Se scegliessimo di guardare ai risultati trimestrali di Unicredit e Intesa Sanpaolo come a un altro round dello scontro, al momento solo sopito, tra Tremonti e le due principali banche italiane dovremmo assegnare la ripresa agli istituti guidati da Profumo e Passera.

Solo qualche settimana fa infatti il ministro dell’economia aveva riservato alle banche che avevano rifiutato l’aiuto dei Tremonti bond critiche molto poco velate: «Quando le banche dicono che i bond non servono, affermano una cosa contro l’interesse del Paese». Il terreno dello scontro era la ridottissima propensione al credito delle banche italiane terrorizzate dall’aumento delle sofferenze e dall’eventualità di doversi mettere nelle mani del governo per raggiungere coefficienti patrimoniali adeguati.



Di fronte alla prospettiva di dichiararsi incapaci di far fronte autonomamente alle sfide dei mercati e dell’economia e di mettersi in una posizione di imbarazzo o subalternità, la risposta all’aiuto governativo era stato un “no grazie, possiamo farcela da soli”. Oggi dopo la pubblicazione dei risultati del terzo trimestre, almeno per qualche mese (in attesa del 2010) le due banche potranno sostenere, pur tra le mille difficoltà ancora evidenti, di avercela fatta da sole.



Quello che ha accumunato i due istituti, in realtà molto differenti per presenza geografica e composizione dei ricavi, è stato innanzitutto un innalzamento dei coefficienti patrimoniali che per motivi diversi saranno destinati a migliorare ulteriormente nei prossimi mesi. Intesa Sanpaolo ha migliorato il proprio tier 1 da 6.9% a 7.2% mentre Unicredit ha fatto registrare un incremento ancora maggiore e ha chiuso il trimestre con un tier 1 del 7.55% contro il 6.85% di giugno.

Entrambi gli istituti hanno ancora qualche asso nella manica per accrescere la propria solidità patrimoniale dato che Unicredit si appresta a varare un aumento di capitale e Intesa ha in cantiere alcune dismissioni a cominciare da Banca Fideuram.



L’altra notizia positiva emersa dalle trimestrali riguarda le sofferenze su crediti, vero spauracchio dei mercati finanziari e una delle maggiori preoccupazioni per i bilanci delle banche di ogni latitudine. Proclamare successi straordinari sarebbe prematuro e poco opportuno anche perché si rimane a livelli di assoluta guardia, ma la crescita drammatica da più parti prospettata non si è verifica e i manager hanno dichiarato che il picco delle sofferenze è ormai alle spalle.

Nel caso specifico meglio Intesa che Unicredit visto che quest’ultima ha pagato la presenza nei mercati dell’est e ha avuto una pessima sorpresa dal Kazakhstan, ma comunque i mercati finanziari hanno ricevuto da entrambe più rassicurazioni che elementi di preoccupazione. Con l’aiuto del solito trading e con un ringraziamento particolare all’euforia dei mercati finanziari il trimestre si è chiuso quindi quasi con la migliore delle soluzioni possibili.

Se qualcuno volesse essere pignolo e verificare nel dettaglio la crescita dei prestiti alla clientela potrebbe invece trovare qualche elemento di disappunto. I crediti sono infatti diminuiti ancora rispetto al trimestre precedente. La linea difensiva di fronte alle accuse di disinteresse nei confronti delle sorti del sistema industriale è già nota. Da un sistema economico in declino arrivano per forza di cose meno richieste di finanziamenti per investimenti e piani di sviluppo.

 

Chi non crede a questa versione può optare per un’altra tesi, secondo cui la preoccupazione, comprensibile, per il contesto economico “sfidante” e le difficoltà dei clienti avrebbe consigliato una diminuzione della propensione alla concessione del credito (con gli inevitabili riflessi sulle imprese). In questa seconda visione, per non passare per eccessivamente sospettosi parlando di futuri dividendi, carriere manageriali e assetti politico-finanziari, si può anche dire che il tutto sarebbe avvenuto in perfetta buona fede, dato che si tratta pur sempre di preservare i risparmi dei clienti e la solidità patrimoniale.

 

In qualsiasi modo si voglia giudicare quest’ultimo, importante per l’economia reale, dettaglio è probabile che accantonati questi risultati e a meno di improvvisi ulteriori peggioramenti del quadro macroeconomico per qualche mese si assisterà a una sorta di pace armata tra i contendenti.