Alla fine l’aumento di capitale di cui si speculava da mesi è arrivato e gli investitori hanno assistito allo spettacolo inaudito dell’ex banchiere più importante d’Italia che ammetteva di essersi sbagliato e annunciava un intervento per rafforzare il capitale di Unicredit da sei miliardi di euro.
La conference call che l’ad Profumo ha tenuto per presentare al mercato l’aumento di capitale si è svolta ieri mattina alla vigilia di una seduta da incubo con i mercati europei scesi con cali record (Milano -8,24%).
La notizia del giorno ha smesso di essere tale quando gli operatori si sono resi conto che le difficoltà di una delle principali banche commerciali europee erano solo una minima parte dei problemi che i mercati finanziari stavano affrontando.
La vicenda di Unicredit è comunque emblematica di ciò che è accaduto negli ultimi mesi. Quando Profumo, che ha fatto un piano industriale nuovo di zecca appena qualche mese fa, sostiene che quello che si è visto sui mercati finanziari nell’ultimo mese era impensabile afferma una verità assolutamente condivisibile. Era noto da mesi che Unicredit avesse i requisiti patrimoniali tirati, erano note le azioni che la banca avrebbe intrapreso per rafforzarli e le stime date erano assolutamente ragionevoli e di buon senso alla luce di uno scenario finanziario che si sapeva difficile,ma non si credeva drammatico fino a quanto stiamo vedendo ora.
Persino le attuali condizioni di mercato avrebbero permesso alla banca di arrivare a fine anno senza patemi esagerati, affrontando serenamente il 2009 con una riduzione drastica del dividendo. Invece all’inizio della settimana il titolo in assenza di notizie ufficiali ha perso in due giorni più del 20%.
Non si sa con certezza cosa abbia causato un calo di questa portata anche se raramente sul mercato si è avuto un tale consenso sull’indicazione dei colpevoli, (hedge funds londinesi che speculavano sul ribasso alla ricerca di una rivincita a tutti i costi), fatto sta che alla fine della settimana Unicredit ha dovuto fare l’aumento di capitale veramente.
L’aumento è positivo e benvenuto per almeno due ragioni. Oltre a mettere la banca in una situazione di maggiore tranquillità, anche nell’affrontare eventuali difficoltà future, aiuta i risparmiatori a recuperare quella fiducia fondamentale nella solidità della banca stessa. Vale sempre l’assunto che anche l’istituto più prudente e solido non potrebbe far fronte al ritiro massiccio dei depositi a vista. Per questo l’obiettivo prioritario era ricostituire a tutti i costi la fiducia intorno a Unicredit. In questo senso vanno lette le dichiarazioni di Berlusconi e l’intervento di Profumo al tg1 delle otto, così come l’operazione annunciata domenica sera.
È questa vicenda che bisogna avere in mente per comprendere quello che accade sui mercati. I volumi che vengono scambiati in borsa sono molto bassi e già da tempo le valutazioni espresse dal mercato hanno perso gran parte della propria affidabilità. I cali a due cifre così come le sospensioni al ribasso hanno importanza del tutto relativa di fronte all’insicurezza che si sta facendo strada tra le famiglie e i consumatori.
Le foto dei trader con le mani nei capelli, i titoli in prima pagina in cui si parla di tracolli e futuri e probabili fallimenti non sono certo la causa di questa crisi, ma fanno tutta la differenza possibile tra una crisi grave ma gestibile e il tracollo generale. Quando la casalinga si preoccupa del conto messo in una solida banca italiana o di una obbligazione emessa da una popolare, allora si aprono scenari che non si possono risolvere con iniezioni di liquidità delle banche centrali.
Le istituzioni finanziarie non si fidano l’una dell’altra e la situazione si è ripercossa pesantemente sul mercato interbancario. Ma questa malattia è curabile con un taglio dei tassi, con l’acquisizione delle banche più deboli, con aumenti di capitale. Invece il dilagare della sfiducia e i dubbi su quelle che dovrebbero essere le certezze basilari (i soldi in banca) sono una malattia ben più difficile da curare.
Non è possibile illudersi che ci siano provvedimenti miracolosi o ricette dall’effetto immediato. Mai come ora occorre rimettere l’attenzione (sarebbe meglio anche quella mediatica) non sulla finanza malata che si sta avvitando su se stessa, ma sulle imprese che lavorano e producono e mettere in grado i soggetti economici e sociali più vivi di fare meglio e di più quello che già fanno.
La riscossa non può partire da una finanza stremata e in crisi di fiducia. Il sistema finanziario, messo in condizione di sopravvivere allo shock, può solo contribuire, insieme a interventi pubblici finalmente sensati, a fare in modo che l’economia reale sia aiutata a uscire da questo incubo rafforzata e il più in fretta possibile. Se si preserva e aiuta l’economia reale e le famiglie, tutto il resto, compresa la guarigione morale ed economica della finanza, verrà di conseguenza.