Lunedì, nel giorno in cui Unicredit diffondeva un comunicato per rendere noto che stava studiando tutte le possibili opzioni per rafforzare i coefficienti patrimoniali, il titolo chiudeva la seduta con un calo di poco più del 2%; un’inezia considerato che negli ultimi sei mesi il valore dell’azione è praticamente quadruplicato.



Lo scorso autunno i rumors sul possibile aumento di capitale di Unicredit avevano fatto sfracellare il titolo e l’amministratore delegato Profumo era stato “costretto” a concedere un’intervista al Tg1 in pieno prime time per rassicurare il mercato sulla solidità del suo gruppo. Di lì a qualche giorno la banca aveva alla fine optato per un rafforzamento patrimoniale da tre miliardi di euro per cercare di arginare la valanga di vendite che stava seppellendo il titolo e il panico che serpeggiava in modo sempre più preoccupante tra la clientela.



Cos’è avvenuto nel frattempo è cosa nota: l’aumento è andato in porto con l’aiuto interessato di Mediobanca (ma senza quello dell’azionista storico Cariverona) e Tremonti ha varato un piano di sostegno al sistema bancario con quelli che dall’annuncio in poi sono diventati noti col nome di Tremonti bond.

Il sistema bancario in generale ha fatto buon viso a cattivo gioco perché lo strumento ideato dal ministro dell’Economia è sembrato da subito non esattamente conveniente e soprattutto assai limitante della discrezionalità sulla politica dei dividendi. Le proteste sono state però timide perché i tempi burrascosi inducevano a miti consigli e reperire fondi sul mercato era piuttosto “problematico”. Inoltre non era saggio farsi nemico il Governo in un contesto di estrema debolezza del sistema finanziario oltre che di forte imbarazzo per il fallimento di un intero modo di fare finanza; soprattutto se proprio i Governi, a tutte le latitudini, apparivano non solo ancora vivi e vegeti ma gli unici soggetti in grado di cambiare il corso degli eventi e di salvare il salvabile.



Eppure negli ultimi sei mesi lo scenario dei mercati finanziari è cambiato in modo così radicale che le due maggiori banche italiane stanno provando a dimostrare di essere perfettamente in grado di farcela senza aiuti. L’ad di Intesa Sanpaolo all’inizio di settembre ha dichiarato che la banca potrebbe decidere di non fare ricorso ai Tremonti bond, mentre Unicredit sta con ogni probabilità valutando soluzioni alternative (la decisione finale è attesa per il cda del 29 settembre).

 

Indipendentemente dal fatto che sia giusto o sbagliato augurabile o non augurabile, oggi raccogliere capitali sul mercato si sta dimostrando molto più facile di quanto chiunque potesse immaginare sei mesi fa e la mano tesa dallo Stato sotto forma dei Tremonti bond improvvisamente è diventata inutile se non dannosa. È chiaro poi che “avercela fatta” da soli metta in una posizione di forza nei confronti di future richieste o pressioni sul lato della concessione del credito in primis e poi su riforme e riorganizzazioni di sistema.

 

Se fossimo certi che il peggio è passato e che non ci saranno altri scossoni, pur se in un periodo di debolezza economica, allora l’atteggiamento diffidente delle banche testimonierebbe solo un inevitabile e in un certo senso positivo desiderio di indipendenza dal potere politico, che in questo caso non è certamente affine al mondo bancario, e l’altrettanto ovvia volontà di compiere solo le scelte economicamente più convenienti. Il punto dolente però è che cosa accadrebbe se nel prossimo futuro le cose dovessero volgere nuovamente al peggio; l’aiuto che oggi viene rifiutato potrebbe non essere più evitabile e i cattivi rapporti con i governi metterebbero in una posizione di difficoltà e di maggiore subordinazione.

 

La vicenda è tutt’altro che semplice e potrebbe riproporsi nei prossimi mesi. Fin dove può spingersi il sistema finanziario che a un certo punto si è scoperto vulnerabile, bisognoso d’aiuto e incapace di autoregolarsi nel perseguire la propria indipendenza? Quanto è lecita questa aspirazione? Questo potenziale conflitto si nutre anche della poca chiarezza sulle azioni che si dovranno mettere in atto per scongiurare definitivamente il rischio di altre crisi finanziarie. Essendo stato fatto molto poco ed essendo ancora poco chiare le riforme necessarie, ognuno tenta di mettersi nella posizione migliore per quando i nodi verranno al pettine oppure tenta semplicemente di non farsi condizionare troppo da un periodo momentaneo di difficoltà.