Nello stesso giorno in cui Lehman Brothers era costretta a dichiarare fallimento optando per il Chapter 11, azzerando la propria capitalizzazione, Merrill Lynch guadagnava il 12% dopo l’offerta da 50 miliardi di dollari di Bank of America.
Nessun numero o esempio meglio di questa singolare coincidenza rende meglio lo stato confusionale in cui si trovano i mercati finanziari.
Prima di entrare nei dettagli di uno dei peggiori periodi della storia dei mercati finanziari, non si può dimenticare che appena una settimana fa il mercato festeggiava con un brillante +4% il salvataggio di Freddie Mac a Fannie Mae da parte del Tesoro Usa. Molti si erano illusi che la storica decisione delle autorità americane potesse restituire finalmente delle certezze agli operatori finanziari cancellando i peggiori incubi del mercato. L’euforia è durata lo spazio di qualche giorno spazzata via dalla scomparsa (così come eravamo abituate a conoscerle) di due delle big four americane (dopo la caduta di Lehman Brothers e Merrill Lynch, non più indipendente, rimangono solo Goldman Sachs e Jp Morgan).
I fatti di lunedì sono la prova inequivocabile che il mercato non è in grado di valutare correttamente le società quotate, in particolare le società finanziarie. Non c’è niente di peggio per gli investitori dell’incertezza che rende in alcuni casi impossibile indicare il giusto valore di un’azienda.
Apprezzare adeguatamente il rischio di un’impresa e di un settore è forse l’elemento determinante per arrivare a una valutazione il più possibile sensata e corretta di un’impresa.
Un‘impresa petrolifera si assume il rischio di una discesa del prezzo del petrolio o di un aumento dei costi di estrazione, così come un’impresa esportatrice è sottoposta al rischio della concorrenza di competitors migliori o al rischio cambio. Allo stesso modo, semplificando il problema, una banca è sottoposta al rischio di insolvenza da parte dei suoi debitori. Oggi la discesa dei prezzi delle case e il rallentamento economico mettono in forte dubbio la validità delle garanzie date dai debitori, mentre la complessità degli strumenti finanziari rende impossibile per il mercato avere un quadro chiaro di chi e in che misura abbia il rischio in portafoglio.
Fallita Lehman il mercato è ancora ben lontano dall’identificare con precisione quali istituzioni siano controparte nei derivati, quali fondi obbligazionari o assicurazioni abbiano obbligazioni Lehman tra gli attivi. A gettare ulteriore benzina sul fuoco stanno arrivando rumours sempre più insistenti sulle difficoltà forse ferali in cui versano AIG (la più grande assicurazione Usa) e il colosso elvetico UBS, tanto per citare due delle maggiori istituzione finanziarie.
La situazione è resa ancora più complessa dalla mancanza di chiarezza sulla linea che seguiranno le autorità monetarie americane. Salvata con un escamotage Bear Stearns (la quinta banca d’investimento di Wall Street), tolte appena in tempo dal baratro Freddie Mac e Fannie Mae è stata lasciata al proprio destino Lehman. Probabilmente più della mancanza di fondi ha inciso la volontà di evitare gli incentivi al moral hazard e il rischio che si diffonda la convinzione che chi ha sbagliato e sbaglia sarà salvato comunque.
Prima che i mercati si normalizzino occorrerà il ritorno di un minimo di fiducia e di certezza.
Nell’attuale contesto economico non occorrerà aspettare molto per sapere chi è sano e in grado di resistere e chi è troppo fragile e malato per sopravvivere. La cautela delle banche e degli investitori sta facendo venire a galla tutti i problemi e nessuno è più in grado di fingere o simulare le proprie reali condizioni: nei prossimi mesi assisteremo dunque ad altri fallimenti e fusioni e acquisizioni subite obtorto collo.
Nessuna notizia positiva, e l’indifferenza con cui il mercato sta assistendo al calo repentino del prezzo del petrolio è emblematica, potrà ribaltare questo clima se non la definitiva chiarezza sulle condizioni in cui versano i principali attori dei mercati finanziari. In attesa che la lunga traversata del deserto sia compiuta le autorità si possono solo limitare, ed è un compito per nulla semplice, a contenere il più possibile il propagarsi dell’infezione tra le istituzioni finanziarie salvaguardando anche con investimenti pubblici l’economia reale che al momento sta subendo una crisi che le è estranea.
McCain con un’analisi solo apparentemente ingenua ha, primo tra i big dell’estabilishment politico-finanziario, dichiarato esplicitamente che le cause di questa crisi sono da rintracciare negli «eccessi, nell’avidità e nella corruzione di Wall Street» ribadendo che «il fondamento dell’economia è il lavoratore americano» e che occorre riflettere seriamente su cosa non ha funzionato. Essere consapevoli di cosa sta succedendo (e il mercato lo è da tempo) e sapere che bisogna ripensare dall’inizio il sistema finanziario, sono le ragioni più convincenti per credere che questo altro ’29 non avrà le conseguenze nefaste del precedente.