Riuscire a decifrare e a dare un senso alle notizie economiche diventa di giorno in giorno un compito sempre più arduo. Solo qualche giorno fa sui mercati si respirava un clima di euforia che sembrava quasi irreale dopo che per molti mesi il collasso del sistema finanziario era stato ritenuto uno degli scenari possibili. L’andamento dei mercati degli ultimissimi giorni ha fatto per il momento sgonfiare gli entusiasmi più accentuati.

Il riassunto delle ultime puntate parte da inizio marzo quando gli effetti delle politiche statali hanno cominciato a manifestarsi sull’economia e il raggiungimento per molti indicatori di minimi difficilmente superabili ha evidenziato la possibilità che il peggio fosse ormai alle spalle. Molti autorevoli e non sospetti commentatori hanno dato forza a questa tesi con dichiarazioni incoraggianti che suffragavano la pubblicazione di dati meno preoccupanti del solito se non in chiaro miglioramento.

L’appuntamento con la pubblicazione dei dati del primo trimestre delle banche americane non è però mai, nemmeno per un secondo, uscito dall’orizzonte degli investitori che anzi lo hanno atteso come prova finale per proclamare ufficialmente l’uscita dalla crisi o dalla sua fase più pericolosa. Goldman Sachs, Jp Morgan, Citigroup, Bank of America (alcune delle principali istituzioni finanziarie del pianeta) hanno tutte senza esclusione conseguito un utile nel primo trimestre, in alcuni casi battendo le attese. Eppure il mercato alla fine è rimasto scettico e lunedì si è assistito a un sonoro tonfo delle borse di qualsiasi latitudine e fuso orario.

Escludendo l’ipotesi della pazzia collettiva e quella un po’ troppo sbrigativa e poco difendibile della presa di beneficio, rimane la convinzione che ci sia ancora qualcosa di troppo importante tra la situazione attuale e la piena ripresa. “Questa cosa” si nasconde nei bilanci delle banche e impedisce di tirare il respiro di sollievo finale. Ognuno dei bilanci delle istituzioni sopracitate è discutibile in una o più parti e nessuno di essi è in grado di diradare i dubbi e le preoccupazioni sulla solidità delle banche che li hanno pubblicati.

Miliardi di dollari di attivi di dubbia solidità, insolubili o dalle valutazioni impossibili da ancorare a dati oggettivi, anche in buona fede, rimangono sepolti nei bilanci delle banche che oltre tutto hanno candidamente ammesso, come nel caso di Bank of America, di trovarsi in un ambiente particolarmente difficile in cui le insolvenze stanno sensibilmente aumentando.

La prima settimana di maggio sarà un altro banco di prova terribile in cui saranno comunicati i risultati dello “stress test” sulle principali banche Usa. In sostanza si cercherà di capire quanto e con che danni i bilanci della banche potrebbero essere impattati da un ulteriore peggioramento del contesto macroeconomico. Lo scopo, oltre che meramente conoscitivo, sarebbe quello di mettere in atto preventivamente le misure necessarie per fronteggiare il deterioramento dei requisiti patrimoniali che si manifesterebbe.

Allo stato attuale i rumours sono decisamente contrastanti e vanno da quelli che riferiscono di una situazione quasi completamente sotto controllo a quelli che dipingono scenari apocalittici. Visto il maquillage con cui si è preferito nascondere la parte più tremenda delle esposizioni bancarie è ragionevole pensare che quanto più ci si avvicina alla seconda ipotesi tanto più sarà forte la tentazione di “minimizzare” l’effetto mediatico e le relative conseguenze.

Qualche maggior conforto potrebbe arrivare dalle banche europee, anche se il problema cruciale continuerebbe a essere rappresentato dalla finanza Usa. La cosa migliore per i bilanci bancari sarebbe comunque una ripresa affidabile dell’“economia reale” (ammesso che abbia senso parlarne separatamente da quella finanziaria) sia perché il valore di molti attivi (per esempio mutui) è direttamente correlato alla salute dell’economia, sia perché le banche potrebbero smaltire gli asset tossici lentamente e in modo meno doloroso.

Il punto è però che non è pensabile si possa uscire dalla crisi facilmente e senza ricadute, convinti di poter cancellare con una spugna anni di finanza malata oppure che stravolgimenti finanziari e debiti statali crescenti rimangano senza alcun effetto. I bilanci bancari Usa se letti con un po’ di malizia lo testimoniano chiaramente.