L’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti è arrivata in un periodo di relativa tranquillità per i mercati finanziari che, dopo il salvataggio di molte banche europee e americane e i tagli dei tassi delle autorità monetarie, hanno smesso per ora di perdere ai ritmi insostenibili delle scorse settimane.

Nessuno si fa illusioni sul futuro di breve periodo dei mercati finanziari e dell’“economia reale” e le recentissime performance di borsa hanno tutte le caratteristiche dei “bear market rally” tanto violenti nei rialzi quanto brevi e pericolosi per chi corre avventatamente ad acquistare.

In ogni caso l’elezione del nuovo presidente, qualunque fosse stata la scelta, era attesa dai mercati finanziari sia come importante punto di svolta rispetto a un presidente ai minimi storici di popolarità e oggettivamente limitato dall’imminente scadenza del mandato, sia come prima certezza per poter azzardare qualche previsione sull’evoluzione della crisi attuale.

Come è ormai assodato le elezioni americane sono state profondamente influenzate dalla crisi finanziaria che sta duramente colpendo il ceto medio americano; entrambi i candidati concordavano su un rafforzamento dei requisiti patrimoniali per le banche d’affari e su una revisione del sistema di regole e di controlli sul sistema finanziario. I due provvedimenti sono evidentemente già scontati dal mercato e in un certo senso sorpassati dagli eventi dato lo stravolgimento dello scenario finanziario americano cui abbiamo assistito. Le autorità monetarie hanno agito in regime di urgenza e, a parte il mancato salvataggio di Lehman, le decisioni prese hanno risposto principalmente all’esigenza di garantire la sopravvivenza del sistema.

Si può affermare che il nuovo presidente si troverà davanti a molti fatti compiuti (a partire dalla statalizzazione di Freddie Mac e Fannie Mae) e da lì sarà obbligato a partire per contrastare gli effetti della crisi.

La reazione non entusiastica dei mercati si può leggere alla luce del larghissimo consenso che c’era sull’elezione di Obama, mentre l’entità della crisi e l’enorme differenza di opinioni degli economisti sulle cure rendono impossibile al momento capire in che direzione si muoverà il neo-eletto. Il mercato ancora non conosce la squadra del presidente né i nomi dei “tecnici” che verranno messi a capo dei relativi ministeri, senza considerare che perché presidente e team siano operativi occorreranno due o tre mesi.

Qualche considerazione utile si può comunque già ricavare. La prima e più immediatamente rilevabile riguarda le conseguenze sulla spesa per la difesa americana. A parte un più rapido ritiro dall’Iraq non è ragionevole ipotizzare un deciso cambiamento di rotta di Obama dato il notevole contributo che la spesa militare dà all’economia americana.

Oggi, per citare l’esempio più vicino a noi, Finmeccanica, che pur ha rapporti consistenti con gli Usa, ha registrato una performance in linea con il resto del mercato. L’altro sicuro campo di novità è la maggiore attenzione che verrà riservata al risparmio energetico con notevoli incentivi al rinnovo del parco veicoli Usa, che potranno contribuire a risollevare le sorti di un’industria auto in ginocchio. Altri cambiamenti si possono intravedere per l’industria farmaceutica con incentivi ai farmaci generici.

Per quanto riguarda il sostegno al potere d’acquisto delle famiglie, se McCain si concentrava sulla diminuzione delle aliquote fiscali e sulla detassazione dei sussidi di disoccupazione, Obama introdurrà l’aumento del salario minimo per ora e incentivi alle imprese che assumono.

Gli operatori reagiranno prontamente a ogni novità, ma nei prossimi mesi difficilmente si assisterà a un’inversione di rotta con i mercati dominati dalla recessione economica e dall’incertezza sul tempo che occorrerà per uscirne. Più che i singoli settori il cuore del problema sono i provvedimenti di sistema che verranno introdotti.

La crisi ha determinato il fallimento di un intero modo di concepire la finanza e l’economia, ha mostrato l’inefficacia delle regole attuali e in definitiva ha messo in crisi le abitudini di vita e di consumo di milioni di persone.

Dato per scontato un periodo non breve di difficoltà con pesanti ripercussioni sull’economia reale, si presterà certamente attenzione agli effetti dei provvedimenti e delle azioni che verranno messe in atto per smussare gli effetti della crisi, ma sui mercati finanziari è forte la consapevolezza che è finito un mondo e che ciò che verrà fatto nei prossimi mesi nella principale economia mondiale avrà effetti decisivi per tutti e per molto tempo.

Se il mercato ha imparato una lezione è che a forza di trimestrali in crescita esponenziale si possono ridurre sul baratro anche le migliori imprese e le economie più forti; sarà estremamente cauto e prudente, si interrogherà sulle conseguenze di medio periodo e aspetterà di vedere gli effetti dei programmi intrapresi, dopodichè tornerà a comprare. 

Per questo occorreranno mesi e non settimane e se non fosse così significherebbe solo che la lezione non è stata imparata a sufficienza e decisamente sarebbe il peggior scenario possibile.