La paurosa crisi di liquidità che ha costretto Bear Stearns (-46% nella sola giornata di venerdì) a ricorrere ai prestiti di emergenza della Fed e di Jp Morgan è solo l’ultima di una lunga serie di turbolenze che hanno gettato nel panico gli investitori e i mercati finanziari. Prima di questo ultimo campanello d’allarme c’erano stati il salvataggio di Northern Rock da parte di Bank of England, la crisi di alcune banche regionali tedesche (IKB su tutte) e infine l’aumento di capitale di SocGen (dopo lo scandalo del trader che avrebbe causato una perdita di 5 miliardi di euro all’istituto che fino a due mesi fa era probabilmente il leader mondiale nei derivati).

L’attuale crisi non ha lasciato prigionieri: real estate, small caps, società industriali e cicliche, finanziari, banche e da ultimo utilities e telecom (che hanno comunque sovraperformato il resto del mercato) sono state massacrate da “shortisti” di ogni genere e da fondi che dovevano fare fronte ai numerosi riscatti. Il risultato di un mercato preda del panico (alla faccia di quelli che ne teorizzano l’efficienza) sono valutazioni probabilmente al di fuori di ogni ragionevolezza.

Tra le molte sottovalutazioni che la borsa sembra esprimere si distingue nettamente Telecom Italia, un titolo che si è sbriciolato dopo le dichiarazioni di qualche improvvido sindacalista e la presentazione di un piano industriale che ha decisamente deluso la comunità finanziaria (senza considerare il fiume di azioni vendute sul mercato da Royal Bank of Scotland dopo l’escussione del pegno sul finanziamento concesso a Hopa). Eppure Telecom Italia sembrava rappresentare uno degli ultimi porti sicuri nella tempesta che sta squassando le borse di mezzo mondo: business difensivo al massimo livello, alti dividendi e dulcis in fundo una società che potrebbe essere scalata dagli spagnoli di Telefonica. Siamo sicuri che Bernabè saprà recuperare a suon di risultati la fiducia degli investitori e che la natura difensiva della società ne farà emergere il reale valore. Nel frattempo ci piace evidenziare, dato che pochi lo hanno fatto, che Pirelli ha venduto a quasi 3 euro azioni che ora ne valgono meno della metà e che durante la gestione tanto vituperata di Tronchetti Provera il titolo stava costantemente sopra i due, quotando a multipli molto più in linea degli attuali con le altre società europee. Non è questa la sede per un esame approfondito dei meriti o demeriti imprenditoriali dell’ex presidente di Telecom Italia, intanto non possiamo fare a meno di domandarci cosa si sarebbe letto sui giornali se le performance delle ultime settimane (-34% dall’inizio dell’anno) si fossero viste sotto la precedente gestione. Morale della favola: tutti i manager sono uguali, ma qualcuno è più uguale (o meno) degli altri.