Una delle ultime novità in ordine di tempo dei mercati finanziari è stata l’emissione del bond Fiat. Per chi si fosse lasciato sfuggire la notizia basta ricordare che il prestito, dal rendimento di poco superiore al 9% per più un miliardo di euro, ha avuto richieste per dieci volte l’ammontare previsto e che dopo appena qualche giorno dall’emissione il bond viaggia già a oltre 103 (con un rendimento che è già sceso a circa il 7,5%). Tutto questo in un settore che senza massicci aiuti statali ora starebbe lottando solo per la propria sopravvivenza.

Martedì qualche spunto decisamente interessante si è avuto ancora dal mercato delle obbligazioni di Stato nostrane. All’asta dei Bot (scadenza gennaio 2010) sono stati assegnati 10 miliardi di euro con rendimento di 0,594%, mentre il rendimento dei certificati del Tesoro ha toccato il minimo storico. Se queste sono le premesse qualcuno potrebbe anche sostenere che quasi qualsiasi lido sia buono per parcheggiare masse di liquidità che non si sa proprio come impiegare altrimenti.

L’altra voce che si aggira da tempo sui mercati finanziari è che molti investitori siano in realtà rimasti alla finestra durante il recente rimbalzo delle borse. In altre parole ben pochi sono gli operatori che nei mesi di marzo e aprile avrebbero scommesso con decisione su una ripresa dei corsi azionari, mentre molti di più sarebbero quelli che di fronte a una incertezza estrema avrebbero preferito aspettare indicazioni più chiare.

La sensazione è suffragata anche da qualche rapido controllo da cui emerge per esempio che in Italia i fondi comuni azionari rappresentavano appena il 18,6% del totale a fine giugno contro il 16,6% di fine marzo e il 25,6% di aprile 2007. Un po’ più bravi dovrebbero essere stati a Londra; se prendiamo il caso di Aberdeen colosso da circa 100 miliardi di sterline in gestione scopriremmo che il peso delle azioni era salito al 35% a fine maggio dal 30% di marzo, ma ancora ben al di sotto del 42% della primavera 2007.

Si potrebbe concludere che la liquidità è davvero tanta ma che piuttosto di investirla massicciamente comprando quote di imprese si preferisce parcheggiarla, anche a costo di guadagni modestissimi, in attesa che giungano segnali chiari dall’economia. Il fatto che le azioni abbiano recuperato in una quasi totale assenza di miglioramenti veri dell’economia reale aggrava questa situazione. Il rimbalzo è costruito su miglioramenti della fiducia dei consumatori, delle imprese o su qualche recupero dell’attività immobiliare (che però nel frattempo è precipitata a livelli infimi), ma la ripresa non è ancora in atto e i dati sull’occupazione, sulla produzione industriale piuttosto che sui consumi di elettricità lo dimostrano in modo abbastanza inequivocabile. Gli investitori istituzionali navigano a vista e si guardano bene dal prendere scommesse di medio-lungo termine perché molte variabili di importanza capitale rimangono ancora sconosciute.

Anche ammettendo che il sistema finanziario sia stato “sistemato” e che eventuali altri scossoni siano gestibili, moltissime incertezze rimangono sull’inizio della ripresa e soprattutto su quello che accadrà a imprese e lavoratori fino a quella data. Un’incognita troppo grande anche per gli investitori più temerari. È vero che i mercati tendono ad anticipare gli eventi e che è abbastanza inutile aspettare fino a quando ormai è tutto chiaro e definito, ma la situazione si è rivelata così eccezionale che i punti di riferimento usuali sono venuti meno.

Se al ritorno dalle vacanze i mercati scoprissero improvvisamente di essere stati troppo ottimisti di fronte a un contesto economico che potrebbe essere poco diverso dai numeri del secondo trimestre, allora non sarebbe strano se riaffiorassero dubbi e incertezze incontrollabili con le ovvie conseguenze. Il problema di dove allocare la liquidità non è quindi destinato a essere risolto nel breve periodo perché dove ci sono i rendimenti probabilmente c’è troppo rischio e dove c’è poco rischio non ci sono i rendimenti. L’unico modo per ovviare a questo inconveniente che ormai da mesi ci ripropone il mercato obbligazionario sarebbe quello di una ripresa dell’economia nei prossimi sei mesi che giustifichi le attuali, o superiori, quotazioni delle azioni.

Uno scenario per nulla scontato che si potrà cominciare a verificare solo a settembre-ottobre quando lo stato di salute dell’economia reale sarà misurabile con più efficacia. Escludendo i temerari con un’alta propensione al rischio chi vuole limitare i pericoli si deve quindi mettere il cuore in pace e aspettare qualche altro mese. D’altra parte nella peggiore delle ipotesi di fronte a notevoli rialzi da cui si è rimasti esclusi rimarrebbe la consolazione di una ripresa iniziata ben prima di quanto fosse lecito attendersi fino a qualche mese fa.