Ieri è ufficialmente iniziato il controesodo e anche se mancano ancora dieci giorni alla fine del mese di agosto è già tempo per provare a capire cosa ci riserveranno i mercati il prossimo autunno. Intanto settimana prossima si assisterà al rito della presentazione dei dati semestrali, che saranno fondamentali per capire la salute di molte imprese quotate a partire da banche e assicurazioni. I dati nuovi che verranno comunicati sono relativi al trimestre aprile-giugno, quando la crisi finanziaria che ha scosso i mercati era già nel pieno del proprio svolgimento, e forniranno informazioni utili sia sulla stabilità patrimoniale delle istituzioni finanziarie, sia sulla capacità di tenuta del sistema economico-industriale che fino a qualche mese fa non aveva mostrato particolari segni di contagio dalla crisi dei subprime.
Per quanto riguarda le società di Piazza Affari si può al momento scommettere sull’assenza di cattive sorprese, anche se il tono generale dei risultati non sarà per niente esaltante e non potrà non evidenziare il rallentamento economico in atto. Innanzitutto occorre premettere che il contesto economico in cui si muoveranno le imprese sarà estremamente sfidante. Anche se (e ci speriamo con tutte le forze) non siamo alla vigilia di un altro ’29, è ormai assodato che è in atto una delle più gravi turbolenze finanziarie di sempre (cosi ha dichiarato venerdì il governatore della Fed Bernanke) e che, per quanto possano essere ben gestite le aziende, saranno per tutti inevitabili le implicazioni di questa crisi tutta finanziaria. Come sempre in un periodo di rallentamento economico saranno gli operatori più deboli e meno efficienti ad affrontare le difficoltà maggiori, e si è facili profeti nell’affermare che assisteremo a una stagione di aggregazioni e di concentrazione del mercato.
Il sistema bancario italiano ha già visto un’intensa stagione di fusioni e acquisizioni che ha portato alla nascita di due giganti nazionali (Unicredit e Intesa-Sanpaolo) che sono in grado ormai di competere autonomamente in Italia e in Europa; è invece lecito attendersi un’altra ondata di operazioni tra le popolari che nella crisi potrebbero trovare un ulteriore incentivo ad abbandonare la strategia stand-alone. I più svegli sul mercato hanno già fiutato l’occasione e un report di Lehman a fine settimana ha chiuso la ridda di speculazioni su un possibile merger tra Ubi a Banco popolare, mentre non sono poche le popolari ancora “zitelle” che potrebbero scegliere la via di una fusione. Sono invece ormai sotto gli occhi di tutti i dissidi tra il presidente del consiglio di sorveglianza di Mediobanca, Geronzi, e il principale azionista Unicredit guidata dall’ad Profumo. Anche in questo caso non occorrerà aspettare il 2009 per vedere come si scioglierà il nodo sulla governance di Mediobanca, pur essendo già chiaro che una vittoria incondizionata di Geronzi darebbe dispiaceri a più di un pezzo della vecchia finanza milanese e forse anche al nostro Governatore. Per chiudere con le banche non ci sono ormai più dubbi sul ruolo di sistema che Intesa e Mediobanca intendono avere in Italia e con Alitalia si potrà dare via a una nuova stagione di collaborazione che sembra coinvolgere anche il governo.
Dopo la fusione tra Aem e Asm Brescia che ha dato via alla nuova A2A, segnando il primo accordo tra le utility locali, sarà il turno di Enia, Hera e Iride che proprio nei prossimi mesi dovrebbero concludere la fusione. La concorrenza dei giganti esteri pare aver convinto ad abbandonare i campanilismi italiani e c’è da scommettere su un’ulteriore fase che alla fine coinvolgerà anche la romana Acea. Fiat sarà ancora al centro di rumors sia per la possibile partenza di Marchionne verso Ubs, sia per un probabile accorciamento della catena di controllo a monte (Ifi-Ifil), mentre su Parmalat si potrebbe scatenare una bidding war mai vista in Italia. Sempre da qui a Natale, Telecom Italia sarà al centro dell’attenzione del mercato dopo le critiche piovute sull’ad Bernabè per i risultati deludenti; questa volta i tempi sono maturi per una soluzione definitiva del controllo di Telecom, e si andrà o verso un’aggregazione con un partner estero o verso un suo smembramento per preservare l’italianità della rete. Infine le pmi quotate hanno mostrato finora una vitalità impensabile, resistendo egregiamente alla concorrenza e al rallentamento economico. Non è un caso che i delisting a Piazza Affari siano ormai una costante che, scommettiamo, non finirà con l’estate. Abituate a sopravvivere in un contesto politico-amministrativo da quarto mondo e selezionate dalle crisi che si sono avute dall’inizio degli anni ’90, ultima quella del 2001, si stanno dimostrando ancora una volta il vero punto di forza dell’Italia. Si tratta solo di metterle nelle condizioni migliori per crescere e noi italiani scamperemo anche questa brutta disavventura piovuta dagli States.