Martedì Goldman Sachs ha ufficialmente aperto la stagione delle trimestrali che per le prossime due settimane occuperà i commenti di chiunque a qualsiasi titolo si occupi di economia e mercati finanziari.

Come ampiamente previsto i risultati della stella indiscussa della finanza globale sono stati assolutamente positivi e hanno avuto un effetto benefico sull’intero mercato. L’andamento dovrebbe essere comune a molte delle banche d’affari e di investimento europee e americane, perché mercati azionari in gran spolvero (nel secondo trimestre) e le enormi potenzialità che tassi di interesse così bassi hanno dato a tesorerie e “desk” proprietari hanno creato le condizioni per risultati più che positivi.

Come sempre bisogna evitare di accontentarsi delle prime analisi superficiali e saper distinguere i dettagli (all’interno dei quali, come dicono gli inglesi, si nasconde il diavolo) e il contesto in cui certi risultati vengono comunicati. Non può essere oggetto di dubbi e dibattiti la performance dei mercati azionari e obbligazionari negli ultimi tre mesi, né si può evitare di prendere atto che le condizioni dei mercati finanziari e interbancari siano notevolmente cambiate rispetto alle circostanze pessime di sei mesi fa.

È quindi impensabile che schiere di professionisti della finanza altamente qualificati non siano riusciti ad approfittare di rialzi così netti e di miglioramenti così pronunciati dell’ambiente finanziario. Ciò che rimane ancora coperto dal mistero e che riduce di molto la significatività di questi dati è l’”affidabilità” e la solidità degli attivi, neutralizzati dal cambiamento delle regole contabili e ancora molto poco liquidi. Rimanendo sulla regina di Wall Street grande scalpore ha suscitato la notizia che i compensi dei dipendenti possano tornare a livelli record già nel 2009 (in media si potrebbe arrivare a circa 550mila euro per dipendente) quando il rischio di collasso globale finanziario è stato appena, si spera, scongiurato.

Ci uniamo, molto umilmente, al commento del Financial Times che ha avanzato l’ipotesi che il fatto possa alimentare un qualche tipo di dibattito tra i politici americani. È evidente che compensi così elevati e raggiungibili in così poco tempo oltre che determinare un’imbattibile concorrenza rispetto all’industria nell’attrarre le persone più dinamiche e preparate (negli anni buoni compensi più alti anche di 4 o 5 volte), comporta inevitabili, e per la verità pure comprensibili, incentivi ad assumere comportamenti rischiosi e con un’ottica di breve periodo. Il tema è spinosissimo perché nel caso specifico nuove regole calate dall’alto sarebbero di difficile ideazione e di ancor più complessa applicazione, ma segnala il fatto che nel mondo finanziario ben poco è cambiato dall’inizio della crisi.

Se Goldman Sachs si può quindi ritenere un ottimo termometro per le banche d’investimento, nessuna indicazione chiara e ufficiale è stata ancora data al mercato sulla salute delle banche che servono principalmente famiglie e imprese. Domani si potrà fare una prima valutazione con la pubblicazione dei risultati di Citigroup e Bank of America e occorrerà saper distinguere la parte dei risultati comunque legata ai mercati finanziari da quella relativa ai crediti a famiglie e imprese. Non sarebbe strano se emergessero due tendenze opposte e se questo andamento si rivelasse poi applicabile anche al caso delle istituzione europee. Infatti ciò che con ogni probabilità vedremo saranno bilanci salvati dalle attività legate ai mercati finanziari che saranno, a seconda dei casi, più o meno sufficienti a compensare il pessimo andamento del margine di interesse (legato all’andamento dei prestiti) e soprattutto delle sofferenze sui crediti.

Proprio su quest’ultimo punto si concentreranno le attenzioni degli investitori perché si avrà un segnale affidabile dello stato di sofferenza delle imprese e delle loro difficoltà a ripagare i propri debiti. Data la profonda recessione che ha caratterizzato l’economia negli ultimi mesi qualsiasi sorpresa positiva darebbe adito a dubbi e speculazioni sulle politiche contabili delle banche. La tentazione di posticipare la contabilizzazione di alcune perdite nella speranza di una ripresa prima della fine dell’anno potrebbe infatti essere irresistibile. Passare indenni queste due settimane sarebbe di notevole importanza per la fiducia degli operatori e per evitare ulteriori deterioramenti del quadro macroeconomico.

Rimane comunque il fatto che incentivi e aiuti di varia natura a interi settori finanziari e industriali non possono continuare all’infinito e che, proprio per questo, anche di fronte alla migliore delle possibili “stagioni dei risultati” sarà ancora troppo presto per proclamare lo scampato pericolo.