A Roma la stagione di balletto del Teatro dell’Opera viene inaugurata la sera di San Silvestro con una recita, fuori abbonamento, de “Il Lago dei Cigni”, uno dei capolavori di Petr Ilic Ciajkovskij, è nonché uno dei balletti più rappresentati nella capitale, nonostante sia arrivato relativamente tardi sul palcoscenico della Capitale. Se ne contano una trentina di messe in scena (ciascuna con 6-10 repliche). Benjamin Pech, già étoile dell’Opéra di Parigi e Assistente alla Direzione del Ballo del Teatro dell’Opera di Roma, dopo aver creato diverse coreografie si confronta con il riallestimento coreografico del balletto icona della tradizione classica. Il Lago dei Cigni è uno dei titoli più famosi e amati, una fiaba romantica percorsa dall’eterno conflitto tra Bene e Male che ancora oggi, con il suo intenso simbolismo, continua ad affascinare gli spettatori di tutto il mondo.
La lunga genesi del balletto inizia nel 1868, quando Pëtr Il’ič Čajkovskij durante un viaggio sul Reno in compagnia di Vladimir Petrovic Begičev – sovrintendente dei Teatri Imperiali di Mosca nonché futuro librettista de Il lago dei cigni – matura l’idea di un soggetto ispirato ai miti della donna-cigno. Nel 1875 poi il Teatro Bol’šoj di Mosca commissiona al compositore russo la partitura per un grande balletto di fantasia, così Il Lago dei Cigni va in scena per la prima volta il 20 febbraio 1877 con la coreografia di Julius Wenzel Reisinger, senza tuttavia ottenere successo. Il balletto viene ripreso negli anni Ottanta, prima di approdare nelle mani di Marius Petipa, che già aveva collaborato con Čajkovskij per La bella addormentata (1890). Il grande coreografo definisce uno schema generale e ne affida la realizzazione al suo assistente Lev Ivanovič Ivanov, che firma la coreografia del secondo atto messo in scena il 17 febbraio 1894, poco dopo la scomparsa del compositore nel novembre 1893.



Arriva quindi la decisione di rappresentare il balletto per intero: Petipa riesamina il soggetto e compone la coreografia del primo e di quasi tutto il terzo atto, mentre il resto è lasciato a Ivanov. La versione del balletto definitiva di Petipa e Ivanov, quella a cui attingono la maggior parte degli allestimenti successivi, trionfa il 27 gennaio 1895 al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, con l’italiana Pierina Legnani nel ruolo della protagonista.



Benjamin Pech rimanendo in gran parte fedele al libretto immaginato da Petipa, rielabora la drammaturgia dando vita alla sua versione: “Il mago Von Rothbart che trasforma la principessa in cigno, non c’è nella mia versione. È Benno, l’insospettabile amico del Principe Siegfried, a incarnare questo ruolo malefico. Benno, geloso e avido di potere, cela le sue reali intenzioni, dissimula e finge bene. Manipola il Principe per tutto il balletto e solo alla fine del terzo atto rivela la sua vera natura, quando l’inganno è ormai compiuto. Siegfried credendo di ritrovare Odette nei panni dell’ingannevole Odile, le promette amore eterno. Il tradimento diventa il tema centrale di questa mia versione: si compie ad opera di Benno nei confronti del Principe, e del Principe nei confronti di Odette pur senza volerlo, ma alla fine il potere dell’amicizia prevale su tutto”.



Composto tra il 1875 e il 1876 – ossia nel pieno della crisi di identità sessuale di Petr Ilic e di suo fratello Modest –, debuttò a Mosca nel 1877 senza ottenere il successo sperato, che gli arrise invece, grazie anche alla nuova coreografia di Marius Petipa, nel 1892 a San Pietroburgo, dopo gli esiti trionfali dei due balletti successivi, “La Bella Addormentata nel Bosco” e “Lo Schiaccianoci”. Al Teatro dell’Opera arrivò nel 1937, nella versione di Boris Romanov che vi impiegò Attilia Radice e Anatolij Obuchov. La coreografia del successo originale di Marius Petipa e Lev Ivanov fu proposta dal London’s Festival Ballet nel 1960 e otto anni prima il New York City Ballet aveva eseguito quella del suo coreografo di punta George Balanchine. Le Terme di Caracalla ospitarono il balletto per la prima volta nel 1980 con Diana Ferrara e Paolo Bortoluzzi come protagonisti della versione di Jurij Grigorovic, versione già offerta al pubblico romano dal Corpo di Ballo del Teatro Bolscioi nel 1970. La stessa ambientazione estiva accolse Rudolf Nureyev nei panni del principe Siegfried nel 1984. Complessivamente circa 100 rappresentazioni tra la principale sede invernale (il Teatro Costanzi) e quella estiva (le Terme di Caracalla). Forse solo il Bolscioi di Mosca e il Marrinskij di San Pietroburgo ne hanno avuto un numero maggiore.

La stagione 2019-20 del Teatro dell’Opera comprende altri quattro titoli: uno spettacolo con tre titoli di Jerome Robbins (Glass Piece, In the Night, Concert), il Corsaro di Byron con le musiche di Riccardo Drigo, Léo Delibes, e Adolphe-Charles Adams, Suite en Blanc di Lalo, Čajkovskij e Ravel e Notre-Dame de Paris di Jarre con la coreografia di Roland Petit.

La coreutica ha un folto seguito a Roma. Oltre al Teatro dell’Opera, che è la stella polare, ci sono altri due teatri specializzati.