Il piano di salvataggio annunciato dal Tesoro americano e la seguente euforia dei mercati che venerdì hanno fatto registrare rialzi record, non sono riusciti a far dimenticare per più di un giorno la gravità della situazione economica e la fragilità che ancora caratterizza il sistema finanziario.

Sul mercato sono ormai molti gli investitori e i broker a credere che un ulteriore calo degli utili nel 2009 e l’incertezza sul tempo necessario al sistema finanziario per rimettersi dalle perdite accumulate non consentiranno la fine del bear market prima della metà del 2009.

Il rialzo di venerdì sembrava irreale agli operatori che fino al giorno prima scontavano, non senza ottime ragioni, un’apprezzabile probabilità di collasso del sistema finanziario, ma scampato il pericolo di doversi misurare con default a catena senza il sostegno pubblico rimangono ora tutte le conseguenze di anni di ubriacatura finanziaria.

Non è infatti pensabile che la fine per morte violenta di un modo di concepire la finanza e il credito possa concludersi senza conseguenze da scontare nel medio periodo. Dall’inizio dell’anno sono scomparse (fallite o acquisite) tre delle maggiori investment bank mondiali, mentre le due rimanenti (Goldman Sachs e Jp Morgan) lunedì hanno dovuto abbassarsi a diventare banche commerciali e mettersi sotto il controllo della Fed per poter sopravvivere. I due maggiori erogatori di mutui negli Stati Uniti (Fannie Mae e Freddie Mac) sono stati nazionalizzati, così come la principale assicurazione mondiale (AIG), mentre più di una banca avrà problemi ad arrivare sana e salva alla fine dell’anno.

Non è probabilmente nemmeno auspicabile una fine rapida della crisi e se si dovesse tornare nel breve termine a un mercato effervescente e rialzista, dovremmo probabilmente cominciare a preoccuparci ancor più seriamente di quanto accada oggi. L’agenzia di rating Moody’s ha stimato pochi giorni fa che il tasso di insolvenze sui mutui ipotecari americani concessi nel 2006 sarà in media del 22%. In sostanza un americano su quattro che ha ottenuto un mutuo nel 2006 non sarà in grado di far fronte agli impegni con le banche creditrici.

Questo dato rende immediatamente l’idea della stortura su cui si è costruita la crisi attuale e della sua ampiezza. Le banche hanno concesso mutui senza curarsi troppo della reale capacità di pagare le rate, mentre i bassi tassi di interesse e la crescita economica illudevano di poter sostenere costi e tenore di vita al di sopra delle proprie possibilità.

I mutui venivano concessi allegramente in un clima di prezzi immobiliari in rapida salita e di crescite robuste del Pil e venivano poi ceduti ad altre istituzioni finanziarie, permettendo di originarne ancora senza i vincoli di un’adeguata solidità patrimoniale.

Per quanto è possibile prevedere in un clima di enorme incertezza, l’entità di tali insolvenze non potrà evitare alcuni passaggi obbligati prima di uscire dalla crisi. Al mercato e alle istituzioni pubbliche si dovrà dare il tempo di riformare profondamente il sistema finanziario; qualsiasi sia l’approdo finale ci saranno notevoli cambiamenti nel panorama delle banche e delle assicurazioni e occorreranno mesi prima che il mercato si convinca dell’affidabilità del sistema e prima che il sistema stesso torni a finanziare normalmente imprese e persone (speriamo questa volta sane).

Il calo della fiducia, l’aumento del costo del debito e le perdite finanziarie stanno già incidendo sull’economia reale che accusa cali degli utili e tassi di crescita nulli o negativi, con le ovvie conseguenze sulla propensione al consumo. Infine il piano di salvataggio titanico annunciato dal governo americano, che ha già chiesto aiuto agli altri Paesi del G7, socializzando di fatto le perdite finanziarie, determinerà conseguenze sulla capacità di spesa statale e sulla ricchezza delle famiglie in un periodo che si misurerà più probabilmente in anni che in mesi.

Lo Stato americano è stato costretto, per mancanza di alternative, ad assumersi l’onere di scongiurare la crisi, facendo il primo necessario passo per uscirne, ma non si può evitare di pagarne le conseguenze. Per concludere si deve diffidare delle soluzioni facili e indolori e soprattutto di chi le proporrà.