Nonostante siano ancora molti i dettagli che mancano per comprendere a fondo le novità introdotte dal provvedimento fiscale appena varato dal Governo, è già possibile trarre alcune considerazioni degne di nota.
La Borsa è normalmente un indicatore prezioso per capire dove l’azione del governo si concentra e i settori maggiormente colpiti da una fiscalità più penalizzante, ma la crisi finanziaria che negli ultimi giorni ha manifestato tutta la sua gravità sui mercati e la quantità di settori già duramente colpiti dalla caduta dei corsi azionari hanno di molto attutito le reazioni del mercato. È comunque possibile rintracciare gli effetti del provvedimento e in assenza di evidenti segnali dai mercati cercare di capire cosa c’è all’orizzonte per i diversi i settori dell’economia italiana.
L’inasprimento fiscale nei confronti di banche e società petrolifere era già stato annunciato da alcune settimane e si sono meglio delineate le modalità con cui il ministro raggiungerà l’obiettivo di un maggiore gettito. Nel caso delle banche verrà ridotta la deducibilità degli interessi passivi del 3% nel 2008 e del 4% dal 2009 in poi e verrà ridotta la deducibilità delle rettifiche su crediti. Da parte del mondo bancario si segnalano le esplicite rimostranze dell’ad di Unicredit, Profumo, che ha dichiarato che le banche «non sono vacche da mungere»; è comprensibile che un provvedimento che aumenta le tasse non sia salutato con favore dalla vittima. In generale i provvedimenti che cambiano il quadro fiscale di un settore hanno conseguenze negative sia perché mutano lo scenario su cui si erano stimati i piani aziendali sia perché aumentano tra gli investitori, soprattutto se stranieri, l’incertezza e li rendono più sensibili al fattore “rischio Paese”. Nello specifico poi i banchieri hanno buon gioco a lamentarsi di un provvedimento che arriva in un momento di particolare debolezza del sistema finanziario. La realtà è invece che in un momento in cui a famiglie e imprese non è possibile chiedere alcuno sforzo aggiuntivo, le banche risultano in modo abbastanza indiscutibile un’ottima preda per le mire del fisco. Al momento in Italia non si sono evidenziate particolari debolezze patrimoniali e i processi di fusione in atto permettono una certa flessibilità nel raggiungimento degli obiettivi di utile. Infine sono diverse le attività che negli ultimi anni hanno permesso alle banche di raggiungere ritorni sul capitale davvero “interessanti”.
Per quanto riguarda le società petrolifere il provvedimento si articola in tre diverse forme di inasprimento fiscale (aumento dell’Ires, valutazione delle rimanenze e royalties sul petrolio estratto); anche per questo settore vale la ratio che si può intravedere nel provvedimento riguardante le banche. In un momento di difficoltà economica così acuta non rimane che colpire i settori che meglio riescono a reggere l’urto di maggiori imposte. Eni quest’anno pagherà un conto di quasi 500 milioni di euro, mentre per i raffinatori la norma dovrebbe avere un impatto considerevole solo nel 2008.
Assicurazioni e utilities non sembravano invece rientrare tra i bersagli del nuovo governo. Per le prime si è provveduto ad aumentare il gettito diminuendo la deducibilità della riserva sinistri per il ramo danni, mentre la penalizzazione riservata alle utilities (Ires aumentata dal 27,5% al 33%) è giustificata sia dalla intrinseca aciclicità degli utili sia dalla posizione di forza di cui ancora godono nei confronti dei clienti per una liberalizzazione che in Italia è rimasta finora incompiuta.
Passate quasi inosservate sono invece le norme riguardanti le coop, che vanno a colpire uno storico e purtroppo abusato privilegio fiscale di cui hanno goduto fino al nuovo arrivo di Tremonti. Gli interessi pagati dalle Coop per i prestiti concessi dai propri soci saranno soggetti a un’aliquota del 20% rispetto alla precedente del 12,5%. Con la modifica di questo istituto tanto discusso e criticato (leggere Falce e Carrello per credere), viene meno il vantaggio fiscale di cui godeva chi prestava i soldi alle Coop, determinando un chiaro trattamento di favore rispetto ai concorrenti.
Infine spiccano in positivo, tra il lungo elenco di settori penalizzati, gli 800 milioni riservati dal Governo per lo sviluppo della banda larga da cui Telecom potrebbe trarre qualche beneficio. Se l’obiettivo del governo era avere risorse aggiuntive senza pesare sul ceto medio e sulla parte più profonda del sistema produttiva italiano, il mondo delle pmi, il provvedimento di Tremonti può essere considerato positivamente e, per il momento, legittima le speranze di chi auspicava una svolta nella politica economica italiana dopo l’era Padoa Schioppa-Visco.