Giusto ieri l’ex responsabile europeo di Lehman Brothers ricordava che la banca americana poco prima del suo fallimento vantava requisiti patrimoniali di assoluta “teorica” tranquillità e che nonostante ciò sia finita miseramente sotto il peso di una leva finanziaria elevata e di miliardi ti titoli tossici.

Con le dovute e assolutamente necessarie proporzioni occorrerà avere in mente questa vicenda quando a partire da oggi (con Unicredit) cominceranno a essere comunicati i risultati annuali delle banche e assicurazioni italiane. Da un lato le principali banche italiane non dovrebbero, nemmeno nel quarto trimestre, evidenziare perdite, dall’altro i dati degli ultimi tre mesi del 2008 rifletteranno in modo evidente un’economia già gravemente colpita dalla crisi.

Se gli ultimi tre mesi del 2008 non avevano ancora visto tutte le conseguenze della crisi, che giorno dopo giorno stanno diventando più evidenti sotto i nostri occhi, è altrettanto certo che il periodo è stato caratterizzato da tassi di interesse e prezzi delle materie prime ancora eccezionalmente elevati.

Rispetto ai trimestri precedenti, già caratterizzati da mercati finanziari in tempesta, la novità che i dati dovrebbero consegnarci sarà costituita da un repentino incremento delle sofferenze. In sostanza nei bilanci bancari si vedranno tutte le difficoltà del sistema produttivo alle prese con ricavi in calo, costi in salita e rate dei debiti invariate o in aumento; difficoltà acuite da una decisa riduzione della propensione alla concessione del credito delle banche stesse.

I dati daranno anche le prime indicazioni della dimensione di un fenomeno che è destinato a riproporsi ancora più drammaticamente nei prossimi mesi. Nonostante un difficilissimo ambiente economico le banche nostrane dovrebbero comunque mostrare una buona capacità di tenuta. Come accade ormai da molti mesi però la rapidità dei cambiamenti dello scenario macroeconomico rende immediatamente obsoleti anche gli ultimi dati disponibili.

La velocità con cui la crisi si è manifestata consentirà solo parzialmente di usare questi dati per capire cosa riserverà al sistema bancario il 2009. A questo riguardo saranno preziose le indicazioni del management sull’andamento dei primi mesi del 2009 e sulla percezione dello stato di salute di imprese e famiglie debitrici.

Per quanto riguarda gli attivi problematici poi, premesso che tale categoria si amplia o restringe a seconda della durata e della profondità della crisi, le svalutazioni riguarderanno solo una minima parte del portafoglio e non dovremmo assistere alle perdite apocalittiche subite da sistemi bancari più “evoluti” del nostro. Incideranno per il momento sicuramente le svalutazioni delle partecipazioni detenute in imprese quotate che hanno subito notevoli cadute di valore.

Dicevamo però che ciò che conta non necessariamente sarà quello che verrà messo nero su bianco nei bilanci di fine anno. Due questioni rimarranno aperte e tormenteranno i sonni degli investitori. La prima è capire per quanto tempo e come il sistema produttivo sarà in grado di resistere ai colpi della crisi e di conseguenza con che gravità verranno colpiti i bilanci bancari. A questo proposito non sono lecite illusioni e tutto fa credere che fino a una definitiva ripresa dell’economia le banche si muoveranno in un ambiente difficilissimo.

La seconda è quanti “attivi già problematici” si annidano tra le pieghe dei bilanci delle istituzioni finanziarie di casa. Ciò che in una situazione normale rappresenterebbe un problema difficile ma gestibile, ad esempio crediti immobiliari già di dubbia solidità, è diventato ora un fattore dalle conseguenze imprevedibili. L’esposizione in aree economiche fragili soprattutto al di fuori dei confini nazionali può riservare sorprese assai spiacevoli. Infine acquisizioni fatte sull’onda dell’entusiasmo in previsione di rapidi miglioramenti della società acquisita potrebbero costituire un peso insopportabile.

Di tutto questo ci basterebbe avere un’idea, il più possibile aderente alla realtà, almeno delle dimensioni attuali. Nascondere è un esercizio non replicabile all’infinito che oltre tutto non mette al riparo né da cadute rovinose dei titoli né da speculazioni più o meno interessate.