Non è trascorsa nemmeno una settimana dalla conclusione dell’estenuante trattativa condotta da Fiat per l’acquisizione di Opel e già non si contano le ipotesi e le speculazioni sul destino della casa torinese. Solo negli ultimi giorni si sono fatte le ipotesi di acquisizione dei marchi Saab e Volvo, di una possibile fusione con Peugeot o con Bmw e da ultimo di una riapertura della partita Opel.
In tutto questo Fiat si appresta a confrontarsi con una sfida imprenditoriale che, se coronata dal successo, entrerà di diritto nei manuali di economia: risanare l’agonizzante Chrysler vendendo auto piccole e dai consumi ridotti agli americani rappresenta quasi una missione impossibile in un contesto di profonda recessione economica. Ci sono però alcuni punti fissi che rimangono validi a prescindere da qualsiasi ipotesi avanzata da esperti e commentatori, elementi che la ridda di ipotesi che salgono via via agli onori della cronaca rischiano anzi di far perdere di vista.
La positiva conclusione della trattativa su Chrysler non permette a Fiat di raggiungere il numero di auto prodotte che Marchionne ha indicato come necessario per poter competere nel medio-lungo periodo. Fiat e Chrysler attualmente producono circa 4 milioni di auto all’anno mentre la soglia necessaria sarebbe pari a sei.
La famiglia Agnelli, al di là di qualsiasi smentita di circostanza, sta in tutti i modi cercando di trovare la soluzione più conveniente e politicamente più accettabile per allontanare dalla controllante Exor il pericoloso business dell’auto, che nell’ultimo decennio ha dato un numero di delusioni molto superiore alle soddisfazioni. Sarà un caso ma quando l’affare Opel sembrava in dirittura d’arrivo sono subito apparse le prime ipotesi di spin-off dell’auto con successiva quotazione e conseguente diluizione di Fiat.
Ipotesi così campate in aria che sembravano uscite direttamente dagli uffici di alcune delle principali banche d’affari. Anzi la stessa Fiat in un comunicato stampa dichiarava il 21 maggio di aver scelto tre banche (Intesa Sanpaolo, UniCredit e Goldman Sachs) come consulenti nel progetto di consolidamento del settore auto con «l’obiettivo finale di arrivare a una separazione societaria delle attività automobilistiche del Gruppo e alla successiva quotazione delle azioni della NewCo».
In tale scenario assume un ruolo fondamentale la variabile temporale. Se la crisi lascerà spazio a una ripresa più forte e rapida di quanto ora sia lecito sperare, Fiat guadagnerà tempo per poter trovare una soluzione definitiva, dato che nel frattempo l’auto tornerebbe a essere un settore profittevole; in caso contrario non c’è tempo da perdere e si deve raggiungere il prima possibile la sopra citata dimensione minima.
L’attuale modello di business è quindi una fase di passaggio e non potrebbe essere altrimenti perché oggi è più chiaro che mai cosa significhi stare nel settore auto, senza le adeguate dimensioni, in un periodo di debolezza economica. Per questo nei prossimi mesi con ogni probabilità assisteremo ad altre puntate della vicenda Fiat a cominciare, a quanto pare, da quella su Opel. Nessuno si illude che a Magna, senza un marchio forte alle spalle e senza volumi sufficienti, possa riuscire quello che già sarebbe stato difficile per Fiat con maggiori sinergie e un management di livello assoluto. L’affare è con ogni probabilità sfumato per ragioni politiche dato che nessuno è disposto a far nascere nel giardino di casa un concorrente forte e agguerrito.
L’alternativa più sensata sarebbe una fusione con Peugeot, ma i tagli occupazionali che ne potrebbero derivare solleverebbero opposizioni formidabili, mentre è nota la malleabilità d’Oltralpe quando si tratta di condividere il controllo con un socio. A meno di una riapertura della partita Opel più veloce del previsto (tutto potrebbe essere rimandato a dopo le elezioni tedesche), Fiat ha ora tutto l’interesse a concentrare ogni sforzo nel risanamento di Chrysler.
Qualsiasi sia la durata della crisi prima o poi si ripresenterà il tema di un’ulteriore aggregazione e le chance di Fiat aumenteranno considerevolmente se potrà bussare alla porta del futuro partner con alle spalle una storia di ristrutturazione di successo. Se c’è la ripresa vivranno tutti felici e contenti, altrimenti quello che conta è potersi presentare all’appuntamento decisivo con la maggiore forza possibile.