscale è stata fatta pagare. L’Italia, e altri Paesi periferici, nel 2012 hanno subito una recessione pesante che non si sarebbe manifestata se la solidarietà fosse stata più immediata. Il whatever it takes di Draghi è arrivato dopo quasi un anno di spread che aveva devastato i titoli di stato italiano e dopo un’austerity che ha ucciso la domanda interna senza risolvere niente né dal punto di vista strutturale, né finanziario. Il debito su Pil italiano ha fatto peggio durante l’austerity dei Paesi europei che non l’avevano fatta. Questa solidarietà, sempre ammesso che sia opportuna, non può essere svenduta.
C’è un altro aspetto: l’Italia fa un investimento politico sull’Europa ingente. Se l’Europa non si rivela per quello che si spera e se questa solidarietà viene scambiata male ad andarci di mezzo non sono solo le temperature delle case degli italiani o le loro imprese, ma anche la narrazione che è stata venduta agli italiani. E c’è di che dubitare dopo quello che si è visto nella primavera del 2020. La crisi energetica finora è stato un argomento per giornali, analisti e osservatori ma l’impatto, non è ancora stato percepito in tutta la sua portata. Fino a dieci giorni fa si potevano leggere titoli sulle “imprese che mandano in vacanza anticipata i dipendenti” per via dei costi energetici. Una prospettiva che “vende” il problema come temporaneo.
L’indipendenza energetica, diretta o indiretta, in questa fase geopolitica non ha prezzo; l’Italia ha fatto il miracolo economico con la “liretta” perché aveva le mani su gas e petrolio. A parti inverse, lira forte ma niente idrocarburi, probabilmente il miracolo non ci sarebbe stato. L’investimento politico che l’Italia ha deciso di fare sull’Europa o che si trova a fare è colossale. Fa specie che in questo quadro, mentre si riaprono le centrali a carbone e la Germania tiene aperto il nucleare, l’Italia continua a rifiutarsi di attuare un piano di sviluppo di gas “nazionale”. Sembra quasi che l’Italia non voglia essere in nessun modo “sovrana”. Nel 2022 con la guerra in corso con il principale esportatore di materie prime mondiale è inspiegabile.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.