Dopo qualche settimana di calma apparente sui mercati finanziari ieri Wall Street ha festeggiato l’attesissimo nuovo piano di salvataggio americano da oltre 800 miliardi di dollari con un calo del 4%. La reazione del mercato a un intervento di misura così eccezionale si spiega con la profonda preoccupazione degli investitori sulle prospettive economiche e evidenzia lo scetticismo sull’efficacia dei piani di stimolo varati dai Governi nei mesi passati.



Gli interventi messi in atto negli ultimi mesi del 2008 hanno riguardato principalmente il salvataggio delle maggiori istituzioni finanziarie che rischiavano di crollare sotto il peso di miliardi di crediti inesigibili e di asset tossici. Negli Usa e in Europa ogni Paese è stato costretto a interventi massicci a sostegno delle banche che hanno portato a esiti impensabili fino a qualche mese fa. Alcune delle maggiori banche europee (Royal Bank of Scotland ne è un esempio) sono oggi controllate dai rispettivi stati che in questo modo si sono assicurati dall’implosione del sistema bancario. Nelle ultime settimane sono diventate sempre più frequenti le notizie di crisi industriali gravi ben testimoniate dal calo a doppia cifra del fatturato del settore auto. La crisi che nel settore finanziario si è avvertita in modo inequivocabile già all’inizio del 2008 e che in estate è stata percepita in tutta la sua gravità è arrivata invece quasi totalmente inaspettata su migliaia di imprese solo negli ultimi due mesi dell’anno passato. Per moltissime imprese si è trattato di un brusco risveglio arrivato sostanzialmente senza alcun preavviso. Sono mesi che si leggono notizie di banche in difficoltà, costrette a aumenti di capitale e a prestiti governativi, ma il problema auto è diventato evidente solo nelle ultime settimane.



È notizia di ieri il fallimento di un’importante società di moda quotata a Piazza Affari che avrà sicuramente le sue colpe e le sue difficoltà peculiari ma che non ha potuto evitare il triste esito finale anche per l’attuale situazione economica. Imprese deboli in un contesto di diminuzione del credito bancario e di calo dei ricavi si trovano a navigare in acque agitatissime. Si è discusso di salvataggi bancari e sicuramente l’azione dei Governi ha posto un argine a fallimenti a catena, ma si è appena iniziato a intravedere l’impatto della crisi sul sistema produttivo. Più un’impresa è strutturalmente debole o più competitivo è il settore, più immediata sarà l’emersione di gravi difficoltà. I dati del quarto trimestre certificheranno una situazione già compromessa e daranno indicazioni per nulla confortanti su cosa possa essere successo in questi primi mesi dell’anno. Fatte salve le esigenze di salvaguardia del bilancio statale occorre decidere dove e come si possa agire per preservare e aiutare la parte più sana del sistema in modo da farla diventare un traino per l’intera economia.



Allo stesso modo occorre prestare la massima attenzione ai punti di forza e alle imprese rimaste sane. In Italia, oltre a famiglie poco indebitate, esiste un sistema di imprese che non ha abusato della leva finanziaria, che ha competenze e capacità invidiabili. Gli operai inglesi se ne sono accorti e hanno dovuto protestare per la commessa vinta in casa propria. Noi, anche se occupati dagli incentivi al settore auto, la cui efficacia è tutta da dimostrare, potremmo cominciare per esempio a chiederci cosa fare di un’impresa, public company pura, con un miliardo e duecento milioni di cassa in un settore strategico dell’economia nazionale che vivacchia di risultati industriali discutibili tra una revocatoria e un risarcimento bancario (se avete pensato a Parmalat avete indovinato). Se si aspettasse la fine della crisi per vederla finalmente accasata e nelle mani di un imprenditore abile si perderebbe un’occasione industriale e la possibilità di dare un segnale incoraggiante alle tante imprese che non hanno bisogno di aiuti spropositati.

L’esempio è lampante perché si tratta di un caso in cui basta solo buona volontà, ma è emblematico di un mondo di imprese in grado di subire più di un colpo duro senza rischiare il fallimento e che può da subito contribuire a mitigare gli effetti della crisi. Ingegneristica e meccanica sono altri settori in cui si possono facilmente trovare imprese innovative e solide anche nel contesto attuale. Se, come pare, il peggio per il sistema industriale deve ancora arrivare sarebbe un peccato mortale non cominciare a ricostruire da ciò che funziona e rimane vivo nonostante tutto.