Ci è voluto un po’ di humour inglese per descrivere nel modo migliore quella che appare la conclusione dell’estenuante vicenda Alitalia. Con un articolo dal titolo “Alitalia: così fan tutte” il Financial Times di giovedì ha elencato la serie di coincidenze da congiuntura astrale che serviranno per salvare Alitalia: una commissione europea ubbidiente, una nuova legge fallimentare, un partner estero e un basso prezzo del petrolio, oltre che, aggiungiamo noi, un sindacato estremamente collaborativo (i sindacati italiani sono incomprensibili per un inglese) sono le condizioni che si dovranno verificare per portare a termine il salvataggio di Alitalia. Escludendo i commenti, le reazioni e le elaborazioni fatte dopo gli annunci dell’inizio della scorsa settimana rimangono le dichiarazioni dei protagonisti che hanno dipinto una situazione che forse non è stata colta da tutti nella sua interezza.
Il futuro presidente Colaninno, in una lunga intervista concessa a “La Repubblica” che ha meritato l’onore delle intere pagine due e tre, ha puntualizzato alcuni temi che è utile ricordare. L’attuale presidente di Piaggio ha affermato che Alitalia non è un regalo e che da imprenditore si è sentito in dovere di accettare una sfida tanto affascinante quanto difficile; Colaninno ha dapprima dichiarato senza mezzi termini che Alitalia è finita, poi ha scomodato la Fiat decotta e devastata del periodo pre-Marchionne per rendere l’idea della situazione che si deve affrontare. Si potrà obiettare che le sue sono le dichiarazioni di circostanza di chi è accusato di essere lo speculatore che arriva quando tutti hanno ormai rinunciato, ma si deve riconoscere che poteva vendere Piaggio un anno fa al culmine del bull market a un prezzo favoloso e che il rischio reputazionale a cui si sottopone è decisamente alto. Riducendo al nocciolo nell’intervista si può rintracciare questa posizione: le condizioni a cui sta maturando la cessione di Alitalia rendono la sfida accettabile ma non c’è alcuna certezza del successo dell’operazione. La fusione con Air One rafforzerà notevolmente la posizione della nuova società sul mercato italiano, l’antitrust sarà comprensivo, il sistema aeroportuale sarà incentivato a diventare più efficiente, il Ministero del Tesoro farà la sua parte ma il cherosene rimarrà alle stelle ancora per anni e i concorrenti europei, a partire dalle low cost, non faranno sconti a un competitor con mezzi obsoleti e con un deficit evidente di mentalità e competenze.
L’altro grande protagonista che ha rilasciato commenti meno entusiastici del previsto è l’ad di Intesa-Sanpaolo, Passera, per cui senza accordo sindacale il progetto non può neanche partire. Il timing della dichiarazione, avvenuta dopo la definizione del piano industriale e dei soci che parteciperanno al rilancio, mette sul sindacato italiano tutta la responsabilità dell’eventuale fallimento del progetto di rilancio; tutti gli sforzi fatti sarebbero perfettamente vani se tra due mesi Alitalia si ritrovasse preda di scioperi e proteste che la metterebbero nella peggiore delle condizioni possibili. Non sarà poi sfuggita la singolare affermazione di Passera che ha voluto precisare che occorreranno quattro o cinque settimane per capire se è stata imboccata la strada giusta e se il progetto andrà avanti, dichiarando incerto e in fieri quella che per tutti viene ormai data come una conclusione definitiva.
Veramente quindi quello che è stato annunciato è solo l’inizio di un percorso pieno di insidie e pericoli e il cui buon esito non è per niente sicuro. Certamente la moral suasion del governo su alcuni degli azionisti della newco Cai è stata pressante, ma nessuno potrà rimproverare ai protagonisti di questo salvataggio la mancanza di spirito imprenditoriale, né si può accusare l’attuale governo di poca ambizione. Come ogni progetto serio che si rispetti, i risultati li vedremo nel medio-lungo termine e ci toccherà aspettare qualche anno per sapere se è stata buttata via inutilmente una piccola fortuna. Dopodichè potremo avere il piacere di leggere del miracolo che nemmeno il Financial Times credeva possibile.