Prima che qualcuno se ne abbia a male e rimanga alla fine con l’amaro in bocca, diciamo subito che nelle righe che seguono si proverà a sostenere che quanto va dicendo negli ultimi mesi il nostro presidente del consiglio (senza entrare eccessivamente in sottigliezze e distinguo) testimonia un atteggiamento sostanzialmente ragionevole e di buon senso. Chi scrive è infatti convinto che non si tratti né di nascondere la verità né di indorare la pillola avvelenata della crisi per intortare le (supposte) masse ignoranti a uso e consumo dei soliti furbi.

Si è passati senza colpo ferire da mesi in cui dal Wall Street Journal al giornalino parrocchiale, dalla CNN alla televisione locale si dipingeva uno scenario di collasso finanziario globale imminente, a momenti in cui si proclamava l’uscita definitiva dalla crisi dopo i primi due giorni consecutivi di rialzi in borsa. La verità è che la situazione rimane grave e ci sono molteplici elementi di preoccupazione.

Si possono elencare con infiniti gradi di esaustività e analiticità: si può cominciare citando i deficit statali in forte rialzo e gli squilibri sui mercati valutari, proseguire evidenziando le precarie condizioni di banche e assicurazioni, in alcuni casi ben lontane dall’essere definitivamente guarite, e finire con l’ormai conclamato contagio dell’economia reale che purtroppo deve ancora vedere il peggio.

In tutto questo si segnala una preoccupante incapacità generale di saper cogliere le differenze tra i diversi Paesi e tra i diversi settori. Per molti aspetti, per esempio, è quasi privo di senso parlare di banche europee mettendo nello stesso calderone Intesa Sanpaolo, Santander o una popolare italiana con Deutsche bank e Royal bank of Scotland, dato che chiunque abbia sfogliato distrattamente un bilancio bancario con una minima cognizione di causa ne coglierebbe immediatamente le diversità abissali (che verrebbero confermate da controlli più approfonditi e più “smart”). Allo stesso modo si dovrebbe chiarire in che senso si possa parlare di debiti degli Stati europei quando le ultime statistiche disponibili evidenziano le differenze macroscopiche sottostanti.

Ricchezza finanziaria netta delle famiglie in percentuale del Pil in Europa (Eurostat maggio 2009)

Un’aggravante che non aiuta a fare luce su quello che c’è in gioco dato che per eccesso di ottimismo o pessimismo nemmeno si inizia a discutere su quello che si può salvare o no e su dove sia meglio ricominciare. Ammettere la possibilità di un collasso bancario non costa niente a nessuno, è uno degli scenari possibili ed è irragionevole da escludere a priori.

Quello che si deve avere ben chiaro è che assumere come inevitabile uno scenario piuttosto che un altro non è indifferente né privo di conseguenze. Il modo migliore per far avverare la profezia del collasso finanziario è che tutti si convincano della sua ineluttabilità. Se imprenditori e famiglie si convincessero che a settembre banche e borse chiuderanno, state sicuri che già adesso non si troverebbe più nessuno disposto a fare l’ottimista nemmeno dietro lauto compenso. Sarebbero tutti impegnati a prelevare i soldi dal conto corrente fino all’ultimo centesimo facendo veramente fallire ogni banca del pianeta. Per inciso non si sta parlando di qualche giorno di vacanza in più per i bancari o della meritata punizione per il corrotto mondo della finanza, ma di un momento dalle imprevedibili conseguenze sociali e politiche.

Fortunatamente non siamo ancora in questa situazione. Si può persino dire che di questa crisi si continuerà a sentire parlare per i prossimi anni (magari cinque) nella sezione attualità, che nei prossimi mesi le aziende saranno alle prese con il problema enorme di continuare a esistere, e di trovare il modo per farlo per diversi anni, con fatturati in calo del 30% rispetto a 12 mesi fa e che le famiglie, anche le più virtuose, si troveranno a dover fare i conti con i maggiori debiti che indirettamente graveranno sulle loro spalle. Si può dire tutto questo, che dovrebbe bastare per non essere considerati vittime di un inutile e dannoso ottimismo, e continuare a fare quello che serve perché le probabilità (elevate o esigue) di un tracollo economico e finanziario siano, col passare dei mesi, sempre più basse.

Al di là del presidente del consiglio di turno e della sua parte politica è forse preferibile che chi finisce volontariamente o involontariamente sui giornali tutti i giorni si metta idealmente tra quelli (e sono tanti) che remano dalla parte giusta (quella di una ripresa economica) per sé, la propria famiglia e la propria impresa; come è ovvio questo non impedisce di esporre i fatti economici nella loro interezza e di rilevarne la gravità, se non altro però, evita di trasformare immediatamente quelle che sono ancora possibilità, anche se alte, in realtà definitive.