Il tradizionale esercizio di fine anno di avventurarsi in previsioni economico-finanziarie per l’anno successivo è diventato quanto mai rischioso, soprattutto in un momento in cui sparare su economisti, analisti e presunti profeti è diventato uno sport diffusissimo e per nulla impegnativo; ma, come si sa, chi va in mare naviga e chi sta a casa critica e siccome le analisi incredibilmente geniali, ovviamente ex-post, sono una merce iperinflazionata, si possono almeno dare spunti di riflessione o, per i più pessimisti, utili elementi per gli articoli che tra un anno, ma solo a giochi fatti, arriveranno all’inaudita conclusione e all’acutissima constatazione che non esistono profeti infallibili.

Chiunque stia meditando di investire in borsa deve rispondere oggi a due domande piuttosto complesse. La prima è quanto i livelli di prezzo attuali siano convenienti e quanta parte di recessione futura stiano già scontando, la seconda è quanto tempo servirà per una ripresa economica decente che consenta a imprese e consumatori (e anche investitori) di fare previsioni sensate.

Se riuscissimo a uscire non troppo male dalla crisi, diciamo in autunno, i livelli di prezzo attuali sarebbero già più che interessanti; se, come possibile, le ferite della crisi (fallimenti, licenziamenti, valute e materie prime a livelli impensabili) saranno molto profonde o se il declino continuerà fino al 2010, mettere un solo euro sui mercati sarebbe una scelta avventata che si potrebbe tradurre in perdite pesanti.

Due ipotesi probabili così radicalmente differenti sconsigliano vivamente di buttarsi in borsa alla ricerca di affari imperdibili appena dopo il cenone di capodanno. Se si dovesse perdere il rimbalzo rimarrebbe invece l’innegabile consolazione che l’economia si sta riprendendo meglio e prima del previsto. Un’idea meno peregrina sarebbe quella di parcheggiare la liquidità per qualche mese, valutando magari qualche selezionatissimo investimento obbligazionario.

Azzardata questa previsione, che si spera pecchi di eccessivo pessimismo, una rapida scorsa alle performance dei vari settori nel 2008 dà un’immediata percezione delle grandi delusioni e sorprese dell’anno appena concluso.

Una delle maggiori delusioni è il settore del lusso unanimemente ritenuto uno dei migliori per attraversare la crisi economica. Il comparto è stato invece schiacciato dal rialzo delle materie prime, dal rafforzamento dell’euro e soprattutto dal calo delle vendite che ha riguardato la parte di prodotti più accessibile (costosi in termini relativi ma non assoluti) che non ha saputo distinguersi dal trend generale di riduzione dei consumi.

Gli investitori hanno invece mostrato di credere alla capacità di tenuta dell’healthcare (salute e farmaceutici) e del settore food che per ovvie ragioni rappresentano due categorie di beni difficilmente trascurabili dai consumatori di qualunque reddito e ceto.

Queste ultime evidenze indicano una chiara tendenza a privilegiare chi in ogni settore si colloca sulla fascia più conveniente ed efficiente del mercato come dimostrato dal recente rimbalzo di Amazon (il più grande portale di acquisti on-line Usa) e dalla incredibile tenuta del bersaglio preferito dai no global MCDonald’s. Tutto lascia credere che i principali indirizzi emersi nel 2008 continueranno nei prossimi mesi.

Molto meno prevedibile è invece l’andamento delle materie prime e delle valute. Dopo la bolla speculativa dei primi sei mesi sui mercati si è assistito allo spettacolare crollo delle materie prime a cominciare dal petrolio passato da 150 dollari al barile agli attuali 40. A pesare sono i timori di calo della domanda dovuti a un’anemica attività economica. Per il momento, a meno di crisi internazionali, preoccupazioni così forti sulla salute dell’economia dovrebbero escludere rialzi rilevanti.

Il vero punto interrogativo riguarda invece il cambio euro-dollaro che non accenna a mostrare alcuna significativa inversione. L’opinione più diffusa al riguardo è che solo una ripresa degli Usa in anticipo rispetto alla zona euro possa cambiare in modo consistente le carte in tavola, anche se il livello di cambio attuale viene da tempo già considerato non sostenibile nel medio periodo.

I tassi di interesse dovrebbero rimanere bassi per tutto il 2009 regalando una boccata d’ossigeno a chi detiene un mutuo a tasso variabile. Infine una cosa è certa, al primo segno di inversione i giornali si riempiranno di ottimisti dell’ultima ora che in realtà avevano sempre saputo che si stava, da tempo, uscendo dalla crisi. Il presente scritto potrà essere usato con scherno da chiunque si sta ancora tenendo per sé questa geniale previsione.