Il Long Covid rimane oggi uno dei più complicati misteri per la medicina e la scienza mondiale. Sono, infatti, passati esattamente 4 anni (e un giorno) da quando l’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a reti riunite annunciava che “non ci sarà più zona rossa, zona 1 o zona 2, ma solo l’Italia, zona protetta”, dando il via al lockdown che avrebbe, da lì ad almeno il 16 maggio (quando venne eliminata l’autocertificazione), costretto gli italiani a casa.
Del Covid in quattro se n’è parlato e riparlato, mentre dopo un’iniziale focus attento su quello chiamato “Long” l’attenzione si è leggermente persa, forte anche dei vaccini, delle riaperture e della ripresa della vita ‘normale’. La versione lunga del Coronavirus pandemico, chiamata dall’Oms “post Covid-19 condition“, è rimasta dunque un mistero, taciuto ma costantemente al centro delle indagini mediche e scientifiche. Solo recentemente, infatti, sulla rivista Science è comparso un articolo di revisione degli studi attualmente fatti in merito, chiamato evocativamente “risolvere il puzzle del Long Covid“. Alcune cose sulla versione lunga del Coronavirus, sono state scoperte, ma rimangono da sciogliere i nodi principali, ovvero quale sia la sua causa e, soprattutto, come riconoscerlo e curarlo.
Cosa sappiamo sul Long Covid
Insomma, partendo dalle cose note sul Long Covid spicca sicuramente la durata. Perché sia tale, infatti, la condizione deve perdurare per almeno 12 settimane dal termine della fase acuta dalla malattia, con alcuni pazienti che guariscono prima o entro quella finestra ed altri che avvertono ancora a distanza di anni alcuni sintomi. Si stima che circa il 50% degli infettati potrebbe averlo sperimentato, anche se stime più precise parlano di un 10/20%.
Il Long Covid, inoltre, può colpire chiunque, dai bambini agli anziani, con una prevalenza per i non vaccinati, chi ha sofferto dell’infezione grave, le donne, i pazienti obesi e chi soffre di altre patologie. Qui, tuttavia, finiscono le certezze, perché già andando a vedere quali sono i sintomi principali, inizia la confusione. L’ISS per ora ha identificato più di 200 sintomi plausibili (in Italia soprattutto stanchezza cronica, dispnea, disturbi del sonno e della memoria, dolori articolari e difficoltà di concentrazione) ma è chiaro che variano molto in base alla variante del Coronavirus contratta, con episodi più gravi e acuti legati alle prime fasi del virus. Qui sta la difficoltà del Long Covid, nell’impossibilità di riconoscerlo immediatamente. Non esiste, infatti, un test diagnostico attendibile, mentre l’estrema varietà di sintomi può facilmente ingannare i medici. Similmente, non essendoci una causa riconosciuta, non esiste neppure una cura possibile ed unica, al punto che da quattro anni si lavora soprattutto sui singoli sintomi, per alleviare le fatiche del paziente.