Poco tempo fa ho riguardato una serie di Hbo uscita nel 2019, “Chernobyl”, il cui prologo è questa frase: “Quando si mente troppo spesso, non è possibile riconoscere la tragedia”.
Il volontario straniamento dal proprio io, l’assenza del soggetto, rendono il popolo russo una vittima indifesa della ben organizzata macchina della propaganda. Ne sono diventati protagonisti i giornalisti e i gestori dei canali televisivi federali, già noti nei liberi anni 90. Il loro approccio alla vita è fatto di cinismo e di compensi incredibilmente alti perfino per gli standard europei.
La propaganda russa ha compiuto un salto tecnologico notevole nell’organizzazione di questo processo. Con l’aiuto di continui dibattiti televisivi e di programmi di pseudo-analisi riesce non solo a manipolare o a passare sotto silenzio i fatti, o a fornire aperte menzogne su questi fatti. Osserviamo un processo incredibile di creazione di una “realtà mediatica” alternativa, nella quale le iniziali basi ideologiche menzognere acquistano una propria logica interna.
Come esempio, riportiamo i commenti dei media russi federali del 1° dicembre di quest’anno: “In tutto il territorio ucraino conquistato dal regime di Kiev è stato dichiarato l’allarme antiaereo”. E perfino una persona di ampie vedute, un intellettuale, comincia a dubitare della correttezza delle proprie conoscenze iniziali sulla realtà e sui princìpi morali. “Non tutto è così chiaro”, sento dire spesso dai miei conoscenti che sono rimasti in Russia, e si tratta di una classe media solida, di persone con un alto grado di istruzione. Con loro spesso accade di condurre discussioni estenuanti, mettendoli a volte con le spalle al muro con la domanda: “Chi ha attaccato chi? Chi è l’aggressore, chi è la vittima?” e solo in rari casi si riesce a ottenere una risposta.
Di norma, la loro via d’uscita è la seguente presa di posizione: se non avessimo attaccato per primi, ci avrebbero attaccato loro. Questo punto di vista – debolissimo – in realtà non è il prodotto di un processo di pensiero della persona, ma il risultato di un’assenza di attenzione che si trasforma in apatia. Chiamo questa condizione dei miei amici e conoscenti “lo strano sonno”.
Le società che conducevano indagini sull’opinione pubblica, che sono state praticamente eliminate poco dopo i media indipendenti, non possono più darci un quadro sociologico complessivo dello stato d’animo della gente. Tuttavia, considerando i sondaggi delle società governative del settore, nonostante l’altissimo sostegno immutato alla guerra in Ucraina (74%), ha cominciato a crescere la percentuale di chi è favorevole ai colloqui di pace, che in poco tempo è quasi raddoppiata (a giugno era il 32%, a novembre il 55%). Molto dipende anche da come viene formulata la domanda. Se si chiede “Sostenete le attività delle forze armate russe in Ucraina?”, le risposte sono al 74% positive (42% sì e 32% abbastanza). Se però la domanda viene formulata altrimenti: “È opportuno continuare le attività dell’esercito / è opportuno avviare i colloqui di pace?”, le risposte – come si evince dai dati riportati sopra – evidenziano una realtà molto diversa.
Anche se prigioniera nella trappola della realtà alternativa, la gente non riesce a rassegnarsi alla propria posizione di vittima senza speranza, e penso che presto cominceremo a registrare, nella società russa, una crescita importante di persone contrarie alla guerra.
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