Enel negli scorsi mesi ha concluso una delle più importanti operazioni di acquisizione del settore utility europeo ottenendo il controllo della spagnola Endesa e rafforzando ulteriormente in questo modo la propria presenza internazionale. L’operazione è un ottimo presupposto per osservare le principali direttrici di sviluppo di una delle maggiori società italiane e una delle principali utility europee. Il settore dell’energia riveste, insieme a pochi altri (come banche e assicurazioni), un’importanza che trascende gli obiettivi delle singole imprese che ne fanno parte. Infatti rappresenta una componente vitale e fondamentale per lo sviluppo economico di una nazione, sia perchè garantisce la produzione del sistema industriale sia perché a determinate condizioni (prezzo dell’energia, efficienza nella distribuzione) può rappresentare un importante fattore per la competitività delle imprese e per il benessere delle famiglie.
Per queste ragioni, il settore riveste un ruolo strategico che è reso ancora più delicato dal fatto che le principali fonti di produzione dell’energia (petrolio, gas, carbone ecc) risiedono al di fuori dei confini nazionali, spesso in Stati politicamente instabili e la cui unica fonte di ricchezza risiede nella possibilità di esportare le materie prime presenti sul proprio territorio. Ogni Stato interviene sulle imprese di produzione di energia in maniera più invasiva che in altri settori, regolando il sistema tariffario, incentivando la produzione di energia con particolari modalità e infine vigilando sulla costruzione di nuovi impianti per tutelare la salute dei cittadini. L’importanza del settore è inoltre ben testimoniata dal fatto che i maggiori azionisti di Enel e delle principali utility italiane e europee sono enti statali nazionali o locali.
Prezzi del petrolio e rispetto dell’ambiente sono stati determinati per le utility
Negli ultimi anni le scelte di investimento delle utility sono state fortemente influenzate da alcuni cambiamenti che hanno rivoluzionato il settore della produzione di energia. La sempre maggiore attenzione per le tematiche ambientali ha indotto gli Stati a incentivare con tariffe particolarmente favorevoli la produzione di energia da fonti rinnovabili, mentre a livello europeo sono stati posti dei limiti all’emissione di CO2 per le singole imprese.
Il prezzo del petrolio negli ultimi due anni è raddoppiato passando dai 50 dollari al barile del 2005 agli attuali 100, un livello che potrebbe essere mantenuto anche nel medio-lungo termine. Un livello così alto rende inevitabilmente più rischioso in termini di costi ed economicità la produzione di energia elettrica con gas e petrolio, mentre riduce notevolmente il rischio che la produzione con altre fonti possa rivelarsi in futuro meno conveniente. La tesi è chiaramente spiegabile alla luce del fatto che gli investimenti in centrali sono programmati secondo scenari di costo e prezzo dell’energia prodotta di lungo periodo, coerentemente con la durata dell’investimento fatto e con l’elevato livello dell’investimento iniziale.
L’espansione internazionale di Enel
Enel ha perseguito fino ad oggi una strategia di espansione internazionale mirata a posizionarsi su mercati con alte potenzialità di crescita (Est-Europa e Russia) e nel tentativo di riappropriarsi delle competenze sul nucleare. L’acquisizione di centrali nucleari in Slovacchia, Romania e da ultimo in Spagna sono segno evidente della volontà di Enel di “farsi trovare pronta” per un’eventuale riapertura del nucleare sul mercato domestico.
Il mercato domestico
Per quanto riguarda il mercato domestico, Enel ha in programma un drastico cambiamento del mix di produzione con l’evidente obiettivo di ridurre l’importanza del gas come fonte di energia. Produrre l’energia col gas presenta alcuni problemi notevoli. Innanzitutto il prezzo del gas è fortemente connesso a quello del petrolio, in secondo luogo un mix di produzione fortemente sbilanciato sul gas implica una dipendenza preoccupante da alcuni Paesi extraeuropei. Infine la dipendenza dal gas è una delle principali cause del maggiore costo dell’energia in Italia rispetto agli altri Paesi europei.
Il grafico mostra chiaramente come gli sforzi maggiori si concentreranno sul carbone pulito, che ha però lo spiacevole difetto di comportare emissione di CO2 e il pagamento dei relativi diritti, mentre gli ingenti investimenti programmati sulle fonti rinnovabili (7miliardi di euro da qui al 2012 sul mercato domestico e estero) non incideranno radicalmente sul mix di produzione.
l mix di produzione sul mercato internazionale
Il mix di produzione del gruppo (domestico e estero) è molto più equilibrato e consente a Enel di poter meglio bilanciare i rischi connessi all’aumento del prezzo del petrolio e a modifiche del quadro regolatorio e in definitiva di poter garantire con più sicurezza energia a prezzi accettabili nonostante possibili eventi traumatici.
Posto il fatto evidente che le energie rinnovabili non sono ancora in grado di sostituire completamente le produzioni tradizionali, che ogni nuovo impianto eolico e centrale idroelettrica comportano le rimostranze degli amanti dei paesaggi montani, marittimi e anche di pianura e che la loro economicità è strettamente legata agli incentivi statali è evidente che Enel in Italia non può fare quello che sta facendo nel resto d’Europa e che la renderebbe più simile alle altre grandi utility europee. Nemmeno i più fanatici ambientalisti potrebbero in buona fede sostenere che, con le attuali tecnologie, si possono garantire le esigenze di un paese industrializzato con le fonti rinnovabili. Infine la scelta di Enel di passare al carbone (con i relativi svantaggi ambientali e il pagamento dei diritti di emissione) non è libera ma è imposta da una serie di considerazioni di buon senso, svincolarsi dal prezzo del petrolio e dalla dipendenza dalla Russia, e dall’impossibilità di ricorrere al nucleare. Dato che fortunatamente (il 33% è dello Stato e paga le tasse in Italia) Enel continuerà a guadagnare, è abbastanza facile individuare chi pagherà il costo di certe scelte. Lo pagheranno sicuramente le imprese (meno competitive) e i cittadini. Rimane invece la speranza di non dover mai pagare in termini di interessi nazionali una scelta che ci rende inevitabilmente vulnerabili ai ricatti di chi ci vende gas e carbone.