Ll rialzo violento delle borse di lunedì è un’ulteriore prova di quanto i mercati siano ancora nel pieno della crisi finanziaria e solo il fatto che si paventasse la possibilità del fallimento della principale banca mondiale (Citigroup) dà un’indicazione inequivocabile sullo stato di tensione e di paura che regna ancora oggi tra gli investitori.
L’annuncio di un robusto e deciso piano per evitare il tracollo del colosso bancario americano ha fatto venir meno uno degli scenari peggiori che si potessero manifestare scatenando rialzi impensabili in una situazione normale; il rialzo a doppia cifra di Eni non è infatti un segnale di minore isteria rispetto ai cali drammatici che si sono visti negli ultimi mesi.
In questa fase non è lecito abbandonarsi a illusioni su una veloce uscita dalla crisi e gli annunci dei drastici piani di riduzione degli investimenti delle imprese e di riduzione dei costi, con conseguenti tagli occupazionali, danno un’immediata percezione del difficile contesto economico che si dovrà affrontare nei prossimi mesi.
Almeno due fattori positivi stanno però agendo nel mitigare gli effetti della crisi e per quanto siano una sua conseguenza consentono una boccata d’ossigeno a famiglie e imprese.
Il prezzo del petrolio si è ridotto di due terzi negli ultimi mesi, mentre i tassi di interesse stanno calando in modo molto sensibile dopo le iniziative prese dalla Bce per contrastare la crisi economica. Le due dinamiche non sono prive di conseguenze e per questo è utile capire chi beneficerà dei cali e per quanto tempo continueranno a seguire l’andamento attuale.
La crisi economica ha messo fine al rincaro di materie prime e dei prezzi dei beni di consumo cui abbiamo assistito ancora per tutto il primo semestre del 2008; il rischio inflazione ha smesso di costituire una minaccia lasciando il passo a uno scenario in cui in molti settori si assisterà a una gelata dei prezzi se non addirittura a una loro diminuzione. La ragione principale di tale calo si può rintracciare nel crollo della propensione al consumo delle famiglie e nella difficoltà di molte imprese che si vedono costrette a ridurre produzione e costi (anche del personale).
Uno scenario economico debole, inevitabile per i prossimi mesi, dovrebbe indurre l’autorità monetaria ad abbassare i tassi per stimolare l’economia, considerato l’ormai nullo rischio inflazionistico. Chiunque abbia un mutuo o un debito a tasso variabile già nell’ultimo trimestre dovrebbe vedere benefici sulla rata, mentre il 2009 dovrebbe offrire condizioni più favorevoli del 2008.
La minore propensione al credito da parte delle banche e l’aumento del margine sul costo dei nuovi prestiti concessi stanno invece riducendo di molto l’impatto delle riduzioni decise dalla Bce e in questo momento ottenere nuovi prestiti sta diventando particolarmente difficile e oneroso.
Imporre un atteggiamento diverso a livello governativo sembra decisamente difficile nelle condizioni attuali e nemmeno un aiuto statale alle banche potrebbe probabilmente indurle a mutare le proprie politiche di concessione del credito.
Oltre ai tassi di interesse, la recessione economica ha determinato una discesa repentina del prezzo del petrolio, a causa del calo della domanda che il rallentamento in atto sta comportando.
Fare previsioni sull’andamento di questa materia prima risulta estremamente difficile, ma esiste più di una ragione per ritenere che la discesa non possa andare molto oltre e che nel 2009 si possano vedere rialzi rispetto ai livelli attuali.
L’incremento cui abbiamo assistito è stato causato sia dall’espansione delle economie emergenti affamate di petrolio e materie prime, sia da anni di mancati investimenti a causa di un prezzo particolarmente basso. Per quanto possano rallentare non è ipotizzabile che le economie emergenti tornino al livello di non sviluppo di qualche anno fa, mentre è largamente diffusa la tesi che per mantenere il livello di produzione di petrolio attuale occorra aumentare di molto gli investimenti.
Proprio negli ultimissimi giorni si sono invece letti annunci di revisione dei piani di sviluppo di nuovi pozzi che il prezzo attuale non rende più conveniente. I mancati investimenti stanno quindi ponendo le basi per futuri rialzi, rendendo più che mai attuali politiche energetiche efficaci che diminuiscano la dipendenza dall’oro nero. In questo caso i mancati investimenti di oggi presenteranno il conto con gli interessi nei prossimi anni, se non si trovano soluzioni alternative per tempo. Intanto nell’attesa che finiscano le notizie negative ci godiamo quelle poche buone di cui nessuno parla.