“Real dairy. No cows”. È lo slogan che campeggia sul sito della Remilk, la start up israeliana che promette di fare “veri” latte e formaggi senza l’aiuto delle mucche, nuovo simbolo dell’attacco alle stalle italiane e all’intero Made in Italy a tavola portato dalle multinazionali del cibo. Un’aggressione che, dietro belle parole come “salviamo il pianeta” e “sostenibilità, nasconde l’obiettivo di arrivare a produrre alimenti facendo progressivamente a meno degli animali, dei campi coltivati, degli agricoltori stessi.
“Creare un vero caseificio con zero mucche suona come una scienza futuristica – si legge non a caso sul sito internet dell’azienda israeliana -, ma il metodo che utilizziamo per realizzare questa magia è in realtà piuttosto antico! Abbiamo chiesto al nostro team di scienziati eccezionali e guidati dalla missione di semplificarlo per noi ed eccola qui, la guida per principianti per produrre veri latticini, senza bisogno di mucche!”.
Il “latte senza mucche” è un prodotto artificiale che, secondo quanto afferma la Remilk, nasce copiando il gene responsabile della produzione delle proteine del latte nelle mucche e inserendolo nel lievito. Questo viene messo in dei fermentatori per produrre delle proteine del latte a cui verranno aggiunte in laboratorio vitamine, minerali, grassi e zuccheri non animali.
L’azienda è pronta ad aprire in Danimarca una grande fabbrica dove produrre il finto latte e avviare l’invasione dei mercati europei, una volta ottenuto il via libera alla commercializzazione. Il nodo è capire come l’Unione europea potrebbe accogliere la novità. In passato la Corte di Giustizia Ue si è pronunciata chiaramente contro l’utilizzo del termine “latte” per le bevande vegetali (ad esempio il latte di soia), ma le sempre più aggressive politiche di marketing adottate dalle multinazionali e l’attività di lobby all’interno delle istituzioni rischiano di sfondare e aprire la strada a filiere “dal laboratorio alla tavola” dove a rimetterci in salute e reddito saranno i cittadini, a tutto vantaggio dei miliardari “filantropi” che sempre più numerosi foraggiano il cibo artificiale.
Gli investimenti nel campo della biologia sintetica stanno crescendo molto negli ultimi anni e i nomi più impegnati sono soprattutto noti per essere protagonisti del settore hi-tech e della nuova finanza mondiale, da Bill Gates (fondatore di Microsoft) a Eric Schmidt (cofondatore di Google), da Peter Thiel (co-fondatore di PayPal) a Marc Andreessen (fondatore di Netscape), da Jerry Yang (co-fondatore di Yahoo!) a Vinod Khosla (Sun Microsystems).
L’esempio più lampante è quello della carne artificiale dove solo nel 2020 sono stati investiti 366 milioni di dollari, con una crescita del 6000% in 5 anni. Coldiretti, assieme a Filiera Italia, ha smontato una dietro l’altra le bugie che ci celano la presunta bistecca green, che in realtà non salva gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche, non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare, non è accessibile a tutti poiché per farla serve un bioreattore e non è neppure carne ma un prodotto sintetico e ingegnerizzato.
Ma per combattere la guerra del cibo di laboratorio occorre anche la collaborazione del più prezioso alleato degli agricoltori: il consumatore, con la sua sensibilità per le cose buone e il suo palato. Quanti più italiani continueranno a mangiare il vero prodotto Made in Italy coltivato nei nostri campi e a frequentare i mercati contadini, tanto più grandi saranno le chance di vincere questa battaglia. L’alternativa è un futuro dove i menu saranno preparati nei laboratori chimici e le mucche le vedremo solo allo zoo. Non possiamo e non dobbiamo permetterlo.
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