Se perfino la stampa economica inglese decide di occuparsi di un’apparentemente ordinaria società immobiliare italiana significa molto probabilmente che la vicenda ha ben poco di ordinario e molto che valga la pena indagare.
L’attenzione che si è guadagnata, suo malgrado, Risanamento negli ultimi giorni è direttamente collegata alla richiesta di dichiarazione di fallimento avanzata dalla Procura di Milano alla fine della scorsa settimana. La richiesta è arrivata inaspettata e ha completamente scompaginato i piani di advisor e consulenti che da mesi tentavano di risolvere i problemi finanziari della società immobiliare.
La risonanza che ha avuto la notizia è in realtà più che comprensibile perché l’atto della procura ha messo sotto i riflettori un problema che con ogni probabilità nessuno aveva intenzione né di sollevare né di mettere in evidenza in alcun modo. Il numero più significativo di questa storia sta nell’ammontare di debiti che la società ha accumulato per i propri investimenti, che supera ormai tre miliardi di euro. Tanto per fare un paragone vale la pena ricordare che il debito industriale di Fiat, la maggiore società industriale italiana, è pari a meno del doppio (5,7 miliardi di euro).
Il perché di questo clamore è così spiegato, perché se come sostiene la procura lo stato di crisi è irreversibile allora ci sono più di tre miliardi di euro di debiti con “qualche problematicità” con cui, soprattutto in questo momento economico, nessuno vuole avere a che fare. Nessuno si è dimenticato che nei primissimi giorni della crisi, nella lontana primavera del 2007, gli scricchiolii più sinistri sembravano provenire proprio dal settore immobiliare, che dopo molti mesi di boom cominciava a mostrare qualche inquietante segnale di rallentamento.
La finanza d’altra parte è sempre stata legata a filo doppio al real estate sia perché gli investimenti richiedono naturalmente una grande quantità di capitale sia perché nella versione più deteriore, soprattutto quando il settore “tira” e sul mercato si ottengo prestiti “facili”, si possono fare in breve tempo guadagni che in altri settori richiedono anni e sforzi ciclopici. Le fortune più grandi possono essere costruite o distrutte in poco tempo e negli ultimi anni i giornali hanno offerto a questo proposito tutti i possibili esempi.
La questione Risanamento è segnaletica di un problema che negli ultimi mesi è stato molto più presente sui tavoli dei banchieri che sulle pagine dei quotidiani. Infatti, mettiamo ora il caso puramente teorico che ci siano delle iniziative immobiliari, di qualsiasi ordine e grado, che vuoi per la crisi vuoi perché nate male abbiano perso la convenienza iniziale e non siano più adatte al contesto attuale. Mettiamo poi che tutti o molti dei potenziali acquirenti siano scomparsi dall’orizzonte perché ipotizzare piani di recupero o piani industriali pluriennali in questa fase comporta l’assunzione di rischi non quantificabili. Infine ipotizziamo che in un mercato del compratore e non più del venditore come l’attuale i prezzi offerti siano sensibilmente inferiori a quelli che il venditore chiede e che si rendono necessari per ripagare i debiti.
In questo scenario il famigerato cerino sarebbe nelle mani delle banche che oltre tutto si trovano nella scomodissima situazione di non poter far emergere le perdite per evitare di appesantire i già malandati bilanci. In questi casi quasi ogni soluzione è buona purché mantenga sotto controllo il problema e ne posticipi gli effetti a tempi migliori.
Un osservatore attento si sarebbe accorto che la vicenda Risanamento non è l’unica partita immobiliare che si è giocata negli ultimi mesi perché a colpi di centinaia di milioni di euro alla volta più di un portafoglio immobiliare è passato di mano utilmente (magari per i bilanci di certe banche) per vie più o meno traverse. Il problema è quindi ormai di dominio pubblico ma un po’ meno chiarezza c’è sulle sue cause. Col senno di poi in qualche caso si potrebbe perfino affermare che c’è stato un eccesso di generosità nel finanziare alcune imprese piuttosto che altre e che la garanzia del mattone ha incentivato ad avere maglie più larghe del dovuto nella concessione del credito.
I nodi però sono venuti al pettine e ora occorre trovare delle soluzioni di sistema che preservino il sistema bancario. Anche nel caso di Risanamento si cercherà con buona probabilità di successo di evitare soluzioni traumatiche. Si spera almeno che si possa trarre qualche utile considerazione sul fatto che non sempre chiedere terreni e immobili in garanzia è il miglior modo per impiegare i soldi e per vederseli alla fine restituiti con buon profitto.