Il +25% fatto registrare dal mercato in poco più di due settimane sarebbe di per sé un fatto degno di nota considerato il contesto economico che stiamo attraversando, ma aver assistito a incrementi superiori anche al 50% per alcune delle principali banche italiane ed europee rende il tutto ancora più strano e curioso (Unicredit è raddoppiata in poco più di due settimane).

Basterebbe citare queste variazioni senza addentrarsi in ulteriori spiegazioni per avere la prova provata che il mercato è ancora malato grave e che la normalità o una minima stabilizzazione non siano ancora all’orizzonte. La violenza del rialzo è sicuramente attribuibile in parte a un mercato dai nervi a pezzi, che per sei mesi è stato sempre sorpassato da eventi peggiori di ciò che già di negativo si aspettava e che ha dovuto prendere in considerazione scenari sempre più apocalittici. Questa condizione “di stress” ha enfatizzato le novità emerse nelle ultime settimane dal sistema finanziario.

Le rassicurazioni date al mercato sull’andamento di alcune delle principali banche Usa sono state solo il preludio all’annuncio del nuovo piano di salvataggio dell’amministrazione Obama che ha evidentemente portato il mercato a convincersi che il rischio default per il sistema finanziario fosse definitivamente scongiurato. L’idea che finalmente i bilanci bancari possano essere liberati dagli asset tossici con il ricorso a finanziamenti statali ha per il momento fatto venire meno uno dei principali timori su cui gli investitori si erano interrogati. I prezzi infimi cui erano arrivati i titoli, che sostanzialmente scontavano serie probabilità di fallimento, hanno fatto il resto determinando il +25% di cui sopra.

Per la verità occorre subito premettere, per non essere accusati di non avere alcuna memoria, che attualmente viaggiamo ancora a quotazioni molto più che dimezzate rispetto all’inizio della crisi e soprattutto che non basta un mini-rally a farci dimenticare degli enormi cambiamenti e conseguenti interventi statali accaduti negli ultimi mesi. L’economia reale si è profondamente deteriorata. Per la principale economia europea si stima un calo del Pil superiore al 5% nel 2009, mentre si registrano cali drammatici delle esportazioni e aumenti preoccupanti del numero dei disoccupati.

La situazione è condivisa in modo più o meno pronunciato dal resto degli stati europei e renderà molto difficile la vita a tutti, comprese le banche che in questa regione operano. La situazione sarà certificata da dati del Pil del primo trimestre debolissimi e da bilanci delle imprese industriali pesantemente influenzati dalla crisi.

Vedremo come questo mercato saprà reggere all’evidenza di questi numeri man mano che verranno comunicati dati macroeconomici e risultati trimestrali, mentre è chiaro fin d’ora che anche nella migliore delle ipotesi per il sistema produttivo l’uscita da questa fase non sarà né rapida né indolore. Si deve poi avere ben presente che l’enorme somma spesa per rivitalizzare il sistema bancario e per aiutare le principali imprese (in Usa e in misura minore in Europa) non è sarà priva di conseguenze.

Non si tratta di soldi gratuiti gentilmente offerti da un’anonima e smemorata istituzione benefica. Il debito peserà prima o poi su tutti i contribuenti e la liquidità immessa nel sistema potrebbe ridurre i benefici di un’eventuale ripresa con un’inflazione più alta di quello che si vorrebbe. Infine la crisi finanziaria, le storture che hanno determinato tante difficoltà per tante persone non paiono essere state adeguatamente metabolizzate.

Si passa senza colpo ferire da chi ha già dimenticato tutto ed è pronto come se nulla fosse successo a ricominciare il lavoro interrotto a ottobre a chi in preda a uno spirito luddistico vede il male assoluto in ogni operazione finanziaria appena più complessa di un assegno. Per i primi, scampato il pericolo grazie all’involontario contributo di tutti si potrebbe cominciare anche domani, per i secondi bombardati da semplificazioni e analisi superficiali, qualsiasi prodotto finanziario fatto in qualsiasi modo finisce nel calderone della finanza avida e malvagia.

In un tale clima non solo è impossibile raggiungere la benché minima sicurezza sul fatto che si stia effettivamente ricostruendo su basi più solide, ma nessuna distinzione si può fare tra chi ha operato responsabilmente e chi no, tra chi si è accollato rischi eccessivi e chi ha tenuto una condotta prudente. Per questo i rialzi e gli entusiasmi di questi giorni appaiono fragili e incoscienti. È certo invece che non tutti i dolorosi passaggi necessari a uscire dalla crisi siano stati affrontati.